I desideri femminili al Teatro Filarmonico di Verona.
Quante volte ci vergogniamo per cose all’apparenza normali? Aver voglia di amare, di vivere e di dirlo liberamente, a noi stesse soprattutto, è ancora così difficoltoso.
A darci una risposta, uno spunto di riflessione, ci prova il Teatro Filarmonico di Verona, proponendo per l’apertura di stagione due titoli, apparentemente distanti fra loro, quasi fuori dal tempo ma che hanno molto in comune fra loro, e con tutto il pubblico: Il segreto di Susanna di Ermanno Wolf – Ferrari e la più celebre Suor Angelica di Giacomo Puccini.
Entrambe le opere, sebbene in chiave totalmente diversa, affrontano il tema del segreto ma soprattutto del desiderio femminile ma prima ancora trattano il tema della libertà, da secoli subordinata alla volontà di un uomo, o di un essere superiore verosimilmente di sesso maschile.
Teatro Filarmonico di Verona
Susanna e Angelica, prima ancora di essere moglie, una, e serva del Signore, l’altra, sono donne che per ricoprire un ruolo sociale, imposto probabilmente, mettono da parte se stesse e la loro volontà. Se Susanna da una parte deve sentirsi in colpa per voler amoreggiare con un’innocua sigaretta, dall’altra parte abbiamo Angelica che cedendo alla libertà di amare un uomo, perde ogni diritto sociale.
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Al giorno d’oggi una donna può fumare, può avere più partner per sua scelta senza doversi per forza con questi sposarsi o macchiarsi di un peccato che oggi definiremmo naturalmente come consapevolelzza di se.Susanna e Angelica sono due donne, sono terrene e quindi piene di pulsioni vitali ed di questo che in queste due opere si parla. Capaci sono le registe, entrambe donne, a portarci sulle scene questi due personaggi ripuliti da ogni idealizzazione sacra come l’angelo del focolare domestico per Susanna e la donna redenta in Suor Angelica.
Se di Susanna sappiamo che deve fumare di nascosto, alle spalle del marito perché quest’ultimo trova l’abitudine fastidiosa e sconveniente, come accade alle ragazzine che devono fumare di nascosto dai genitori, dall’altra abbiamo una ragazza della quale non sappiamo se veramente crede in Dio o se obbligata a credere poiché è l’unica speranza che in terra le rimane.Lavinia Bini è una più che adorabile Susanna, perfetta sia vocalmente che in scena, in grado di trasmettere tutta la vivacità di una donna appena sposata che però già deve fare i conti con le strette e limitanti convenzioni matrimoniali. Vittorio Prato, l’unico cantante uomo in scena, è un bellissimo ed elegante Conte Gil, dalla voce morbida e calda. La scena è pulita, giocata sul bianco, un perfetto interno giorno di una famiglia borghese.
Il quadro si conclude con un siparietto da commedia all’italiana, con ammiccamento e spogliarello suggerito, della vispa Bini.Federica Zagatti Wolf – Ferrari, la nipote del compositore, rende onore alla sua famiglia, arricchendo l’opera di leggerezza non priva di spunti riflessivi.
Si cambia registro approcciandosi a Suor Angelica e la lettura che la regista Giorgia Guerra propone è esteticamente molto bella lasciando respirare l’atmosfera claustrofobica e rigida di convento. A differenza dell’opera precedente, dominano i colori scuri, colonne algide in granito nero sovrastano la scena dove si muovono molto bene e con eleganza le masse composte da suore desiderose di poter uscire a vedere il sole. Guerra rende Angelica una figlia che come strattonando la gonna della madre, prega la Madonna considerandosi una sua pari e non una peccatrice. Angelica è consapevole di ciò che ha fatto: ha amato, ha dato vita alla vita, e ha vissuto e il suo perdono, quello che chiede alla madre Maria, se anche non lo avesse dal cielo, lo avrebbe da tutti noi che la stiamo guardando e che capiamo quanto difficile sia poter scegliere per se stesse in questa società dove il patriarcato ancora lascia un pesante segno e Guerra questo messaggio lo vuole lanciare ancora più forte, con un’azione disturbante che potendo anche non piacere, non lascia indifferenti.
Ed è così che Angelica disperata, in un dialogo intimo con la Madonna, si aggrappa alla statua di marmo così disperatamente da farla cadere.
Nessun gesto di sfregio, semmai la volontà di una donna di non fermarsi davanti a nulla pur di raggiungere, in un mondo migliore, se mai ci sarà, suo figlio ormai morto.La statua a terra frantumata, non ha risposte. Angelica si e non ha bisogno del perdono divino per sapere di avere fatto una cosa naturale nella vita: amato. E di sapere che la fede non è nelle esteriorità ma è come un segreto intimo da custodire. E l’unico miracolo che tutti noi possiamo conoscere, è la vita oltre alla sostituzione in corsa di Chiara Isotton che veste i panni della protagonista sostituendosi a Donata D’annunzio Lombardi e la direttrice Gianna Fratta dirige entrambe le opere in maniera brillante, il bel gesto chiaro, proposto con eleganza sia all’orchestra, quella della Fondazione Arena di Verona così come l’ottimo coro, che ai cantanti, dona freschezza e una bella musicalità a tutta l’orchestra da lei condotta.
Articolo di: Susanna Alberghini