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“1989-2019 Il rinnovamento del mondo” di Francesco Alberoni e Cristina Cattaneo Beretta

In libreria per La nave di Teseo 1989-2019 Il rinnovamento del mondo di Francesco Alberoni e Cristina Cattaneo Beretta, un libro importante che tocca argomenti complessi che meritano un approfondimento che abbiamo fatto insieme all’autrice.

Intervista a Cristina Cattaneo Beretta

In che scenario socio politico si è collocata la pandemia?

Grafica Divina

In uno scenario confuso e di mancanza di consapevolezza su quello che stava accadendo. Uno scenario in cui i rischi che pure erano stati annunciati non erano stati presi sul serio. Da un lato continuava l’elogio della globalizzazione e l’idea che si trattasse della migliore forma  per il mondo moderno, quella fondata sul primato dell’economia e degli scambi planetari; quella in grado di garantire la pace. Tuttavia la situazione era diversa da paese a paese. La Cina ha fruttato la  globalizzazione per fare il più grande miracolo di sviluppo di tutti i tempi, uno sviluppo impetuoso rapidissimo.
In America vi era una situazione di tensioni sociali crescenti all’interno del paese, di crisi della identità , della cultura ma anche il rafforzamento di un enorme potere sul mondo grazie ai super monopoli fatti con il web come Google come Amazon, Facebook. Quindi gli americani avevano continuato ad affermare il loro monopolio anche linguistico con l’informatica. In Europa venivamo da decenni di una crisi cronica, su cui l’impatto  dei mutui sub Prime del 2008 ha lasciato divisioni e ferite (pensiamo alla Grecia). Eclatante e meno vista la situazione di grandi continenti in via di sviluppo come l’Africa o il Sudamerica dove dominavano e dominano caos  guerre  e violenze, ma nessuna vera politica di civilizzazione. Se guardiamo alla situazione avendo come centro il nostro paese, la pandemia è arrivata in un momento di estrema confusione politica e di grave crisi di valori e identità.

Globalizzazione e populismo in che rapporto stanno?

Non c’è una relazione diretta tra globalizzazione e populismo, ma indiretta.
Nella globalizzazione diminuisce il potere degli stati. Le decisioni vengono prese a livello globale e spesso non si sa da chi. E perciò in molti paesi è ricomparso il desiderio di affermare la propria autonomia forza, sovranità. Il leader populista risponde con il suo carisma con le sue uscite affascinando e  trascinando la folla. È  un modello non europeo ma semmai più sudamericano che  negli anni della globalizzazione noi abbiamo importato.
Decisamente  il leader populista trova spazio per l’indebolimento delle strutture sociali, quelli che Montesquieu chiamava i corpi intermedi; comanda uno solo dove non c’è più una tradizione politica una struttura consolidata che permette di allevare le nuove generazioni e quindi anche un rapporto democratico di confronto all’interno della compagine.

1989-2019 Il rinnovamento del mondo due date non certo scelte a caso…

Sì, con la caduta del muro di Berlino, evento inatteso e grandioso. Pensiamo che, ancora nel 1983, abbiamo sfiorato lo scoppio della terza guerra mondiale. Con l’abbattimento del muro si è aperta una fase in cui pensavamo che fosse arrivata la fine della storia, la fine delle guerre. Una nuova era di pace fratellanza amicizia. In cui eravamo liberi.
Il libro è anche una teoria della storia.
Ci siamo resi conto che vi sono periodi di immensa crescita, di grande evoluzione tecnologica, di slancio, che però spezza strutture. Istituzioni, costumi  ideologie consolidate, e le innovazioni impongono la loro struttura. Ma tutto questo fa aumentare il disordine che però viene visto come progresso. E poi di colpo  In cui gli occhi di tutti si concentrano in una direzione e non si vede.

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Che ruolo e responsabilità dovrebbe avere la globalizzazione?

Consentire un più ricco e completo rapporto fra gli uomini.

E la cultura? Il pensiero?

La globalizzazione va governata, come ogni cosa, perché ciò che viene lasciato libero, senza regole e dove domina il denaro finisce in mano ai più spregiudicati, ai più forti.
La cultura invece va ricostruita. È una forza autonoma vivente  il vitello d’oro che va combattuto. Perché dove c’è solo il denaro non trova spazio altro e dobbiamo reimparare a pensare. Vi è un lavoro da fare, paziente, ma indispensabile

Cosa ami di più di questo libro?

Amo di più di questo libro il fatto che è un libro coraggioso e anche un po’ visionario. Lo abbiamo iniziato a scrivere prima che scoppiasse il Covid, perché ci rendevamo conto che il mondo ovunque si guardasse, aveva raggiunto un livello di caos troppo elevato. Ci chiedevamo: fino a che punto puoi globalizzare? Puoi globalizzare sempre più?
L’altro aspetto è che mettiamo insieme una serie di formazioni di dati, di elementi che provengono dei settori più disparati nel tentativo non di unificazione che porta una sintesi, ma di ricostruire tanti elementi di un paradigma e quindi poterlo vedere.
Ci rendevamo infatti conto che il paradigma era mutato sotto i nostri occhi senza che ce ne fossimo accorti. Questi ultimi trent’anni sono stati una rivoluzione che non è apparsa come una rivoluzione.
Nel libro anticipiamo il tempo del crollo del mito del progresso a cui un’intera generazione, quella del 900 ha creduto. Ora ci si domanderà sempre più se il progresso, le scoperte, la tecnologia sono sempre buone. E come nel libro ritorno al Mondo nuovo.

Intervista di Elena Torre

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