Sembrava un’utopia, un lusso fino ad ora non stimato, il poter varcare nuovamente la soglia di un teatro. Tante parole, inaspettate quasi quanto inopportune e una promessa: tornare il prima possibile a fare spettacolo dal vivo. La vita culturale, dopo mesi di anoressia, torna a essere servita. A differenza dei ristoranti che ripartono proponendo menù covid free, la ripresa del fare spettacolo e musica insieme, è meno massiccia e molto sussurrata. Sono pochi i teatri pronti a riaccogliere gli spettatori e tra questi il teatro fiorentinissimo del Maggio Musicale Fiorentino che non ha voluto lasciare il suo pubblico privo della ottantatreesima edizione del suo storico festival.
Maggio Musicale Fiorentino: Adriana Lecouvreur
Adriana, nome noto tra gli appassionati di un certo filone cinematografico che ha segnato gran parte della fine del ‘900, è la prima eroina a portare la sua arte in scena e in comune con la Balboa, Adriana Lecouvreur, ha lo stesso drammatico epilogo: alla fine muore come buona parte delle protagoniste che nella storia del melodramma, l’hanno preceduta. Ma ciò che al pubblico interessa è lo sviluppo musicale e la resa scenica, non troppo incisiva nell’allestimento che strizza l’occhio alla meta teatralità del gioco scenico del teatro nel teatro, proposto dal regista Frederic Wake-Walker, in scena fino a giovedì 6 maggio.
Quattro recite in tutto, per una capienza massima di 500 posti che non verranno totalmente occupati, e questo è un peccato perchè lo spettacolo, complice un’alchimia neppure troppo misteriosa proposta dal direttore d’orchesta Daniel Harding, funziona o meglio, suona benissimo. Il direttore più che la nostra eroina Adriana, ne è il pieno protagonista assieme all’orchestra del Maggio che suona benissimo, in grado di comunicare colori e armonie sofisticatissime.
La trama è semplice e da manuale: un’applaudita attrice, Adriana, sospira d’amore per un uomo: Maurizio. Da Maurizio torneremo tra un attimo. Così come Adriana ha spasmi d’amore, anche il suo protettore, manager, direttore di scena e padre spirituale, Michonet, anela l’amore e il cuore della brava, bella e ambita Adriana, rimanendo in panchina a giocarsi la conquista del cuore dell’attrice.
Maurizio è l’oggetto del desiderio e della disfatta della protagonista, il quale non si capisce mai tra quali braccia vuole stare, dividendosi, anche qui con un gioco tra palco e realtà, tra i favori della rivale di Adriana, la principessa di Bouillon e le promesse di felicità di una donna, Adriana, disposta a tutto pur di mostrare i suoi sentimenti all’ambiguo Maurizio.
Attorno a loro una serie di personaggi che si amalgamano perfettamente alla musica e all’azione scenica.
Un ingranaggio perfetto e ben oliato da Harding che muove magistralmente ogni elemento, sotto la sua bacchetta.
Commovente il Michonet di Nicola Alaimo, la sua voce musicale e di velluto rimanda perfettamente l’affetto e l’amore non solo paterno, provati dal baritono.
Maria Josè Siri, incarnazione della prima donna Adriana, è protagonista indiscussa e si mostra sicura del suo strumento vocale, pur riempiendo la scena non riesce però a restituire totalmente la personalità e il carisma di una grande interprete teatrale.
A Martin Muehle l’ingrato compito di cantare Maurizio, così come non convince il personaggio, risulta poco incisivo vocalmente.
Godibili e incisivi Paolo Antognetti e Alessandro Spina nei ruoli da caratteristi, instaurano una perfetta sintonia musicale e scenica, divertendo.
Ksenia Dudnikova propone una principessa di Buillon funzionale.
Il resto della compagnia propone maschere prese in prestito dalla commedia dell’arte che divertono e riempiono la scena scarna, illuminata spesso o troppo poco o in maniera accecante.
Nostalgica l’azione coreografica accompagnata dalla protagonista assoluta della serata: la musica.
Lo spettacolo funziona, rassicurando il pubblico presente in sala. Le persone intervenute ringraziano con scroscianti applausi e Bravo urlati a scena aperta. Esternazioni che ci sono tanto mancate e che si spera, non se ne debba più fare a meno per molto tempo.
Recita del 3 maggio, 2021. Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
Articolo di Susanna Alberghini
Foto di Michele Monasta