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“Un giorno sì un altro no”, il romanzo di Isa Grassano

Intervista a Isa Grassano

In libreria per Giraldi Editore Un giorno sì un altro no, il bel romanzo di Isa Grassano, autrice e giornalista che ci regala una storia che si legge in un soffio, capace di trasportarci con naturalità ed immediatezza nella vita quotidiana dei protagonisti, che pagina dopo pagina diventano come amici di vecchia data.
Impariamo a conoscerli, a intuirne i pensieri, ad ascoltarli e fare il tifo per loro. In una parola a farli entrare nel nostro immaginario 😉 e questa è una caratteristica rara che sempre meno libri hanno.

Per questo ed altri mille motivi abbiamo voluto ospitare Isa Grassano all’interno del nostro spazio interviste per saperne qualcosa in più…

Nel tuo romanzo Un giorno sì un altro no un filo rosso è caratterizzato dagli oroscopi: in che modo i pianeti hanno influenzato la tua scrittura?

L’oroscopo è il pretesto narrativo, compaiono qua e là i guru dell’astrologia da Branko a Paolo Fox, passando per Simon & The Stars e molti altri. Arabella inizialmente non legge le previsioni astrali, ma poi inizia a crederci nel momento in cui le promettono giorni felici e un incontro fortunato. E quell’incontro avviene con Ludo. Da allora la posizione dei pianeti finisce per influenzare ogni suo movimento.  Io, come lei all’inizio, non ho mai creduto agli oroscopi, non li leggo quasi mai, o li leggo “dopo” per vedere se e quanto si è avverato. Puntualmente si mai nulla (e ride, ndr). Sono più della filosofia: “Aiutati che il ciel ti aiuta”. Però per il romanzo mi piaceva una coppia che fosse almeno benedetta dagli astri e ritengo che l’incipit “Avrete giorni felici” debba essere alla base di ogni predizione. Arabella è del segno della Bilancia, come me. Ludo chissà. Dovrà scoprirlo chi avrà il piacere di seguirmi.

Grafica Divina
Un giorno sì un altro no

Roma è protagonista almeno quanto Arabella e Ludo; che ruolo ha nella storia?

«Roma è amor, lo sapeva? Basta leggere al contrario». E quindi non potevo che ambientare tutto in una delle città che già parla di amore e che più amo. «Talmente bella da sembrare sempre “nuova”, mentre le luci saltellano sui mattoni antichi e sembrano lanciare messaggi affettuosi da un monumento e l’altro, tra un palazzo rinascimentale e la cupola di una basilica». Ne descrivo piazze, monumenti, racconto leggende e curiosità, facendo venire fuori la mia esperienza di tanti anni come scrittrice di guide di viaggi e reportage turistici. Ma ci sono anche altri excursus, in Basilicata, mia terra d’origine, tra le Dolomiti Lucane, in Puglia, in Abruzzo e poi a New York, altra città dei miei sogni, dove spero di ritornare non appena usciremo fuori da questa incredibile pandemia.

Come hai “incontrato” i tuoi protagonisti?

Li ho “incontrati” tra la gente che più mi è vicina, ma anche nei racconti di persone sconosciute, magari conosciute per caso in treno. Mi sento una privilegiata per aver condiviso, anche se per pochi minuti, emozioni private. I personaggi, soprattutto quelli femminili, racchiudono tante persone insieme, hanno qualcosa delle mie più care amiche: un modo di vestire, un modo di agire, un gesto, un tic, un nome. E c’è qualcosa di me, ovviamente. Credo che ogni scrittore faccia riferimento al suo passato, al suo modo di essere. Ludo è un uomo come purtroppo ce ne sono tanti. Non dà mai per scontato le dimostrazioni di affetto, non esprime i propri sentimenti, appare e scompare quasi per magia. Anche per lui, ho attinto molto dalle storie di altre che hanno avuto a che fare con questi “protagonisti intermittenti”.

Tra le pagine emerge anche il rapporto con i genitori: un padre assente quanto può influenzare la vita?

Arabella, a un certo punto, dice: «Tutti i padri sono speciali. Tutti meno il mio. Chiuso nel suo egoismo. Circondato dai suoi problemi. Preso solo dalla sua vita. E quando si è piccoli, si sa, si assorbe tutto e non si dimentica». Quindi un padre assente influenza molto la vita, ti fa crescere con delle insicurezze e con un senso di vuoto con cui si impara a convivere, ma che resta sempre presente.

E crescere senza la madre?

«Mamma. Mi manca. Nella casa vuota si sente la sua esistenza come un quieto respiro. Perché l’hai fatto? Perché te ne sei andata così? Perché non ti sei presa il tempo di istruirmi sulle imprevedibilità degli uomini? Il tempo di insegnarmi a difendermi». Così dice Arabella tornando in Puglia, lì dove è nata, trovandosi spaesata, sola e confusa. Crescere senza la madre significa crescere senza radici, senza quel punto di riferimento di cui abbiamo bisogno. In questo passaggio ho voluto raccontare la mia assenza. Mia madre è scomparsa – anche se non come racconto nel libro e ad un’altra età – quando io avevo soli 17 anni. E non ci si abitua mai all’idea di crescere senza un sostegno così grande. Il libro parla anche di morte, ma sempre in chiave leggera, una leggerezza profonda come direbbe Calvino.

Nel romanzo molto forte è anche l’amicizia, quasi come se fosse un legame parentale. Quanto conta per te l’amicizia?

Per Arabella, Sara è l’amica, la sorella che non le è toccata in sorte. «Diverse ma uguali nell’anima. E soprattutto siamo complici e reciprocamente necessarie. Insomma, facciamo rete: ci aiutiamo, condividiamo le spese, parliamo di tutto». La sintesi di come intendo l’amicizia io, complicità e fare rete. Io non potrei pensare di vivere senza amiche. Per me sono importanti. Del resto ho anche ideato, con la collega e amica Lucrezia Argentiero, un blog tutto al femminile, “amichesiparte.com”, per sole donne, non donne sole. Diamo consigli di lettura, spunti per viaggi, etc.

Il romanzo sfiora anche il tema del disagio psicologico, perché hai deciso di inserirlo e come l’hai trattato?

Si parla sempre troppo poco dei disturbi dell’umore, ma in questa società c’è tanta gente che ne soffre. I dati parlano di 17 milioni di persone che hanno un equilibrio psicofisico difficile da mantenere. In questo viene fuori la giornalista di attualità, che non riesce, quando scrive, a distaccarsi completamente dalla realtà e pertanto ho voluto accennare, non avendo le competenze, a queste problematiche. Alla fine, il parere della specialista, la psicologa Milena Mucci, cerca di fare una sintesi sui sintomi e l’evoluzione del disagio.

Cosa vorresti per questo romanzo?

Mi piacerebbe potesse diventare il soggetto per un film romantico in cui si metta in risalto – al di là di un finale non scontato e non propriamente da genere “rosa” – l’amore, perché innamorarsi e desiderare sono sentimenti che appartengono alla natura umana in tutte le epoche e per tutte le età. Del resto, fatte le debite proporzioni, lo diceva anche il filosofo Blaise Pascal che il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce.

Intervista di: Elena Torre

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