Intervista a Anna Cantagallo
È disponibile in libreria e negli store digitali “Arazzo Familiare” (Castelvecchi), il nuovo romanzo di Anna Cantagallo.
Una saga al femminile, costruita in un gioco sapiente di piani temporali, ricca di colpi di scena e intriganti segreti.
Il libro è candidato al Premio Campiello 2021.
Leggi la nostra intervista a Anna Cantagallo 🙂
Quando ti sei avvicinata alla scrittura?
Ho iniziato la mia scrittura letteraria in età matura, nel momento della vita in cui ho percepito che la sintesi dei pensieri stava prevalendo sulle altre competenze. Dopo lunghe riflessioni su un argomento che mi stava a cuore, ho desiderato trasmettere i miei ragionamenti agli altri, in particolare alle nuove generazioni di donne. Ho costruito il romanzo Arazzo familiare con la modalità della saga per andare indietro nel tempo di tre generazioni, alla ricerca della genealogia della consapevolezza della donna d’oggi. Era questo l’argomento che volevo trattare.
Quali sono i tre momenti più importanti che ti hanno resa quella che sei?
Il primo, ma solo cronologicamente, riguarda il mio primo giorno di lavoro da medico, poi quello del matrimonio con l’uomo da sempre compagno di vita e, infine, la nascita dei due miei figli.
Sono episodi diversi ma le emozioni che ho provato erano simili. Mentre percepivo la paura iniziale di misurarmi con qualcosa di sconosciuto già avvertivo la speranza della rassicurazione da quel poco di esperienza in maturazione, sia nel campo professionale che in quello personale.
Come una equilibrista su una corda tesa, ho preso sempre più confidenza sul filo dell’equilibrio, fino ad essere quella che sono oggi.
Dove affondano le tue radici? E dove puntano le tue ali?
Le mie radici affondano nella famiglia che proviene da quell’Abruzzo che descrivo in una parte del romanzo. In particolare, dal paese di Penne, in provincia di Pescara, che nel Novecento fu fucina di innovazione dalle arti alle scienze. Cito alcuni personaggi di rilievo: Nicola Perrotti, uno dei padri della psicanalisi; Raffaele de Vico, architetto che lasciò tante tracce a Roma nei suoi giardini e fontane; il poeta-scrittore Luigi Polacchi, memorialista della Grande guerra; Duilio Coletti, regista di una certa fama negli anni Cinquanta; Nazareo Fonticoli, sarto, che con il marchio Brioni vestì anche James Bond e tanti altri famosi personaggi. Quel fermento culturale, pur non investendo direttamente la mia famiglia rimase come traccia anche in essa.
Le ali fisiche, in questo periodo, sono riposte in casa e dintorni; quelle della fantasia sono spiegate per immaginare altre storie.
Dicci dieci cose che ti piacciono e dieci che contribuiresti a cambiare
Posso riassumere le voci indicate in una che le racchiude tutte. Io amo l’Italia in tutte le sue declinazioni: arte, cultura, paesaggio, clima, cibo, ma anche socialità, festosità, creatività, capacità di adattamento e di sopportazione. Mi piacerebbe contribuire a cambiare alcune cose attraverso un processo culturale diffuso, messo in atto già dai primi anni di vita. Sono convinta che il sapere possa evitare lo spreco del nostro tesoro più prezioso: la bellezza.
Posso fare qualche esempio: trasformare la sciatteria verso i beni comuni con la cura di essi. Non costa molto rispettare un giardino e una spiaggia o evitare di lordare una strada, mentre queste azioni possono anche rasserenare l’animo. Se si frequentassero con maggiore assiduità i luoghi della cultura, come teatri e musei, la diffusa indifferenza verso il nostro patrimonio culturale, che tutto il mondo ci invidia, si trasformerebbe in orgoglio delle radici. Proporrei di arricchire il calore folcloristico dell’accoglienza al turista, espressione individuale e geografica, con la professionalità frutto di studio e di scambi internazionali. In uno dei paesi a vocazione vinicola più importante nel mondo sarebbe bello sentirsi proporre al ristorante un calice di vino adeguato al piatto scelto invece della sola bottiglia che mal si abbina con piatti diversi, ma che meglio soddisfa l’interesse del ristoratore. Anche questo è una questione di cultura. Mi piacerebbe che fosse più diffusa la cortesia al posto della maleducazione, ripristinando alcune ritualità minime come il saluto o l’aiuto tra vicini in difficoltà. Nel passato recente tali manifestazioni erano più comuni. Se avessi qualche potere speciale creerei un cortocircuito che ammutolisca il televisore quando sono esposte scene di maleducazione e sguaiataggine. Mi piacerebbe che si ritrovassero le radici del nostro sapere culinario, invece di fermarsi al voyerismo dei piatti nelle trasmissioni televisive. Un argomento che mi sta a cuore riguarda la noncuranza, il disprezzo e la disistima per l’altro, che vorrei si trasformassero in giusta considerazione. Non è negando le qualità o le caratteristiche peculiari con chi ti confronti (sesso, età, etnia) che ci si sente migliori. Riconoscere il valore dell’esperienza e delle tradizioni che non sono le nostre, come l’apprezzare il contributo di un punto di vista diverso, aiuterebbe a ridurre la tensione sociale sempre latente.
Parlaci di Arazzo Familiare, il tuo ultimo romanzo uscito per Castelvecchi
Il romanzo copre un arco temporale di ottanta anni del Novecento, dal 1904 al 1984. La scelta di quel periodo storico è stata funzionale alla descrizione di tre donne (nonna, mamma e figlia) le cui vite si intrecciano con gli avvenimenti salienti del secolo scorso come le due guerre mondiali e il ’68. Nel narrare ho voluto intrigare il lettore. Ho scelto di far procedere le tre storie autonomamente, utilizzando piani temporali sfalsati e non la sequenza cronologica, per poi fonderle in un quaderno segreto. Ho descritto la vita di donne comuni, ciascuna espressione del suo tempo, ma in grado di fare quelle scelte originali che rappresentano già delle conquiste femminili da lasciare in eredità alle generazioni successive.
E adesso che cosa ti aspetta?
Nelle ultime pagine di Arazzo Familiare c’è un colpo di scena catartico, ma alcune situazioni rimangono irrisolte, come fili ancora sospesi dell’arazzo. Troveranno la loro via nel successivo romanzo. Nel sequel, infatti, l’argomento che vorrei trattare riguarda l’autonomia della donna e il dilemma degli affetti.
Qui la pagina FB di Anna Cantagallo
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