Un ritorno a 60 anni dal debutto
È coraggioso e smagliante, il ritorno sulle scene della discografia di Ornella Vanoni.
Un ritorno che avviene a sessant’anni dal debutto e col cinquantesimo suo album d’inediti, intitolato “Unica” e in uscita per BMG nei formati CD -inizialmente in tiratura deluxe con traccia in più-, LP e digital download.
In streaming invece vanno solo i due singoli per ora estratti dall’opera, “Un sorriso dentro al pianto” e “Arcobaleno”, per precisa volontà dell’ottima discografica di spingere i fruitori a puntare l’album intero, senza svilirne l’ascolto nel fluire liquido della rete.
“Io e Paoli siamo gli unici sopravvissuti”
In effetti, “Unica” (che Ornella Vanoni avrebbe preferito s’intitolasse “Essere Ornella”) è un disco che l’ascolto lo merita.
Molto ben prodotto da Mauro Pagani con tocco sicuro, ben arrangiato dal talentuoso Fabio Ilacqua con molta eleganza, contiene almeno mezza dozzina di pagine notevoli, cui si può aggiungere lo sfizioso, colto abbrivio dello strumentale “A passo lieve”, firmato da Pagani, molto bello e se l’autore ce lo consente molto “paoliano”. Ché tanto si sa, quanto Vanoni e Paoli siano due nomi vicini: tanto che uno dei sogni di Ornella, ora, è di fare almeno altri due concerti con Gino, uno a Milano l’altro a Roma. “Perché siamo gli unici sopravvissuti”, ride.
Ma il Covid non permette di pensare a tournée, concerti, presentazioni del disco in presenza (ce ne sarà in compenso una il 10 febbraio su Feltrinelli Live, previo acquisto del disco online da Feltrinelli e IBS o fisicamente nelle librerie Feltrinelli). Però è bello che una rentrée tanto riuscita Ornella Vanoni, che il Covid l’ha vinto a dispetto dei suoi 86 anni, la voglia dedicare a tutti noi che viviamo lockdown, paure, crisi.
“I dischi devono nascere dalla gioia” ha detto infatti l’artista in conferenza stampa da remoto, divertendosi peraltro moltissimo nell’occasione. “E io, quando m’hanno proposto di farne un altro due anni fa, a 84 anni, inizialmente ho avuto timore; poi però ha prevalso proprio la gioia. Basta poco, una bella canzone, un po’ di sole, per abbracciare la vita. E vorrei che, magari anche ascoltando questo “Unica”, la gente provasse a non perdere mai entusiasmo: è l’unico modo per non ammalarci nella testa, che è pericolosissimo”.
“Ho imposto io il giallo”
“Unica”, oltre che da bella musica, arrangiamenti eleganti, una voce sempre emozionante e palese gioia di vivere, è inoltre contrassegnato dal colore giallo. Per precisa scelta di Ornella Vanoni. “L’ho imposto io, sì. C’è stato un tempo in cui impazzivo per il giallo e adesso, sarà l’età, sarà questo virus che sembra una pianta grassa ma è mortale, ho voluto tornare a far esplodere il giallo. Giallo è appunto gioia, allegria, anche un po’ di sana pazzia. Tanto che nel disco cito anche Borges, “Il mistero è più evidente in certe cose, nel mare, nel colore giallo, negli occhi degli anziani e nella musica””.
Ma vale la pena anche analizzare il contenuto di “Unica”, che scade un poco soltanto nel brano “La mia parte”, senza guizzi, con Fabio Ilacqua a duettare senza profondità.
Ilacqua è meglio come arrangiatore ed autore, decisamente, che come interprete. Ornella lo definisce “Un talento, un personaggio interessante che fa il contadino, dipinge, legge, non ha il telefonino; una persona colta e mai noiosa”. E lui a Ornella ha regalato, soprattutto, “Isole viaggianti” e “Nuda sull’erba” (ché il duetto con Virginia Raffaele in “Tu/me” è carino ma nulla più, mentre “Specialmente quando ridi”, pur dal bel crescendo emozionale, fa avvertire un’Ornella un poco faticosa).
“Isole viaggianti” è mossa, vagamente alla Fossati ma con slancio melodico, ispessita dai fiati e da un bel groove; e per Ornella Vanoni è una -non facile, ma stravinta- prova vocale. Lei commenta il pezzo dicendo che “Parla dei sentieri secondari, che ti portano alla strada maestra e pure più lontano perché ti sorprendono, perché devi cercare di più, e solo chi cerca trova”. “Nuda sull’erba” invece nasce proprio da una precisa volontà di Ornella (“Io amo sdraiarmi sull’erba, è un pezzo che ho voluto io così”) ed è un pezzo cantautorale molto bello, con testo raffinato e molte emozioni in serbo.
Oltre ad Ilacqua e Pagani, però, per “Unica” sono stati chiamati anche nomi di prestigio del panorama autorale nostrano.
E l’unica faccenda che non calza granché su Ornella Vanoni ci pare “Arcobaleno” di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro: che lei difende dicendo “Si tratta d’un pezzo bello cui ho dato intensità; assomiglia a lui, e alla gente del Sud”. Già; assomiglia forse sin troppo a lui, a nostro avviso; è gradevole ma molto già sentito, con un testo di sprazzi poco continuo.
Decisamente meglio “Inizio” di Pacifico, brano assorto con testo intenso e autobiografico -per Ornella: che viene bizzarramente colorato d’elettronica, ma convince e nell’insieme e nel suo bel refrain teso quanto aperto.
Ancor meglio, i contributi a “Unica” di Renato Zero, Carmen Consoli e Francesco Gabbani.
Zero firma “Ornella si nasce”, brano toccante e sensuale, arrangiato con gusto jazz e dal testo che va in profondità nell’anima della protagonista. “Ho chiesto io a Renato di scrivere” svela la Vanoni. “E lui ha scritto una canzone che dapprima narra la vita di chi fa questo nostro mestiere, poi parla di me. Dovevamo anche duettarci su, ma lui non ha voluto: riteneva l’arrangiamento troppo sofisticato, non adatto a sé”.
Carmen Consoli invece in “Carezza d’autunno” (dove duetta) ha vergato una canzone di gran classe e sapor sudamericano, ma soprattutto modernissima. “Carmen la conobbi al centro sociale milanese del Leoncavallo, quando lei vi presentava un suo disco. Da allora ci sentiamo almeno una volta l’anno, e trovo abbia scritto per me una canzone interessante, anche un po’ criptica”.
Decisamente da brividi invece “Un sorriso dentro al pianto”, scritta da Gabbani per la Vanoni e completata dalla stessa artista e da Pacifico. È un pezzo autorale doc, melodico ma raffinato, con testo molto bello di melanconia positiva e acume. E Ornella Vanoni, qui, regala una prova vocale davvero da pelle d’oca.
Alla fin fine, dunque, “Unica” è proprio un bel ritorno. Soprattutto, un ritorno oltre che gioioso palesemente autentico, molto sentito dall’interprete.
“Sì, anche perché gli autori alla fine un po’ sono venuti dietro a me. Oggi mi conosco perfettamente, le varie depressioni m’hanno consentito di analizzarmi, non sono più timida, non c’è niente che mi possa stupire, sono libera come non mai. Tanto che vorrei fare qualcosa di tamarro, adesso: l’eleganza forse allontana dal pubblico. E infatti, con un autore giovane di rap-trap ho in mente qualcosa di bello, che non dico però adesso per scaramanzia”.
Noi attendiamo; intanto ci si gode “Unica”. Ma comunque, cara Ornella, l’eleganza vale la pena conservarla: come la classe non è acqua, si vede… e si sente.
Articolo di: Andrea Pedrinelli