Claudia Fofi Teoria degli affetti
(Controvento / Dodicilune – Distrib. IRD / Believe)
E con questa cantautrice-poetessa-performer umbra che ha debuttato nel 1995, abbiamo ormai perso il conto di quanta eccellenza femminile abbiamo di recente notato nella canzone italiana del Duemila; un’eccellenza però che -per motivi incomprensibili o forse facilmente intuibili- non ci mostrano in televisione e non passano in radio.
Comunque sia, anche Claudia Fofi si conferma degnissima esponente d’uno scrivere “in rosa” di qualità e peso, coraggio e fantasia, profondità ed emozione, che è un po’ una cifra insieme sotterranea ed evidentissima del nostro panorama canoro da una ventina d’anni a questa parte: ché bisogna andare dalle signore o signorine, per ascoltare le cose migliori; e spesso sono signore o signorine fuori dai grandi giri, stanti proprio qualità e sfida delle loro proposte.
Con “Teoria degli affetti” Claudia Fofi allinea una serie di canzoni d’autrice composte nel giro di una ventina d’anni, dentro un percorso pudico e sempre molto meditato (nonché da lei alternato ad altre attività fra cui musicoterapia e insegnamento) che fa sì che l’artista sia appena al suo terzo album, il primo fra l’altro che non è stata costretta a prodursi da sé, e che torni ai dischi dopo oltre tre lustri di assenza dalle scene.
Che bel ritorno, però. Dentro un album che è anche una ferma e sentita dichiarazione d’amore alla forma-canzone, con arrangiamenti minimali e con molto gusto sia per la sperimentazione (canora e compositiva) che per la libertà delle esecuzioni strumentali a innervarne intuizioni poetiche e melodiche. Al centro della “Teoria degli affetti”, inoltre, oltre alla scrittura della Fofi c’è la sua voce: una voce magnifica, limpida, capace di dolcezze sublimi come di sfide impervie, ma giocata sempre in essenzialità con misura, garbo, cultura.
Così nella scaletta del CD si parte con la poeticità maestosa di “Se tu”, struttura colta, allure sorridente, esecuzioni jazzate, e si approda a pagine strepitose quali l’acuta, ironica, poliedricamente femminile “La mente vuole amore” (un fuoco di fila di spunti e riflessioni con finale tocco etico) o la dichiarazione d’intenti “Canto”, una canzone questa davvero alta, compositivamente raffinatissima e mossa sino quasi ad eco prog dal bel contributo degli ottimi musicisti (fra cui Ares Tavolazzi e Paolo Ceccarelli).
Ma in “Teoria degli affetti” sono numerosi, gli episodi che prendono e vanno rimarcati. C’è l’intensità autobiografica agrodolce di “Figlia di un Dio minore”, c’è la bellissima poesia sviluppata tra rimandi mozartiani e coraggio sperimentale “Basso albertino”, c’è l’originale e dolcissima “Ancella del sorriso”, dedicata alla figlia tra contenuti forti e denunce intense, c’è una marcia funebre per il Paese, “Italia”, dal testo straziato e straziante ma di agghiacciante attualità, e d’un’incisività ben sottolineata anche negli sviluppi cupi e sardonici della partitura.
E così, fra tragedie migranti dette con pudore e magnifiche rielaborazioni shakespeariane, in fondo la “Teoria degli affetti” di Claudia Fofi è una pratica, molto ben pensata e sviluppata, di come si possa rinnovare la canzone d’autore senza però tradirne la storia. Anzi, portandola all’oggi osando, sperimentando, a volte pure rimandando a orizzonti futuribili ancora da definire. E ovviamente sempre, magnificamente, declinando il tutto al femminile: una qualità profonda, sensibile, arguta, originale che pare proprio ormai la cifra migliore, in Italia, del cantautorato vero. Quello che non vediamo in TV, che non sentiamo in radio, ma che dovremmo invece vedere in TV, sentire in radio, provare almeno a far prevalere -con il passaparola- sul vuoto inflittoci in tali media dalle major.
Articolo di: Andrea Pedrinelli
Da ascoltare/guardare, “Canto”
https://www.youtube.com/watch?v=WDsT7JqUnhI