Il nome di Helena Petrovna Blavatsky non ci fa certo pensare subito ad un’autrice di racconti, la mente corre subito alla Società Teosofica che fondò insieme al colonnello Olcott.
La conosciamo per i suoi poteri occulti, per la sua grandissima cultura, per le tante esperienze e i viaggi che la condussero sin da giovanissima dal Tibet all’India dove conobbe e studiò i principi che oggi stanno alla base della Teosofia. È a lei che dobbiamo la diffusione in Occidente dei precetti della tradizione filosofica e religiosa indiana.
Edizioni Studio Tesi pubblica oggi una raccolta di racconti che la studiosa russa scrisse nell’ultima parentesi della sua vita mentre stava lavorando al Glossario teosofico. I racconti erano per lei un modo per riposarsi, per distrarsi la mente, per divertirsi e, al momento della loro originaria pubblicazione, dall’agosto al settembre del 1885, riscossero grande favore tra i suoi contemporanei.
Nel libro ci sono tutti gli ingredienti per una lettura inquietante e sorprendente, in un attimo la capacità narrativa della Blavatsky che ben sa dove le paure dell’uomo si aggrappano, ci fa immergere nelle pagine dense di pathos, cariche di atmosfere cupe e bagliori di follia.
Una lettura ritrovata e appassionante che conferma ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, la conoscenza sterminata della Blavatsky quando ci si avvicina in quella dimensione di mezzo che spaventa quanto attrae!
Articolo di: Matilde Alfieri