Una scuola per l’emancipazione. Libera dalle nostalgie dei vecchi metodi e da suggestioni alla moda, di Philippe Meirieu
Questo non è solo un libro sulla scuola e sulla pedagogia ma anche di politica dell’educazione. Non è un caso perché la storia personale di Philippe Meirieu è quella di un uomo impegnato nella scuola, nella ricerca e nel mondo educativo ma anche sul piano politico e istituzionale. Dopo il 1989 è stato chiamato da Lionel Jospin per far nascere gli Instituts universitaires de formation de maitres (gli Istituti universitari in cui si preparano i futuri insegnanti). Subito dopo, da Claude Allegre fu chiamato a presiedere il Comitato di riforma dei licei francesi. Più recentemente è stato vicepresidente della Regione Rhône Alpes. Non c’è dunque da stupirsi che Meirieu abbia scritto un libro per entrare “nell’arena”, come titola la seconda parte del volume, un libro scritto con vis polemica anche per denunciare l’assurda nostalgia dei metodi didattici tradizionali a cui oggi guarda con attenzione, in Francia come in Italia, parte del mondo intellettuale. La colpa della cattiva preparazione degli studenti, si dice da più parti, sarebbe della pedagogia e dei pedagogisti, come se il lavoro sulle pratiche pedagogiche e l’attenzione alle discipline fossero in contrasto tra loro! Implicitamente qualcuno vagheggia il ritorno a una presunta età dell’oro in cui tutto andava meglio, a una scuola che “educava” in nome dei “valori” e del principio di autorità.
La sfida, secondo Meirieu, è quella di ridare alla scuola pubblica un senso per la Nazione e la collettività facendo in modo che i genitori vedano in essa la presenza di un progetto collettivo. Per far questo, va anche contestata l’idea che la scuola debba essere “pilotata” dalle comparazioni internazionali e da continue valutazioni istituzionali degli apprendimenti (l’efficacia della scuola non si può solo misurare con le cifre). E’ necessario assegnare alle valutazioni il giusto ruolo lasciando spazio alla pedagogia e all’inventività degli insegnanti e degli educatori, naturalmente dopo averli seguiti nella formazione. Bisogna trovare un giusto equilibrio e affrontare le questioni cruciali dell’educazione di oggi: quali sono le finalità formative nella scuola? Quali conoscenze utilizzare per raggiungere le finalità? Qual è il ruolo delle neuroscienze? Perché esse ci offrono utili indicazioni ma è necessario evitare di farne un mito pretendendo che dettino una pedagogia? Come formare all’attenzione? Come costruire il senso del gruppo per formare alla cittadinanza? Al centro della scuola deve stare il rallentamento della velocità imposta dalla vita consumistica, l’apprendimento dell’attesa per fare spazio al pensiero e alla riflessione. Non sono solo compiti della scuola, naturalmente, ma alla scuola resta un compito fondamentale: far scoprire ai nostri ragazzi il piacere di apprendere e la gioia di comprendere. Una sfida non da poco, ma possibile.
Philippe Meirieu è un pedagogista francese molto noto anche fuori dal suo Paese (i suoi libri sono tradotti in molte lingue). E’ nato nel 1949 ad Ales nel Gard (sud della Francia). Negli anni Sessanta, studente di Liceo, il giovane Philippe è già impegnato sui temi sociali e dell’apprendimento a scuola. Inizia a insegnare a soli vent’anni. E’ la prima occasione per mettere alla prova le sue idee pedagogiche innovative. Poco dopo prende la laurea in filosofia ma decide di continuare a fare l’insegnante. Inizia a scrivere di pedagogia e, in quegli anni “caldi” di passione politica, viene subito identificato tra i “cattolici di sinistra”. Per Meirieu un incontro cruciale fu quello con La lettera a una professoressa, pubblicato qualche anno prima in Italia da Lorenzo Milani insieme ai suoi allievi di Barbiana. Nel libro si rivendicava con vigore e passione morale il diritto all’educazione per tutti, superando la tradizionale emarginazione degli allievi provenienti dalle classi popolari. Da queste riflessioni nasce un concetto cardine della pedagogia di Meirieu: tutti sono educabili, nessuno deve essere escluso. Bisogna pertanto fare tutto il possibile, pur nel rispetto della libertà dell’altro. L’educatore non ha mai il diritto di gettare la spugna o di disperare. E’ il suo giuramento di Ippocrate. Negli anni Ottanta Meirieu entra in Università come docente. I suoi primi lavori scientifici sono dedicati al tema dell’interazione tra pari nei processi di apprendimento e ai lavori di gruppo. Successivamente si occupa di “pedagogia differenziata” (in Italia, si direbbe, dei problemi legati all’ “individualizzazione” degli apprendimenti) ipotizzando interventi che permettano a tutti gli allievi di acquisire le conoscenze fondamentali per un buono inserimento nella società. Il leitmotiv della sua ricerca è differenziare senza ghettizzare ed escludere. Fin da subito, il problema degli apprendimenti in Meirieu si lega all’ impegno civile, quello a favore dei diritti delle persone, i più deboli in primo luogo. Del tutto naturali, perciò, sono stati i suoi studi successivi sul ruolo del soggetto nel processo educativo e sui rapporti tra etica e pedagogia (v. Le Choix d’éduquer. Étique et pédagogie, 1991). Dopo il 1989, anno di emanazione di un’importante Legge di riforma della scuola francese, su invito di Lionel Jospin Meirieu contribuisce alla nascita degli Instituts Universitaires de Formation de Maitres (IUFM), gli Istituti universitari per la formazione iniziale degli insegnanti. In seguito, su richiesta di Claude Allegre, presiede il Comitato ministeriale per la Riforma dei Licei. Questi importanti impegni istituzionali (a cui vanno aggiunte la Direzione dell’INRP, Institut National de Recherche Pédagogique e la più recente vice Presidenza della Regione Rhone Alpes) contribuiscono a fare di lui un uomo pubblico. La notorietà, come spesso accade, ha un prezzo: i cosiddetti “repubblicani” (in Francia, i sostenitori di una scuola esigente e rigorosa che dovrebbe formare le virtù civili, da non confondere con l’attuale Partito Les Républicains), in nome della centralità delle “discipline” e dei “saperi”, lo individuarono come il principale rappresentante della pedagogia. Lo accusano di aver contribuito all’abbassamento del livello di apprendimento degli allievi e all’indebolimento dell’autorità degli insegnanti. Il loro bersaglio era l’“ideologia pedagogica egualitarista e demagogica”. Quella contro la pedagogia, vista come la responsabile dell’abbassamento dei contenuti che la scuola dovrebbe trasmettere, è una polemica ben nota anche in Italia. Nelle classi, si dice da tempo, si sarebbe rinunciato all’esercizio rigoroso, alla memorizzazione e allo studio in nome della democratizzazione. Queste analisi mettono in evidenza un problema reale, quello del senso e delle finalità della scuola nell’epoca della scolarizzazione di massa. Il copione storicamente consolidato è però sempre lo stesso: il ritorno a una presunta età dell’oro in cui tutto andava meglio, a una scuola che “educhi” (v., ad esempio gli articoli di Susanna Tamaro e di Ernesto galli Della Loggia) in nome dei “valori” e del principio di autorità. Fatta l’analisi, si passa al capro espiatorio: la pedagogia, che sarebbe figlia del 68. Alle polemiche francesi, ben più virulente di quelle nostrane , Meirieu ha sempre risposto fermamente ma con pacatezza, rivendicando di essere il sostenitore di una pedagogia esigente, fondata su una trasmissione culturale di alto livello che non sacrifichi i saperi ma neppure gli allievi. Pagine 280, prezzo euro 27.00. In libreria a maggio.
Mare Magnum Professionisti della scuola in rete per navigare nei concorsi Miur. Con mappe sintetiche.AA.VV.
Alcuni professori aspiranti dirigenti scolastici si sono incontrati in rete fin dal 2011 per condividere materiali e percorsi di studio in attesa del concorso. L’agorà si è trasformata da luogo di condivisione delle informazioni a luogo delle emozioni, un passaggio necessario perché i candidati potessero giungere a una reciproca conoscenza. Dopo la prova preselettiva di luglio e lo scritto del 18 ottobre 2018, una delle candidate ha proposto al gruppo di collaborare a un progetto comune: la realizzazione di un compendio che analizzasse ognuno dei punti presenti nei quadri di riferimento del concorso, che potesse servire insieme da materiale di studio per chi avesse superato lo scritto e allo stesso tempo costringesse tutti i partecipanti a continuare a studiare malgrado la situazione d’incertezza sugli esiti della prova. Nasce così, dalla collaborazione di circa seicento professori che hanno passato almeno un lustro a confrontarsi con le problematiche della figura del preside, un manuale enciclopedico che affronta in modo sintetico ed esaustivo tutti gli argomenti oggetto dei concorsi MIUR. L’inusuale modalità di lavoro di gruppo ha consentito di trattare la materia sia in estensione sia in profondità, rendendo questo manuale uno strumento unico, aggiornato a gennaio 2020.
Pagine 666, prezzo euro 49,00 In libreria a maggio.