Home Da ascoltare “Pop, rock, jazz… e non solo” Rosario Jermano

“Pop, rock, jazz… e non solo” Rosario Jermano

Rosario Jermano
Nouvelle Cuisine
(Apogeo Records/Clapo Music/Egea Music)

 Conosciutissimo per la sua vasta e valida attività di studio e palco alla ritmica di personaggi del calibro di Pino Daniele, Fabrizio De André, Mia Martini, financo Toots Thielemans e Sting, nonché quel Renato Zero che proprio in questi giorni sta accompagnando in tournée, Rosario Jermano era però assente da oltre vent’anni dalla discografia con un album a suo nome.

Grafica Divina

È pertanto già una bella notizia, riaccoglierlo in scena con “Nouvelle Cuisine”, quarto disco da leader del batterista dopo quelli usciti negli anni Novanta. E l’ascolto conferma la classe dell’artista, che con ironica fantasia tutta partenopea ha voluto “impiattare” brani inediti di musica un po’ jazz un po’(molto) oltre dentro un “menu” d’alta cucina nel quale i titoli dei pezzi rimandano in metafora sia all’attività culinaria del saper selezionare e cucinare gli ingredienti migliori e/o più sfiziosi, sia all’attenzione e alla raffinatezza con cui per solito ciò accade nella cucina francese: fermo restando ovviamente che qui trattasi di ingredienti… sonori, per lo più d’una ampia, notevolissima ricerca di suoni percussivi dalle tradizioni di tutto il mondo, “impastati” in ogni pezzo con accostamenti e scelte diverse sino a miscelare in una jazz-fusion-world music del Duemila Brasile e Napoli, Africa e Asia, persino il Tirolo.

Per la sua rentrée Jermano ha coinvolto ben quaranta colleghi, mediamente di alto o altissimo bordo, fra i quali spiccano i nomi di Lele Melotti, Ernesto Vitolo, Gigi De Rienzo, Elisabetta Serio; e molti di loro hanno anche collaborato non tanto a una scrittura dei brani, che di per sé non esiste (come vedrete), quanto al loro sviluppo compositivo-improvvisativo a partire dalle tonalità e dai colori determinati dalle percussioni scelte in partenza dal leader. Il lavoro, molto intrigante anche per questa sua nascita anomala, infatti ha previsto una stesura di base delle fondamenta timbriche dei brani da parte di Jermano, proposta volutamente senza troppi sviluppi in modo che gli altri strumentisti potessero agirvi in jazzistica libertà: in alcuni casi seguendo spunti melodico-armoniche dello stesso Jermano o tenendo lui a bandleader (è autore unico di 8 brani su 15), in sette occasioni con l’apporto di uno di loro quale coautore; e sempre però con tutti gli artisti coinvolti nella costruzione di melodie, armonie, intrecci dei brani in cui intervengono.

Sicuramente il frutto di questa idea di Jermano, realizzatasi in oltre un anno di lavoro, è buono: “Nouvelle Cuisine” è disco di ricerca che sa comunicare, viaggio fra presente e passato, ponte dalla tradizione al futuro, messa a fuoco di più verità sonore che a volte (e in alcuni casi come mai prima) intrecciano dialoghi interculturali. Un progetto insomma intrigante nelle basi quanto insieme utile ed emozionante nello sviluppo, che da una dimensione sostanzialmente jazz finisce inevitabilmente con l’esondare, grazie alla presenza di solidi pensieri musicali, sia verso una fusion con inevitabili eco dei Weather Report, più easy listening dell’eredità di quel sommo gruppo e però non certo buttata via, sia verso intriganti coloriture world, etniche, folk, rock, anche elettroniche.

La vetta più alta del “menù” è “Croque Madame”, e non pare un caso giacché vi collabora -compositivamente e alla tastiera – Elisabetta Serio. La quale, oltre che aggiungere alla ricetta le potenzialità anche percussive (ma non solo) del pianoforte, apporta al brano una marcia in più, compositiva ed improvvisativa, figlia di una classe e di una carriera che pochi altri musicisti coinvolti possedevano: e il suo pezzo alla fine esplode verso New Orleans ed atmosfere ellingtoniane, dentro una dimensione più alta della media del disco. Però qui si è, crediamo, proprio in un caso a parte; dentro una collaborazione più colta che non poteva non espandere l’idea anche più del previsto. Nel disco forse il brano che meglio sintetizza il comunque coraggioso lavoro di Jermano è invece “Coq Parmentier”, con sax, tastiere, composizione e arrangiamenti di Bruno Giordana: un gioiellino fra cool jazz e fusion, costruito magnificamente nei suoi sviluppi, che restando nell’alveo di partenza dà la misura delle potenzialità diciamo così insieme “normali” ma comunque “eccezionali” dell’idea di base.

Altri brani estremamente riusciti paiono “Tartiflette” (con chitarre che colorano l’etnico di rock), “Saint Honorè” (melanconico e coinvolgente intrecciarsi di India e Giappone), “Afro Macarons” (riuscitissima commistione fra ottoni all’Europea e ritmiche tradizionali del continente nero), “Cordon Bleu” (un inatteso acquarello che riecheggia il prog guardando a Oriente), il futurista “Flan” (fatto di slide guitars e steel drums che con gusto mescolano rock e Caraibi). Ma attenti anche all’equilibrio sfiziosissimo di “Madeleine”, azzeccato “dessert” del CD che unisce sonorità del folk partenopeo ad atmosfere cubane, tirolesi, celtiche.
Insomma, quello di Rosario Jermano è un gran bel ritorno, figlio di un’idea interessantissima sviluppata con coscienza e intelligenza: tanto che persino i suoi passaggi a vuoto, come la “Pizzica Pizza” in cui aver provato a trascinare verso i Weather Report l’eco della Nuova Compagnia di Canto Popolare non ha dato esiti se non già sentiti e di bella calligrafia, hanno comunque un loro fascino.

Articolo di : Andrea Pedrinelli

Da ascoltare/guardare, “Coq Parmentier”:
https://www.youtube.com/watch?v=nbs06upi3Rc&list=PLWp3eGrc7lFmiuYz6em09fXo5rKS_HtX_&index=11&t=0s

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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