Una nuova indagine dell’Unità Investigativa di Greenpeace Italia, condotta nel sud della Polonia, ha portato alla scoperta di rifiuti italiani – in parte provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani – abbandonati in un ex distributore di benzina nell’area di Gliwice. Un team di Greenpeace, recatosi sul posto, ha verificato la presenza di un centinaio di balle di rifiuti in plastica di cui, tra quelle accessibili, almeno 50 di provenienza italiana.
«Ciò che abbiamo documentato in Polonia è inaccettabile e vanifica gli sforzi quotidiani di migliaia di cittadini nel separare e differenziare correttamente i rifiuti in plastica», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Questo caso conferma ancora una volta che il sistema non riesce a gestire in modo appropriato l’enorme quantità di rifiuti in plastica. Riciclare non è la soluzione, è necessario ridurre subito la produzione a partire dalla frazione spesso di difficile riciclo, rappresentata dall’usa e getta».
Le immagini non lasciano dubbi: nelle balle di rifiuti plastici si vedono etichette di noti prodotti italiani e – almeno in una – l’etichettatura dell’impianto italiano della ditta Di Gennaro S.p.A., centro di selezione (CSS) operante anche nella filiera Corepla. Proprio la spedizione effettuata dall’azienda Di Gennaro S.p.A., tramite l’intermediario (AGF Umbria), da oltre un anno è al centro di un contenzioso tra Polonia e Italia. A giugno 2018 l’Ispettorato generale per la protezione ambientale polacco (GIOS), in un dossier che ha condiviso con l’associazione ambientalista, ha contestato alcune anomalie, alle autorità italiane, nella spedizione. In particolare, nel report del GIOS si fa riferimento, oltre allo scarico dei rifiuti in un sito diverso da quello indicato nei documenti, ad un’errata attribuzione del Codice Europeo del Rifiuto (CER). Per tali ragioni, secondo le autorità polacche si tratterebbe di un “trasporto illegale di rifiuti”
Nel luglio e nel novembre 2018 l’ente polacco ha inviato due lettere all’ente della Regione Campania, UOD Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di Napoli, “presentando prova del movimento transfrontaliero illegale di rifiuti dall’Italia alla Polonia”. Tuttavia, per l’autorità italiana “i rifiuti sono stati recuperati secondo la legge”, si legge sul dossier polacco e sulla replica ufficiale inviata dall’agenzia regionale a Greenpeace. Tanto che, a dicembre 2018, l’UOD nega “che ci sia alcuna prova ufficiale che la spedizione è stata eseguita illegalmente e che i rifiuti siano stati scaricati al di fuori dell’impianto di recupero”. Dello stesso avviso sono le aziende AGF Umbria e Di Gennaro S.p.A., sentite da Greenpeace sull’argomento.
“Sulla carta è previsto che chi produce un rifiuto debba anche avere comunicazione di come sia stato smaltito. E questo avviene sempre stando ai documenti. Ma un controllo di tutte queste fasi, non sempre c’è”, commenta Roberto Pennisi, Sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia.
“Un controllo sul campo, come quello fatto da Greenpeace – conclude Giuseppe Ungherese – e non solo a livello di documenti, può rivelare dettagli importanti che potrebbe aiutare a risolvere questa disputa internazionale e recuperare, in modo corretto, rifiuti che oggi invece giacciono abbandonati nell’ambiente”.
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