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Ospite del nostro format musicale Gerolamo Sacco

Come nasce la tua musica? Quali sono le tue fonti d’ispirazione?

La mia musica nasce con due approcci differenti. Uno è quello mentale, legato alla composizione e alla produzione musicale, l’altro è quello fisico, legato al canto. Sono due approcci differenti che nel mio progetto solista metto insieme in una sola narrazione per raccontare delle storie e delle emozioni. Come produttore lavoro da 10 anni negli studi Miraloop, dove produciamo quasi ogni genere musicale, dalla classica e alle colonne sonore fino all’elettronica, dal pop e l’hip hop fino alla musica da ballare, così ho imparato a costruire produzioni musicali in modi completamente differenti. Ogni traccia per me è come una tela bianca da dipingere, parto sempre da zero come se dovessi fare un dipinto. Con la voce invece è un fatto fisico, seguo le emozioni. Con la voce mi diverto a giocare come faccio con la produzione, in Mondi Nuovi ci sono molte canzoni divertenti da cantare perché passano dalla voce delicata, come in Cinema o la Prima Estate del Mondo, alla voce di potenza pura come in Stelle Dipinte, nel ritornello di Notte di Foglie o di Mondi Nuovi. Mi piace il canto quando è libero di esprimere! In studio di registrazione ho fatto principalmenteriferimento alle produzioni musicali fatte per il cinema, le colonne sonore specie di fantascienza, applicando questi riferimenti all’arrangiare canzoni. Ci potete trovare Vangelis, Moroder, M83, Evan Frankfort, e tanto di mio: quando voglio raccontare una storia nuova cerco il vestito su misura sul testo e sulla voce, a volte non riuscirei a copiare neanche volendo. 
Come cantante ho seguito solo le emozioni senza farmi condizionare da cantanti che mi piacciono, ogni voce è una cosa unica e irripetibile e va valorizzata per quello che è: questa è una cosa che si impara lavorando anche su altri cantanti.

Grafica Divina

Con quali artisti sei cresciuto?

Ho avuto la fortuna di trovarmi in casa una collezione di vinili spettacolare, quella di mio papà. Quella collezione di vinili era ed è come uno scrigno magico. Classica, Beethoven e Vivaldi, il Jazz, qualcosa di italiana soprattutto Battiato, Carboni e Zucchero, poi tutto il rock classico, Beatles, Rolling Stones, Doors, Led Zeppelin, Deep Purple, Genesis, Pink Floyd, di tutto. Da piccolo ho sempre avuto curiosità sia per le cose da ballare (tutto il rock’n’roll degli anni Cinquanta e Sessanta) sia per le cose sperimentali (uno dei miei pezzi preferiti di sempre è Julia Dream dei Pink Floyd), cosa che mi accompagna anche ora. Negli anni Novanta esplodeva la musica elettronica e dopo essermi vissuto un’infanzia rock la scena dei Novanta mi sembrava solo una copia di quello che c’era prima, così mi sono innamorato di quella nuova scena musicale. Per darti l’idea di cosa succedeva in quegli anni, nel 1992 quando compivo 12 anni uscivano Rhythm is a dancer degli Snap e No Good – Start the Dance dei Prodigy: fu un impatto devastante! Ricordo che cominciai a registrare cassettine su cassettine dalla radio, come un matto. Ho seguito soprattutto la scena inglese, italiana e tedesca. Dall’Inghilterra Underworld, Prodigy, Massive Attack, Faithless, dalla Germania Paul Van Dyk e Jam & Spoon, e dall’Italia soprattutto le produzioni della Media Records di Gianfranco Bortolotti in cui militavanoartisti come Mauro Picotto o Gigi D’Agostino, con il quale ho lavorato per cinque anni tra il 2002 e il 2007. Durante il periodo dell’Università, appena prima che nascesse Miraloop, sono poi ritornato tantissimo sulla classica per motivi di studio e passione personale: fu così che ho provato a mettere insieme tutte queste anime musicali così diverse in una sola scena.

Raccontami un po’ della tue esperienza da addetto ai lavori con Miraloop, come riesci a bilanciare le due cose? Cosa significa lavorare nella musica oggi?

Intendi come riesco a bilanciare l’addetto ai lavori e l’artista? Non ho particolari problemi perché Miraloop è una realtà vastissima a livello creativo, ed è nata proprio per permettere libertà infinita dal punto di vista artistico. Io cerco di sfruttarla al 100%. Diciamo che quando lavoro come produttore discografico lavoro per l’artista che mi commissiona il lavoro, è come creare abiti su misura. Se ascolti il catalogo Miraloop, sono quattro etichette indipendenti, noterai suoni e idee completamente diverse, anche se nascono o vengono finalizzate tutte nello stesso studio di registrazione e la maggior parte arrangiate da me. Quando scrivo canzoni come cantautore invece entro in una dinamica ancora differente: non ho nessuno che mi chiede cose specifiche, influenze o stili, quindi cerco l’arrangiamento migliore per la storia che ho da raccontare. Oggi lavorare nella musica significa avere una passione molto forte ed essere consapevoli che si tratta di un mercato ormai globale, non ci sono più barriere regionali ma neanche nazionali. Un prodotto che funziona in tutto il mondo. Consiglio agli artisti di contattare le case discografiche prima di andare in studio, oggi infatti la maggior parte di coloro che vogliono fare musica non conoscono questo mondo e le sue regole, tendono a fare da sé il lavoro delle etichette e poi vanno in giro con un prodotto finito a cercare di essere aiutati.

Cosa hai deciso di raccontare con il tuo progetto?

Il mio progetto cerca di raccontare la fantasia. La musica che faccio è come una dimensione amplificata di un viaggio, dove i colori sonori e i racconti sono lo sfondo di un racconto in cui non ci sono confini. 

Progetti futuri?

Sto lavorando per portare le mie canzoni, almeno quelle che scrivo come cantautore, in un o spettacolo acustico dal vivo. Trovo sia molto interessante ascoltare dal vivo canzoni con arrangiamenti diversi da quelli del disco. Vi piace l’idea?

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