Il nuovo romanzo di Francesco Pecoraro
Descrivere il presente osservando la vita di una strada.
Raccontare il Novecento attraverso la storia di un quartiere.
Ritrarre il declino collettivo nelle vicende di un singolo uomo.
Il nuovo romanzo di uno dei più originali scrittori italiani.
Francesco Pecoraro
«Jeans falso consumati. Falso strappati. Pantaloni falso mimetici. Borse mimetiche. Capelli falso giovani, rossastri. In giro falsi rasta. Falsi gangsta, falsi rap. Falsi punk. Falsi giovani. Borchie falsamente utili. Magliette falso scolorite. Falsa vita vissuta. Falsa esperienza, falso inconscio, falso immaginario, falsa coscienza. Falsa la metropoli, falso il lavoro. Falso legno, falso antico, false le cacche di mosca su falsi mobili. Il falso grezzo nei ristoranti falso-fichetti, o vero-fichetti per falsi fichetti. Falsi gli hipster con false barbe folte lunghe tagliate quadre, false camicie da falsi boscaioli, birre falso-artigianali. False calvizie, falsi muscoli con tatuaggi falso tribali. Veloci sfrecciano bassi falsi pappagalli verdi, frutto del riscaldamento globale, anch’esso artificiale, posticcio».
Primi anni Venti di questo secolo nella «Città di Dio», decadente metropoli che assomiglia molto a Roma. Un uomo di circa settant’anni osserva dal settimo piano della sua palazzina le vicende dello «Stradone»; i tanti personaggi che lo percorrono incarnano tutte le forme del «Ristagno» della nostra società. Invecchiamento e conformismo, razzismo e sessismo, sopravvivenze popolari e «trentelli» rampanti, barbagli di verità, etnie in conflitto, il fantasma dell’integralismo islamico, la liquefazione di sinistre e destre e della classe media in un unico «Grande Ripieno»: nulla sfugge a questo narratore disordinato ma perspicace, che pare saper restituire meglio di chiunque – con ironia, cinismo, nostalgia, umorismo – il non senso del nostro presente. Racconta anche, l’uomo senza nome, la propria esistenza di «Novecentesco», aspirante storico dell’arte, funzionario di Ministero, uomo che ha creduto nel comunismo e poi si è fatto socialista e corrotto, con i suoi amori e, oggi, l’ossessione per la vecchiaia, la malattia, la pornografia; e ricostruisce infine – con documenti veri o quasi-veri – la storia di un quartiere i cui abitanti, operai e proletari, per secoli e fin oltre la metà del Ventesimo, hanno prodotto qui i mattoni di cui è fatta la Città: il quartiere più comunista e antifascista della Città, forse visitato da Lenin – personaggio inatteso di queste pagine – nel 1908. Il risultato è un libro assolutamente unico nel panorama letterario non solo italiano, in cui la passione politica, antropologica e linguistica, le vicende di una vita, di un quartiere, di un intero secolo concorrono a un’esperienza di lettura indimenticabile: un’illuminante – tragica ed esilarante – avventura di conoscenza.
I GIUDIZI IN ANTEPRIMA
«Una penna straordinaria che restituisce un tempo – il secondo 900 – e un
luogo – Roma – con lo sguardo unico di chi vede deteriorarsi ciò che ama.»
Helena Janeczek
«I bravi scrittori ti sorprendono sempre alle spalle. Francesco Pecoraro sa
colpire con ciò che io, da solo, non riuscirei mai a immaginare.»
Nicola Lagioia
«Ho la sensazione che ci sia qualcosa di straordinario nel modo in cui Pecoraro
percepisce e restituisce l’architettura interna e complessa di segni all’apparenza
minimi.»
Giorgio Vasta
«Francesco Pecoraro tiene insieme sfere di esistenza che di solito gli scrittori
non riescono a tenere insieme, o che non vedono proprio: i destini dei
personaggi, la microfisica del quotidiano, la storia politica del presente, la
lunga durata dell’evoluzione umana, l’immobilità della natura. La vita dei
suoi protagonisti idiosincratici rimanda sempre a piani di realtà ulteriori. In
ognuno di questi piani si combatte una lotta per dare forma e significato a
un mondo che, di per sé, non ha né forma né significato.»
Guido Mazzoni
L’AUTORE
Francesco Pecoraro, romano, ha pubblicato per Ponte alle Grazie La vita in tempo di pace (2013; premio Vareggio, tradotto in cinque lingue). Ricordiamo gli altri suoi libri: i racconti di Dove credi di andare (Mondadori, 2007), le prose di Questa e altre preistorie (Le Lettere, 2008), le poesie di Primordio vertebrale (Ponte Sisto, 2012).
Segnalo che ha vinto anche il Premio Napoli nel 2007