All’interno delle manifestazioni legate al Carnevale di Viareggio, quest’anno dedicato alle donne, il consiglio di indirizzo della Fondazione Carnevale ha scelto di invitare Helena Janeczek, vincitrice del Premio Strega.
Quella della Janeczek, come sostenuto dalla scrittrice Igiaba Scego, é una scrittura “migrante” avendo virato dal tedesco, che definisce lingua madre ma non del tutto, all’italiano “lingua madre adottiva”.
Persino il suo cognome non è quello di nascita, i suoi genitori ebrei polacchi pensarono che cambiarlo, come poi è stato, avrebbe garantito loro la salvezza dalla deportazione nei campi di concentramento che toccarono invece a molti loro congiunti.
Il libro che le è valso lo Strega, La ragazza con la Leica, si muove su due piani temporali, gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta, il periodo contraddittorio tra le due guerre. La protagonista è la fotografa Gerda Taro la cui vita si è conclusa a ventisette anni in un tragico evento durante la guerra civile in Spagna, e anche Gerda aveva cambiato il cognome, da Pohorylle a Taro, forse per omaggiare un’artista giapponese conosciuto negli anni di vita a Parigi o forse il fiume Taro. A Pietrasanta infatti alloggiava un fidanzato che studiava a Firenze, e considerando l’amore di Gerda per la bella vita è probabile che abbia passeggiato anche per le vie di Viareggio, in quel momento crocevia di artisti e città in grande fermento.
E in fermento Viareggio è anche in questi giorni per l’avvio dell’edizione del Carnevale 2019. Helena Janeczek, che da piccola frequentava con gioia le sfilate dei carri di Monaco e di altre città tedesche e che ammette di commuoversi anche solo vedendo un bambino mascherato da uomo ragno, è rimasta colpita dalle opere degli artisti della cartapesta che, per dirlo con le sue parole “hanno fatto un lavoro profondissimo, con grande capacità di attingere ad una cultura alta e di portarla all’interno di una tradizione così prettamente popolare”.
Articolo di: Cinzia Ciarmatori