Alberto Giorgi è il ponte di congiunzione tra la magia elegante di una volta con il mago in frack e la modernità dei nuovi look. I suoi numeri sono all’insegna dell’affascinante, della raffinatezza, ti conduce per mano, da grande affabulatore quale è, in un altro mondo dove le leggi della fisica, della corporeità sono annullate.
Il primo incontro con la magia
Credo che avessi 8-9 anni. Ero a casa e mia madre dalla cucina mi chiama e mi dice; vieni a vedere, c’è un mago che fa apparire le colombe. Era un piccolo televisore in bianco e nero ed il mago era Silvan. Questo è stato il mio primo incontro con la magia. Ovviamente rimasi incantato e da lì a chiedere di comprare il manuale e la scatola dove Silvan svelava “i suoi segreti” il passo è stato molto breve.
Il tuo percorso artistico, i tuoi traguardi
Dal punto di vista della magia mi sono iscritto al Club magico italiano negli anni ’80 dove l’unica occasione per acquistare materiale professionale era la fiera magica del congresso. Ricordo che il costo degli attrezzi all’epoca era (o mi sembrava) veramente proibitivo. Questo faceva sì che occorresse ingegnarsi molto per realizzare un numero con le poche cose acquistate e la soluzione fosse spesso quella di dedicarsi alla manipolazione, meno costosa, ma formativa. Nel tempo si sono susseguiti molti maestri o guide. Da ragazzo come riferimento ho avuto Ruitz, un illusionista professionista degli anni ’80-’90 che abitava vicino alla mia città. Ho frequentato spesso casa sua imparando molte astuzie del lavoro dell’illusionista di piazza e la Silvan Magic Accademy che mi ha permesso di avvicinare mostri sacri del nostro settore per workshop di più giorni. Mi sono stati dati, e ne ho fatto tesoro, consigli e suggerimenti arrivatimi da più parti; Raul Cremona per esempio durante una breve conversazione mi ha dato delle dritte importantissime. Così pure Brachetti o Mirco Menegatti. Ho avuto la fortuna di conoscere da ragazzo il lavoro di Bustric che mi ha fatto capire l’importanza dell’aspetto teatrale e dell’originalità. La potenza dell’emozione nella semplicità. Negli anni siamo diventati amici e non manca mai di fornirmi ispirazioni. Negli anni ’90 ho incontrato il mio riferimento artistico fondamentale che è Vito Lupo (campione del mondo FISM a Bruxelles) che mi ha aiutato ad identificare l’aspetto evocativo e simbolico nell’atto magico. Fondamentale è stato pure il lavoro fatto con alcuni amici a Livorno. Luciano Donzella, Altan e Marco Orsetti ovvero di costituire la Corte dei Miracoli, un piccolo teatro dove poter sperimentare nuovi numeri con il pubblico live. Formativo a volte il dover inventare necessariamente cose nuove perché il pubblico era spesso lo stesso. E’ stata una cosa stimolante e produttiva nello stesso tempo. Ho fatto per qualche anno teatro in un centro artistico molto importante nella mia città e danza jazz. Non sono mai stato un bravo ballerino ma questo lavoro mi ha aiutato molto per avere una conoscenza della gestione dello spazio scenico e una maggiore consapevolezza del movimento e dell’equilibrio del corpo. La lista sarebbe ancora lunga e qua ho parlato solo dei riferimenti magici o pratici mentre in realtà molti, sopratutto quelli formativi del gusto appartengono a mondi lontanissimi; alla musica, alla pittura, al cinema ed alla letteratura. Su questi potrei andare avanti ore ed alcune influenze sono arrivate pure inconsapevolmente ma non mi sembra questa la sede giusta.
Come nasce la creazione del tuo look, l’ideazione dei numeri, dello stile che ti caratterizza ampiamente rispetto ad altri tuoi colleghi?
Nasce prima di tutto dal desiderio di sperimentare nuovo strade. Devo dire che i miei primi numeri sono sempre stati un po’ sperimentali. Un mio numero di manipolazione dei primi anni ’80 era ispirato a “The Wall” il celebre album dei Pink Floyd. Ricordo che uno dei tavolini era un grosso bidone della spazzatura dove verso la fine del numero usciva del fumo e terminavo con un cambio di costume dove il frack che indossavo si trasformava in una mimetica militare. Lo presentai al concorso del Club magico italiano. Era sicuramente un numero imperfetto da un punto di vista tecnico ma ricordo che le critiche furono concentrate sul fatto che usassi un bidone della spazzatura in scena. La magia all’epoca era ancora molto radicata alla tradizione e quella immagine era risultata forse troppo irriverente. Da un certo punto di vista oggi capisco che lo era veramente, ma che probabilmente era uno degli aspetti più importanti del numero. Era il mio modo di dire che alcuni schemi mi avevano stufato. Al momento speravo nell’approvazione, ma in realtà era solo una giustissima parte del percorso. Quando sperimenti il minimo che puoi aspettarti è quello di non essere accettati. Oggi l’uso del bidone della spazzatura in scena è stato sicuramente sdoganato.
Che c’entra tutto questo con il mio look? Apparentemente niente; però è solo per dire che ho sempre sperimentato e portato in scena ciò che a me piaceva. Per questo risulto diverso. Perché una cosa che ho sempre avuto è stata quella di sentire il bisogno di esprimere una mia visione accettando il rischio di non essere capito.
Conoscendo Laura, che poi sarebbe diventata mia moglie e fondamentale compagna artistica, ebbi l’opportunità di inserire qualche illusione nel mio spettacolo. Per la verità all’inizio ero anche un po’ snob con le scatole. Per me la vera magia era senza apparati perché a mio parere l’oggettistica toglieva forza al senso del magico. Non mi piaceva neanche il rapporto che c’era di solito tra mago, scatola e assistente. Ad un certo punto ho capito che dal mio punto di vista il problema non erano le scatole in se’ ma il significato che esse avevano all’interno dello spettacolo. Ho cercato di far sì che queste “scatole” perdessero il loro ingombro fisico sul palco. Invece di trasformare gli oggetti magici in oggetti comuni per giustificarne la presenza ho messo in scena un personaggio per il quale gli oggetti più strani potessero coesistere ed essere naturali. Ho eliminato il problema che avevo di giustificare una cabina trovando un modo che questa cabina fosse adeguata al resto. Nei nostri personaggi poi c’è tutto quello che ho e che abbiamo amato nella magia e nella vita; il mistero, la curiosità, la storia, le leggende ed i vecchi romanzi di esploratori, gli esperimenti e la mia città di mare con tutta l’oggettistica tipica dei vecchi porti una volta rifugio di antichi vascelli. Per me il mago non è solo un prestigiatore. E’ un personaggio che viaggia, sperimenta e verifica leggende. Per questo può tranquillamente usare un acchiappasogni indiano senza doversi per forza travestire da toro seduto. E’ una sintesi tra uno scienziato, un alchimista, un esploratore. Insomma un prestigiatore alla ricerca della vera magia curioso lui per primo della vastità dei misteri del mondo.
Quanto e come è cambiato lo spettacolo di magia in questi anni.
La magia è cambiata moltissimo, nei ritmi, nel significato dell’atto magico e nel modo di proporsi al pubblico. Basta guardare alcuni numeri del passato e vediamo che pochi di questi superano la prova del tempo. Oggi la magia è stata contaminata da altre forme d’arte e dall’evoluzione . Quando dico arte non mi riferisco solo alla danza, alla musica o al teatro come alcuni potrebbero credere. Penso anche all’arte che entra nelle nostre vite inconsapevolmente, all’estetica, ai ruoli sociali, alla tecnologia ed al rapporto tra i sessi. Il mondo cambia rapidamente ed anche noi dobbiamo cambiare.
Su questo fatto siamo tutti d’accordo. Quando poi si arriva al come farlo nascono le divergenze. Per me un buon numero deve essere pensato per avere una lunga vita.
Cinema, tv, realtà virtuale, mille innovazioni, ma lo spettacolo di magia non perde mai il suo fascino. Quale è il suo segreto?
Io credo che più che il mondo si muove verso il virtuale e più la forza della magia sia nel distinguersi nel reale. Quello che voglio dire è che oggi ciò che è tecnologico finisce di stupire dopo pochi secondi. Siamo abituati a vedere cose incredibili attraverso la angolazione tecnologica. Sia essa uno schermo di cinema, tablet o videoproiezioni. Quando vediamo cose incredibili associate ad un mezzo elettronico il più delle volte la magia ed il mistero svaniscono. Entriamo in una dimensione dove ogni cosa può accadere. Non possiamo più stupirci al cinema nel vedere un uomo che vola. Sono d’accordo nell’usare tutto quello che abbiamo a disposizione, ma che tutto questo sia celato sapientemente. La sfida è stimolante ed è ciò che rende sempre nuovo il mio lavoro: Stupire persone che sono abituate a vedere le cose più incredibili sui canali tecnologici. Tutto questo nel modo che la tecnologia non può fare: Dal vivo. Nel reale. Vis a vis. E’ per questo che per adesso la magia vince ancora.
Il tuo ricordo più bello legato alla tua arte
Avevo 10 anni. Ero in vacanza con i miei genitori a Camaldoli (in Casentino). Durante il giorno noi bambini eravamo affidati a Don Giacomo, un monaco che ci portava a giocare e passeggiare nei boschi. Scoperto il mio interesse per i giochi di prestigio mi propose di esibirmi per tutti. In un grande salone del monastero feci il mio primo spettacolino di magia. Avevo un piccolo repertorio recuperato da alcuni libri ed in parte rubacchiato da quello che avevo visto fare da Silvan in Tv. E’ chiaro che i “trucchi” erano come li avevo interpretati, ma la cosa piacque. Il giorno successivo per gli altri bambini ero diventato un eroe. Penso che dopo di allora ho solo cercato di riprovare la stessa emozione.
Un sogno nel cassetto.
Ho aperto quel cassetto già da tempo. Conteneva il desiderio di fare della mia passione il mio lavoro. Il prossimo cassetto è dedicato a mio figlio. Spero che anche lui abbia la fortuna di poter fare lo stesso.
Intervista di: Luca Ramacciotti
Foto di:Sabine Schoenberger