Che ruolo ha l’ironia nella tua vita?
Michele: L’ironia la possiamo considerare come una forma di comunicazione e ha varie sfaccettature. Può essere divertente o pungente o entrambe contemporaneamente. Diciamo che ne faccio buon uso senza esagerare altrimenti farei il comico cabarettista. D’altronde se stai bene con te stesso riesci a essere ironico nei confronti del mondo che ti circonda. Probabilmente propendo di più per l’autoironia. La capacità di ridersi addosso, in certi frangenti, aiuta anche a superare momenti delicati.
Dall’89 quando sono nati i The Groovers ad oggi cosa è cambiato e cosa è rimasto come allora?
Michele: Beh io sono più anziano… ho qualche capello bianco e ho vissuto un’infinità di cose ma non ho mai smesso la mia passione per il rock’n’roll. Allora, a metà degli anni ’80, in ritardo con altri paesi, ci si ispirava al punk, intenso non solo come genere musicale, ma anche come atteggiamento per intraprendere nuove strade. Mi sono improvvisato dj, ho creato una fanzine stampata in tipografia chiamata Fandango, dopo poco più di un mese che avevo imbracciato un basso elettrico ho esordito live con la mia prima band Thee Stolen Cars. Immediatamente dopo ho creato i Groovers con i quali sono cresciuto pubblicando sette album, svariate cassette, comparendo in altrettante compilation e suonando ovunque in Italia ottenendo anche ottimi riconoscimenti. Di allora mi è rimasto questo approccio ovvero quello di provare a intraprendere nuove strade artistiche, ovviamente con maggior consapevolezza, è così che è nata la mia carriera cantautorale in italiano ed è così che ho pubblicato tre libri. Mi piace chi riesce a trovare nuove soluzioni di arrangiamento su canzoni anche semplici. I Wilco, per esempio, con l’album Yankee Hotel Foxtrot, sono stati una fonte d’ispirazione assoluta. Non mi piace la spettacolarizzazione della musica, quel modo di fare diventare divi gli artisti, la concorrenza e la pressione dei talent-show. Non mi piace come è cambiata la modalità per farti conoscere. Tutto troppo oneroso. Devi avere sempre energie a mille per stare al passo. Forse sono io che sono cambiato e, per forza, invecchiato rispetto agli esordi. Anni fa eri un pioniere che si conquistava l’attenzione con le canzoni. Non basta più.
Quali temi sono confluiti in questo nuovo lavoro discografico?
Michele: Divertente importante è una sorta di “concept album”: ogni canzone è legata da un filo che si estende per tutti gli undici brani. La scelta di mettere un orario della giornata, per ogni canzone dell’album, mi è venuta per la caratteristica degli argomenti trattati. Ho immaginato come certe situazioni si ripetono e ho condensato, nell’arco di una giornata, una serie di suggestioni raccolte nel tempo. Ci sono storie che ho avuto l’opportunità di ascoltare o di leggere che hanno influenzato i testi dell’album. Storie avvenute in luoghi e anni differenti ma unite dalla stessa intensità emotiva. Nei testi dell’album coesistono parti autobiografiche con situazioni vissute da persone diverse. Questa scelta mi ha permesso di allargare gli orizzonti e di inserire, nel flusso immaginario della giornata, emozioni e suggestioni differenti unite dalla stessa voglia di riscatto sociale. I protagonisti e le protagoniste delle canzoni hanno la vita scandita da giornate difficili, emotivamente provanti per l’incertezza quotidiana ma accomunati dallo stesso obiettivo di cambiamento e miglioramento della propria vita.
Hai avuto molte esperienze con i ragazzi delle scuole che cosa ti hanno lasciato?
Michele: In realtà si è trattato di laboratori musicali con ragazzi diversamente abili di Arona e con gli utenti del servizio di igiene mentale di Borgomanero. Dal punto di vista umano, sono state tra le esperienze più sentite ed emozionanti che ho avuto. I ragazzi, soprattutto quelli del centro di igiene mentale, hanno sviluppato una costante voglia di proporre testi e musiche fino a quando, per concludere, hanno registrato un intero cd. Sono orgoglioso di quello che è stato fatto. Ancora oggi quando ci incrociamo riparliamo di quegli anni, purtroppo finiti in tutti gli ambiti per mancanza di finanziamenti. Pare che sia meglio una rotonda di cemento in più che la felicità di persone verso cui la vita non è andata tanto per il sottile.
Che cosa vorresti per la tua musica?
Michele: Che venisse accolta con attenzione ai particolari. Dietro alla pubblicazione di un disco vi è un lungo lavoro fatto da tantissimi momenti diversi che vanno assemblati, piano piano, nel tempo. Coesistono emozioni che non tutti possono ovviamente conoscere. Mi piacerebbe che la valutazione del mio lavoro venisse compresa per l’autenticità che ha sempre contraddistinto la mia vita artistica e non solo. Fare qualcosa per cui l’ascoltatore possa essere affascinato da quello che propongo. Vale la regola che è meglio sorprendere che spaventare. Ultimamente però non faccio più questo ragionamento. Ho una storia alle spalle che parla per me. Mi sono accorto di essere più pignolo di un tempo e prima di pubblicare una canzone voglio essere totalmente soddisfatto, non solo contento, ma proprio completamente sicuro che ho dato il massimo per quella canzone. Ai tempi della band le parti deboli di una canzone le potevi far funzionare con gli strumenti a disposizione, organo, basso, chitarre, fiati. Ora quando compongo voglio che una canzone possa stare in piedi anche solo con la chitarra acustica. Tutto ciò che avviene dopo deve solo migliorarla non salvarla da un ipotetico cestino.
Intervista di: Francesca Fiaschi
MICHELE ANELLI
Biografia
Negli anni ottanta, dopo l’esperienza con la fanzine Fandango e le radio locali, Michele Anelli forma un gruppo di garagepunk, The StolenCars con il quale pubblicherà due album.
Nel 1989 inizia la propria personale carriera come autore di testi, musiche e band leader dei The Groovers, con i quali suona in tutta Italia pubblicando nell’arco di quasi vent’anni sette album (e un numero imprecisato di cassette e compilation) cantati in inglese.
Nel nuovo millennio, Michele Anelli inizia a lavorare anche su progetti musicali paralleli all’attività del gruppo. Tra i più rilevanti, figura la pubblicazione di un album per la rivista L’Ernesto, nel quale appaiono per la prima volta cinque suoi brani originali in italiano.
Nella primavera del 2007, senza smettere di suonare, cantare e comporre, fa il suo debutto come scrittore, pubblicando il suo primo libro, intitolato “Siamo i Ribelli – storie e canti della Resistenza italiana” (Selene edizioni), seguito nel 2013 dal volume intitolato “Radio Libertà – dalle radio della Resistenza alla resistenza delle radio” (Vololibero editore). Entrambi i libri, corredati di cd con rielaborazioni di brani del periodo resistenziale, sono stati, dal 2007 al 2017, parte integrante di spettacoli dal vivo incentrati sulle tematiche trattate nelle due pubblicazioni. (oggi mi alzo e canto?)
Sul piano della produzione musicale, il suo lavoro continua su molteplici strade, tra composizione e produzione di cantautori e band italiane.
Nel 2013 avviene la svolta definitiva cantautorale in italiano con la pubblicazione dell’album omonimo con la band pavese dei Chemako (USR Records), cui segue nel 2014, per Adesiva discografica, l’album “Giorni Usati”. Nell’autunno del 2017 viene pubblicato il nuovo libro di narrativa sul mondo femminile “La scelta di Bianca”, a cui è collegato l’omonimo spettacolo (che nasce dalla trasposizione sul palco del libro stesso che) Il libro contiene otto racconti al femminile, accompagnati da un cd con altrettante canzoni edite e inedite arrangiate dalle chitarre e dall’apporto elettronico di Elia Anelli.
Il 20 aprile 2018 esce il nuovo album, prodotto da Paolo Iafelice per Adesiva discografica, con Andrea Lentullo (Wurlitzer), Elia Anelli (chitarra elettrica) e Nik Taccori(batteria), distribuito da Self, con l’appoggio dell’ufficio stampa Parole e Dintorni. Il nuovo album è una sorta di concept di una giornata di lavoro. A ogni canzone corrisponde un orario della giornata, nel quale i sentimenti e le emozioni vengono sollecitati da ciò che una persona si porta dentro e dal vissuto che la circonda. Un lungo percorso di composizione e di ricerca, per accompagnare storie quotidiane e suggestioni nate da esperienze personali e da incontri con chi, anche inconsapevolmente, ha lasciato tracce di umana avventura. La scelta sonora si è indirizzata sull’uso esclusivo di pochi strumenti (musicali), perfezionando gli arrangiamenti a supporto del testo della canzone.