Arturo è un’isola e si potrebbe dire che è “completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. “
Ed Arturo fa parte di un tutto complesso pieno di problemi, di storie irrisolte, di fughe, di fallimenti e di nuovi inizi.
La sua vita su un tram di Andata ed uno di Ritorno in continuazione.
Porta Maggiore a Roma è sia il punto di partenza che di arrivo, con la sua umanità, il suo bel tempo, con le persone che si incrociano sul tram ognuna spersa nel suo mondo.
Arturo è un’isola, quella del romanzo e incontra un continente proveniente dalla mente di Platone: Atlantide.
Incontra, deve rincontrare, ma per la sfortuna che lo caratterizza non ritroverà Atlantide e la mitizzerà, perché si sa una ragazza che si chiama Atlantide va mitizzata soprattutto se è una donna dal carattere diretto, schietto, una cipolla di capelli tenuti su da una matita.
E poi c’è Celeste, innamorata, paziente, disposta a lottare per l’amore, ma Arturo riuscirà anche a rovinare quella storia.
O forse no.
O forse diverrà un padre responsabile.
O forse vivrà solo spalmato sullo sfondo di una Roma dalla geografia ben delineata nel corso del romanzo.
La scrittura, quella di Valentina Farinaccio, è a flusso di coscienza, quella coscienza che forse Arturo non ha, che prosegue per tutto il romanzo concatenando persone e situazioni senza interruzioni con la rifrangenza da onde del mare che appunto arrivano e ripartono.
Il lettore è preso, posto su un tram e segue il viaggio di Arturo, i suoi ircordi, le sensazioni.
Una scrittura precisa, netta, poetica ed affascinante per un romanzo di formazione, di distruzione, di possibilità per un ragazzo che finalmente decide di crescere.
Forse.
Recensione di: Luca Ramacciotti