• Capoversi su Kafka • Franco Fortini •
• in libreria dall’11 gennaio • pp. 96 • euro 12,00 • 978-88-98983-31-5 •
«Kafka è morto nel 1924. Potrebb’esser morto l’anno passato, a Auschwitz, o a Belsen,
questo ebreo di Praga. Egli ha saputo quello che noi abbiamo soltanto vissuto:
delle città che crollano sotto i «colpi successivi di un pugno gigante»,
degli uomini degradati fino ad essere gettati via nelle spazzature,
delle macchine per le torture, delle condanne senz’appello, eseguite di nottetempo.»
“Potrebbero addirittura commuovere le parole che Franco Fortini rivolge a Kafka in un testo uscito sulla «Lettura» del 17 gennaio del 1946, forse perché pensate da un giovane che all’epoca non aveva ancora compiuto trent’anni e sentiva il peso della Storia attaccata come fango alle suole delle scarpe. […] Posticipare di vent’anni la sua morte (nient’altro che un’ipotesi suggestiva, una chiave di lettura a posteriori) è dunque un espediente attraverso cui Fortini intende fissare una propria categoria interpretativa, l’unica a suo giudizio in grado di dare credibilità all’idea di un Kafka che travalica le porte del tempo per farsi “angelo della Storia”, secondo la definizione di Walter Benjamin, per avvalorare in altre parole l’immagine di un Kafka trattato alla maniera di un profeta o di un legislatore i cui passi provengono dal passato e si rivolgono all’infinito. «Egli ha saputo quello che noi abbiamo soltanto vissuto»: è sempre Fortini che scrive così. Sapere è qualcosa che precede l’azione del vivere, è la lucida epifania di chi ha già visto l’apocalisse e la vuole raccontare a un’umanità incredula.» — Giuseppe Lupo
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Poeta, saggista, traduttore e critico letterario, Franco Fortini (Firenze 1917 – Milano 1994) è una delle figure più rilevanti del Novecento italiano. Sin dagli esordi al fianco di Vittorini, ha indagato la condizione dell’uomo all’interno della società e nei fenomeni contraddittori della modernità, ponendo la sua scrittura all’incrocio tra politica, identità nazionale e cultura militante. Ha collaborato, oltre che con «Politecnico», con i maggiori periodici, fra cui «menabò», «Il Caffè», «Questo e Altro», «Quaderni Piacentini», e con i quotidiani «Corriere della Sera» e «Il Manifesto». Tradusse anche, tra gli altri, Flaubert, Élouard, Kierkegaard, Gide, Brecht, Proust, Weil, Goethe, Queneau e, a più riprese, si occupò dell’opera di Kafka. Della produzione in versi, che Luca Lenzini ha radunato in un Oscar Mondadori nel 2014, ricordiamo: Foglio di via e altri versi (1946), Poesia ed errore (1959), Una volta per sempre (1963), Questo muro (1973), Paesaggio con serpente (1984) e Composita solvantur (1994). Altrettanto significativi sono gli scritti di natura saggistica, inclusi in un Meridiano Mondadori nel 2003 sempre a cura di Lenzini, e che comprendono Dieci inverni (1957), Verifica dei poteri (1965 e 2017), L’ospite ingrato (1966 e 1985), I cani del Sinai (1967), i Saggi italiani e i Nuovi saggi italiani (1974 e 1987).