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CLEMENTE XI collezionista e mecenate illuminato

CLEMENTE XI collezionista e mecenate illuminato
a cura di Claudio Maggini in collaborazione con Stefano Papetti
7 dicembre 2017 – 25 febbraio 2018
Roma, Musei di San Salvatore in Lauro, Complesso Monumentale del Pio Sodalizio dei Piceni

Si svolgerà dal 7 dicembre 2017 al 25 febbraio 2018 nel Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni in Roma, la mostra CLEMENTE XI. Collezionista e mecenate illuminato a cura di Claudio Maggini in collaborazione con Stefano Papetti.
La mostra è promossa dal Pio Sodalizio dei Piceni in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, l’ANCI Marche e la Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù.
Clemente XI, Giovanni Francesco Albani di Urbino, assieme al Cardinale Decio Azzolino e alla Regina Cristina di Svezia oltrechè a Giuseppe e Pierleone Ghezzi, ha caratterizzato il momento di maggior gloria del Pio Sodalizio dei Piceni, allora Arciconfraternita della Santa Casa di Loreto. La mostra rende omaggio a questo grande Pontefice e alla sua prestigiosa famiglia. L’evento rientra nell’iniziativa “Il Pio Sodalizio dei Piceni per le Marche colpite dal sisma” mirata a tenere sempre viva l’attenzione dell’opinione pubblica sul dramma che ha colpito la Regione Marche nel 2016.
Il cardinale Giovanni Francesco Albani, urbinate, di famiglia facoltosa e riguardevole, salito al soglio Pontificio il 23 novembre del 1700 con il nome di Clemente XI, prima e durante il suo pontificato, rivela un considerevole gusto estetico e collezionistico. Partendo proprio da cospicuo fondo Albani, la mostra racconta, in quattro sezioni per 40 opere complessive, il percorso collezionistico dell’illuminato Pontefice. Considerevoli sono le opere e i nomi degli artisti che fecero parte dell’entourage di Clemente XI, che vanno da Carlo Maratta a Procaccini, a Francesco Mancini. E’ una mostra singolare, quasi una privatissima wundekammer che, nel bel percorso espositivo e scientifico, illustra con opere pittoriche, disegni e stampe, opere di oreficeria, le arti secondo il mecenatismo di papa Albani. Siamo in pieno barocco, gli artisti dell’entourage di Clemente XI risentono del gusto estetico del periodo, ma non vi aderiscono in pieno.
La mostra è un’importante occasione di studio e un osservatorio privilegiato sull’arte del ‘700 proveniente da quell’alveo produttivo che fu Urbino, da sempre crocevia di grandi artisti, da sempre fucina delle arti. Il fondo Albani, a lungo dimenticato, se non del tutto negletto o inesplorato dagli studiosi, è il fondo documentario della famiglia Albani risalente al 1818. Tale fondo ha il pregio di registrare e catalogare tutti i beni presenti nelle case della città di Urbino e di quelle poste nell’immediato circondario. Di questo patrimonio censito dal Notaio Parenti – Inventario degli eredi del Principe C. Albani del 1818 (1) – composto da 201 pagine dalla descrizione e cura del particolare degna d’essere accostabile a una vera ‘guida’ del palazzo storico urbinate, e come si diceva mai apparso in precedenza in testi di letteratura periegetica, ne scaturisce una ricca elencazione di dipinti dove risulta la presenza di antichi pittori, verosimilmente raccolte dal nonno e dal padre di Clemente XI, ma anche e soprattutto una lunga lista di oli su tela realizzati da autori attivi nella seconda metà del Seicento, non ancora di primo piano o emergenti, le cui commissioni possono essere riconducibili al porporato Albani, e poste in essere prima dell’elezione petrina, avvenuta nel 1700.
Infatti, ai dipinti di Raffaello, Barocci e suoi allievi, di Giovanni Lanfranco, Guido Cagnacci, Guido Reni e di Simone Cantarini, solo per citarne alcuni, vi sono affiancate numerose tele realizzate da pittori protagonisti della prima ora della politica artistica di Clemente XI.
Da Carlo Maratta e artisti a lui vicini, da Giuseppe Ghezzi al figlio di lui Pier Leone, fino a giungere a quegli autori come il paesaggista Alessio De Marchis e il vedutista Gaspar Van Wittel, che fanno parte della sua più avanzata politica artistica a Roma quanto a Urbino, sua città natale. A questo secondo contesto e relativo alle sole opere certe per documenti presenti nella residenza urbinate, è dedicato l’evento espositivo romano.
Clemente XI, illuminato mecenate e collezionista, durante il suo papato persegue una considerevole politica culturale, davvero degna di nota. La passione per l’erudizione determinò la fondazione di un’importante sezione orientale della Biblioteca Vaticana con il reperimento di numerosi e preziosi manoscritti; la sua sensibilità per la salvaguardia del patrimonio artistico-archeologico di Roma favorì l’azione meritevole di Francesco Bianchini e di Marcantonio Boldetti. Il suo fu un mecenatismo costituito da innovazioni, da scavi archeologici e da restauri di chiese e monumenti, di cui furono principali protagonisti i Fontana e Carlo Maratta: famosi restano i restauri delle stanze di Raffaello, del Pantheon, della basilica di S. Clemente e la scoperta e l’erezione della colonna Antonina.
Fu particolarmente grato alla sua città, Urbino: fu generosissimo nelle opere pubbliche, nella definizione di innumerevoli privilegi all’università locale e alla cancellazione dei debiti. Inoltre, continuando l’opera di Innocenzo XII, favorì l’attività di riordino dell’università di Roma intrapresa dal cardinale Spinola che giunse ad un’effettiva razionalizzazione della didattica e del numero dei professori di cui si curò maggiormente il livello professionale. In questo rilancio della Sapienza furono favorite le discipline giuridiche, prima fra tutte il diritto canonico, in conformità all’esigenza di formare legisti preparati in grado di contrastare validamente le innumerevoli obiezioni giurisdizionaliste. Infine, nel campo delle lettere intervenne nel 1711 a favore del poeta maceratese Giovanni Mario Crescimbeni per mantenere fortemente gerarchizzata e curiale la struttura dell’Accademia dell’Arcadia.
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Grafica Divina

SCHEDA TECNICA
mostra: CLEMENTE XI collezionista e mecenate illuminato
sede espositiva: Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni
Piazza di San Salvatore in Lauro, 15 – Roma
inaugurazione: 6 dicembre 2017 ore 18:00
periodo di apertura: 7 dicembre 2017 – 25 febbraio 2018
orari di apertura: lunedì – sabato: 9:00 – 13:00 / 16:00 – 19:00 – domenica 9:00 / 12:00 – chiuso nei festivi
ingresso gratuito
info: Artifex International Srls, tel: +39 06 68193064, info@artifexarte.it
Ufficio Stampa: Rosi Fontana – Press & Public Relations – info@rosifontana.it – mob. 335 5623246
CENNI BIOGRAFICI
Giovanni Francesco Albani, papa CLEMENTE XI, nacque il 22 o il 23 luglio 1649 ad Urbino da Carlo e da Elena Mosca, nobildonna di Pesaro.
La famiglia, già considerata molto facoltosa e riguardevole, aumentò notevolmente il proprio prestigio con il trasferimento a Roma; in particolare, il nonno di Clemente XI, Orazio, fu il maggior artefice della fortuna romana degli Albani. Fu segretario di Giustizia residente presso la corte di Roma del duca Francesco Maria II Della Rovere, e si rese utile al papa nelle trattative per l’incameramento del feudo di Urbino da parte della S. Sede. Il papa Urbano VIII, attento e sensibile a questo genere di servigi, l’aveva ricompensato nominandolo nel 1633 senatore di Roma; i Barberini, a cui “riuscì gratissimo” per i numerosi interventi “in tutte le loro discordie e occorrenze” divennero i protettori della famiglia. Tra i figli di Orazio, Annibale divenne primo custode e prefetto della Biblioteca Vaticana, Malatesta trovò impiego nelle armate pontificie e Carlo, il padre di Clemente XI, divenne maestro di Camera di Carlo Barberini.
Un ambiente familiare dotto favorì la prima educazione dell’Albani: lo zio materno, Girolamo Mosca, fu probabilmente decisivo nell’indirizzarlo alla carriera ecclesiastica. Nell’anno 1660, per volontà paterna, egli si recò a Roma per frequentare le “pubbliche scuole” del Collegio Romano.
Laureatosi nel 1668 in diritto ad Urbino, continuò a studiare filosofia, teologia, patrologia, controversistica e materie giuridiche. Nel 1670 si decise ad intraprendere la carriera ecclesiastica diventando canonico di S. Lorenzo in Damaso, grazie all’ennesimo intervento di Francesco Barberini.
Nel frattempo, partecipava a gran parte degli avvenimenti culturali dell’epoca: dai salotti Cartari e Favoriti, alle riunioni della Accademia degli Umoristi, alle giornate declamatorie dell’Accademia reale della regina Cristina di Svezia di cui godeva la stima incondizionata.
Nel 1677 entrò ufficialmente nella prelatura: Innocenzo XI lo nominò referendario delle due Segnature e consultore della Congregazione concistoriale, ed ebbe il governatorato di Rieti, della Sabina e Orvieto. Nel 1683 tornò a Roma per essere nominato vicario e giudice di S. Pietro con il privilegio di mantenere il canonicato di S. Lorenzo.
Il 27 settembre 1700 muore Innocenzo XII e il 9 ottobre 1700 inizia il conclave nella più assoluta incertezza: la rigidità dei cardinali delle potenze francesi e spagnole e la volontà degli zelanti di eleggere un papa “di petto e testa forte” faceva prevedere un lungo conclave. Il Cardinale Albani entrò in conclave non completamente ignaro della consistenza di una sua candidatura. Dopo la morte di Carlo II, la cui notizia giunse a Roma il 19 novembre, i cardinali elettori sostenevano l’assoluta urgenza di eleggere un uomo capace di far svolgere alla S. Sede una fruttuosa opera di mediazione tra le potenze europee e di ristabilire il prestigio papale. “Pignatellisti”, “ottobonisti”, “altierani”, “odescalchini” e i Barberini si trovarono d’accordo sull’Albani. L’elezione, già decisa il 20 novembre venne pubblicata il 23 novembre del 1700 ed egli prese il nome di Clemente XI.
Durante il papato è degna di menzione la sua politica culturale. La sua mai accantonata passione per l’erudizione determinò la fondazione di un’importante sezione orientale della Biblioteca Vaticana con il reperimento di numerosi e preziosi manoscritti; la sua sensibilità per la salvaguardia del patrimonio artistico-archeologico di Roma favorì l’azione benemerita di Francesco Bianchini e di Marcantonio Boldetti. Inoltre, la sua ansia di “rinfrescare e conservare” i fasti di una centralità spirituale di Roma si esplicitò, simbolicamente ed effettivamente, in un mecenatismo costituito più che da innovazioni da scavi archeologici e da restauri di chiese e monumenti di cui furono principali protagonisti i Fontana e Carlo Maratta (famosi restano i restauri delle stanze di Raffaello, del Pantheon, della basilica di S. Clemente e la scoperta e l’erezione della colonna antonina). Fu particolarmente grato alla sua città, Urbino: qui, ignorando ogni sorta di rigore, fu generosissimo nelle opere pubbliche, nella definizione di innumerevoli privilegi all’università locale e alla cancellazione dei debiti. Inoltre, continuando l’opera di Innocenzo XII, favorì l’attività di riordino dell’università di Roma intrapresa dal cardinale Spinola che giunse ad un’effettiva razionalizzazione della didattica e del numero dei professori di cui si curò maggiormente il livello professionale. In questo rilancio della Sapienza furono favorite le discipline giuridiche, prima fra tutte il diritto canonico, in conformità all’esigenza di formare legisti preparati in grado di contrastare validamente le innumerevoli obiezioni giurisdizionaliste. Infine, nel campo delle lettere intervenne nel 1711 a favore del Crescimbeni per mantenere fortemente gerarchizzata e curiale la struttura dell’Arcadia.
Il bilancio complessivo del pontificato di C. XI non si può certo considerare positivo. Eletto tra grandi speranze, egli fu un esecutore diligente ma di scarsa inventiva del suo zelante programma.
In politica religiosa subì l’iniziativa del potere civile e ruppe con un passato di prudenza per affrontare la battaglia contro il giansenismo con un’inflazione di risposte tipicamente curiali prive di un solido retroterra teologico e storico.
Fu interprete emblematico di una impreparazione generalizzata degli ambienti curiali di fronte ai movimenti profondi della società, degli Stati e della stessa realtà ecclesiale: egli rimase imprigionato, nel bene e nel male, in una cultura devota, controriformistica, obnubilata da una visione di un cattolicesimo trionfante e da un’inevitabile tentazione “oracolare” del magistero papale, fondati sulla rigida centralizzazione e sull’identificazione ormai storicamente agonizzante tra “Ecclesia Romana” ed “Ecclesia Universalis”.
Cagionevole di salute sin dal 1710, C. XI morì a Roma il 19 marzo 1721.

 

Rosi Fontana

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