Vanni Santoni con La stanza profonda (Editori Laterza) è stato tra i finalisti dell’ultima edizione del premio Strega. L’ho incontrato durante una presentazione alla Libreria La Vela di Viareggio, luogo di ritrovo di molti scrittori e la curiosità di leggere il suo romanzo è venuta di conseguenza, così come voler approfondire con una chiacchierata pubblica 😉
Ecco cosa ci siamo detti…
Dai rave party ai giochi di ruolo il passo è stato breve?
Sicuramente il passo è stato breve da Muro di casse, il libro immediatamente precedente alla Stanza profonda e dedicato, appunto, ai rave. Come La stanza profonda, il Muro è uscito per Laterza nella collana Solaris, ha un formato simile ed è un romanzo con elementi di saggio al suo interno. Nonostante abbia giocato di ruolo per quasi tutta la vita, non avevo mai pensato di farne un libro, probabilmente perché i tempi non erano ancora maturi per “storicizzare”. Quando dopo qualche mese fu chiaro che Muro di casse stava andando forte, Anna Gialluca, direttrice editoriale di Laterza, mi invitò a farmi venire qualche idea, per un libro da far uscire nella stessa collana. Fu così che realizzai di poterne scrivere uno sui giochi di ruolo: le due sottoculture, apparentemente molto distanti, avevano in realtà dei punti in comune molto forti: in entrambi i casi si era di fronte a qualcosa di non competitivo, congiuntivo, gratuito, il cui focus era la creazione di mondi altri, di una bolla di realtà alternativa, e che i media e in generale la società avevano sempre frainteso e a volte demonizzato.
Si parla di sottoculture con un’accezione che si ammanta di un significato dispregiativo che ne pensi?
Possono essere vulgate giornalistiche, dato che da un punto di vista sociologico il termine è di per sé neutrale. Questo a meno di intenderlo negativamente rispetto a ciò che a volte una sottocultura è stata prima di diventare tale, ovvero una controcultura, ancora in grado di impattare la realtà e cambiarla con forza rivoluzionaria, non importa se in piccola o larga scala. Quando questo potenziale rivoluzionario si esaurisce, ecco che le controculture si chiudono in sottoculture, definiscono propri codici precisi, diventano meno trasversali e rischiano di diventare autoreferenziali.
Prima volta della Laterza al Strega e primo autore scelto Vanni Santoni che effetto ti ha fatto?
Molto felice. È un grande onore vista la storia di Laterza e quella del premio. E poi il premio Strega è imbattibile nel farti arrivare a molti più lettori.
In che modo i giochi di ruolo possono essere considerati antesignani di Facebook?
Nei social network abbiamo interazioni virtuali attraverso alter ego proiettati tramite “schede profilo”: da scheda profilo a scheda personaggio, il passo è breve… Più in generale, i GdR anticipavano, con strumenti assolutamente analogici quali possono essere dadi e matite, la virtualizzazione in atto oggi, l’avvento di un mondo in cui non prendere sul serio qualcosa solo perché “virtuale” sarebbe evidentemente un’ingenuità.
Il libro è ambientato come molti in questo momento in provincia quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
L’Italia è una enorme provincia, quindi viene abbastanza naturale utilizzare la provincia come sfondo in un romanzo realistico. Non credo si possa parlare di vantaggi o svantaggi rispetto a una determinata ambientazione, dipende sempre dal libro. In questo caso, ambientarlo in provincia permetteva di raccontare, in parallelo alla crescita del fenomeno dei giochi di ruolo, la dissipazione di senso e comunità avvenuta, appunto, nella provincia italiana degli ultimi trent’anni, che si è trovata a passare da una dimensione industriale che ancora conservava elementi rurali, a una direttamente postindustriale, non senza shock.
Il libro è scritto usando la seconda persona singolare scelta insolita…
Avevo fatto una prima prova con Muro di casse, dato che raccontava un movimento eminentemente collettivo – uno dei suoi motti era del resto “you are the party” –: mi sarebbe parso poco onesto intellettualmente usare subito una prima persona, anche se partivo da materiali considerabili certamente “memoir”: non si poteva personalizzare qualcosa che esisteva anzitutto in quanto esperienza collettiva. Così nel prologo ho provato la seconda, e funzionava. Quando mi sono approcciato alla Stanza profonda, sono ripartito da lì dato che quanto detto per i rave valeva anche per i giochi di ruolo, e mentre scrivevo mi sono reso conto che la seconda persona è la persona del gioco di ruolo: il master ti parla col “tu” e parla al gruppo col “voi”. Così è venuto naturale usarla per tutto il libro, una scelta inusuale che però ha pagato.
Cosa ti aspetta?
Stanno arrivando ancora moltissimi inviti a presentare la Stanza profonda, ma, con l’eccezione di due date imprescindibili, con le scuole al Pisa Book Festival, e col suo pubblico di elezione a Lucca Comics & Games, devo chiudere il tour perché sta arrivando un altro libro. A fine ottobre uscirà infatti per Mondadori L’impero del sogno, un romanzo particolare, che ibrida urban fantasy, parodia dei generi e surrealismo, e devo dedicarmi a presentare quello.
Poi avrò un piccolo saggio sulla scrittura, atteso a primavera per minimum fax, e finalmente potrò dedicarmi solo alla scrittura della “cosa grossa”, un romanzo di largo respiro che covo già da un po’ di tempo.
Intervista di: Elena Torre
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