Dopo il grande successo di “Norwegian Wood” (Utet, 2016) Lars Mytting torna in libreria con “Sedici alberi” (Dea-Planeta, 2017), una grande opera sulle ferite ancora dolorose della seconda guerra mondiale in Europa
La storia è raccontata con lo sguardo di Edvard, un giovane che da piccolo è scampato nel 1971 a un misterioso incidente stradale nella Somme dove ha perso entrambi i genitori. Da allora vive nei fiordi norvegesi, imparando dal nonno l’arte di mandare avanti una fattoria e allevare pecore.
In seguito alla morte del suo unico parente, Edvard inizia a indagare sui rapporti tra il nonno e il fratello Einar, famoso ebanista, cercando di ricostruire, costantemente in bilico tra necessità, curiosità e paura, i tasselli dei rapporti familiari intersecati e determinati dalle catastrofi delle due guerre.
Quello di Edvard è così per tutto il romanzo un lungo viaggio negli abissi della propria coscienza e dei propri ricordi, nella storia dell’Europa spezzata prima dalla grande guerra poi dalla lucida follia nazista. E’ anche un avvincente viaggio geografico e umano che dai fiordi norvegesi porta ai boschi della Somme, passando dalle meravigliose isole Shetland.
Per Edvard sarà un percorso doloroso e indispensabile, in cui il suo mondo si apre a relazioni e a passati che fanno parte inesorabilmente di ciò che è.
Se la storia colpisce per l’abilità di Mytting di gestire una trama complessa, dai connotati storici e geografici ben contestualizzati, ancora di più stupisce come l’autore sappia districarsi con grande capacità tra introspezione psicologica dei personaggi e paesaggio.
Ciò che coinvolge il lettore non è solo la vicenda principale che si snoda intorno a una fitta rete di misteri personali intrisi della grande Storia, ma anche lo svelamento dei personaggi che si alternano pagina dopo pagina: ciascuno di loro porta addosso ferite, sensi di colpa, omissioni e questioni irrisolte in un gioco di relazioni che si configura come una grande partita a scacchi per cercare di afferrare la verità, molteplice e sfaccettata.
Il paesaggio gioca un ruolo fondamentale nel romanzo perché Mytting mette al centro la relazione tra natura e uomo: quelli che magistralmente fa interagire nella sua opera non sono solo scenari, ma parti attive e determinanti degli eventi. In ogni luogo in cui la storia ci porta Mytting non dimentica, nella densa serie di eventi e di colpi di scena, di aprirci lo sguardo sull’umanità e la storia che abitano certi posti. Ed è forse in questo sottofondo di intenti ben riusciti che l’autore, oltre a una storia capace di tenere il lettore interessato in ogni pagina, ci offre un’Europa da riscoprire: quella di persone e paesaggi molto diversi e che ha condiviso storie atroci nel nome di una libertà da riscoprire come segno d’appartenenza.
Recensione di: Erika Pucci