Naman Tarcha è un giornalista e conduttore televisivo siriano e ricercatore ed esperto in mass media arabi che vive da anni in Italia ed ha un occhio obiettivo sulla realtà a noi circostante.
Siriano di adozione italiana. Parlaci brevemente della tua storia e carriera.
Sono nato e cresciuto ad Aleppo e il mio primo viaggio in aereo è stato per Roma, un’esperienza bellissima, mi sono innamorato subito di questa città, ma di certo non immaginavo di tornarci. Quando mi fu offerta una borsa di studio decisi di trasferirmi in questa città lasciando casa mia, i miei genitori e venire quindi a studiare in Italia. Mi sono laureato qui. Il destino mi portava verso i Paesi del Golfo dove si trovano tutti i centri di produzione televisiva del mondo arabo, ma un anno prima di ciò ho iniziato a lavorare a Roma, prima ancora della laurea. Ho iniziato come producer per un programma di cinema e poi piano piano ho iniziato ad occuparmi del Medio Oriente approfittando del fatto di essere arabo, di parlare arabo e quindi offrire su ciò un’aggiunta diretta dovendo illustrare il mondo arabo. Andavo dall’arte, alla cultura, alla ricerca, allo studio di questo mondo, ho fatto diverse esperienze in tv, radio (dove fra l’altro in un programma da me ideato raccontavo i gruppi rock del mondo arabo), ho anche esplicato la politica del Medio Oriente che è un argomento molto vasto o di geopolitica araba che da sempre riveste un forte interesse per me fino ad essere stato scelto dopo un provino per un canale di Sky (Babel Tv) dove ho lavorato per tre anni come uno dei principali volti di questa emittente in qualità di rappresentante della cultura araba dato che in questo contesto ci si occupava delle varie etnie presenti in Italia. Purtroppo questo canale, per motivi economici, dopo tre anni ha chiuso ed io ora attualmente sto collaborando con molte emittenti arabe e con la RAI. Oggi sono reporter, corrispondente freelance.
In te si uniscono due realtà quella di origine (araba) e quella di adozione (italiana) come vivi questa dualità?
Fin dall’Università compresi subito che avrei dovuto sottolineare i punti di forza che avevo, ovvero il mio bagaglio culturale, la conoscenza del mondo arabo dovendo lavorare nel mondo della comunicazione. Questi aspetti dovevo attuarli, metterli in pratica e, devo dire, che questo mi ha aiutato tantissimo. Conoscendo le due realtà, quella del mondo arabo e quella italiana, potevo essere un “ponte” di collegamento tra queste due realtà che sono molto molto vicine, ma che in realtà non si conoscono. Siamo vicini di casa che non si guardano, ci sono realtà comuni che ignoriamo. Cercavo di raccontare al mondo arabo l’Italia in tutti i suoi aspetti, nella sua bellezza e ricchezza e dall’altra parte il mondo arabo all’Italia. In molto oggi credono di sapere tutto del mondo arabo, ma in realtà questi è molto molto ricco culturalmente e altrettanto vasto e certe cose sfuggono. Purtroppo ci si ferma solo alle cose superficiali, si perde la profondità di quello che chiamiamo mondo arabo, ma che in realtà contiene differenze e sfaccettature inpensabili.
Oggi si parla spesso di mondo arabo in relazione, purtroppo, agli attentati. Si parla di Siria, del suo governo, dei suoi problemi, ma pare tutto un gran calderone confusionario.
Nel mondo di oggi si tende sempre a catalogare le persone, inquadrarle, metterle in una scatola per appiccicarci sopra un’etichetta. Io da sempre sfuggo da questa situazione e infatti sui social media tra i miei followers c’è di tutto e ognuno cerca di catalogarmi dentro la sua propria visione. In realtà sono diverso da tutto non solo per la mia storia personale, ma anche familiare. Ho una nonna armena sopravvissuta al genocidio, una nonna greca, sono nato e cresciuto in Siria e pur essendo arabo sono cristiano, ma non ortodosso come in molti pensano, ma cattolico. Appartengo ad una famiglia di fotografi, mio nonno fu uno dei primi fotografi in Aleppo; si posizionava in piazza e venivano le famiglie a farsi le foto. Mio padre ha una lunga carriera di fotografo, uno dei primi artisti della foto, aveva un suo studio, per 45 anni è stato videomaker e poi direttore della fotografia nella tv di stato. Tutte queste diversità sono all’interno di me rendendomi ricco culturalmente e ciò mi porta a vedere le cose in modo diverso con un altro punto di vista che è “lontano” perché se si sta chiusi dentro le scatole si perdono i dettagli. In realtà questo mio essere per alcuni è un problema perché se non ti schieri, non appartieni a qualcuno cercano di non farti dire la tua opinione. Può essere una ricchezza o un problema a seconda di come viene usata.
Quando sono arrivato venivo guardato sempre male nel momento che affermavo di essere arabo o mediorientale. Erano i primi anni 2000 e tutta l’accusa del terrorismo gravava su chi apparteneva al mondo arabo. Sono passati molti anni e purtroppo oggi c’è di nuovo la dualità terrorismo – mondo arabo, Medio Oriente significa conflitto, guerra. Invece non corrisponde ciò alla verità. Il Medio Oriente ha moltissime cose belle da offrire anche se è vero che fino ad ora non ha potuto godere di un momento di pace e tranquillità, dove si possa esprimere al massimo la sua potenzialità, la sua bellezza. Oggi quando dico che sono siriano, anche quando do i documenti all’aeroporto, c’è questo attimo di silenzio, mi scrutano negli occhi per capire o per guardarmi con commiserazione soprattutto quando sanno che vengo da Aleppo. Purtroppo l’informazione in questi anni ha fatto anche molti danni perché raccontava solo una parte di ciò che avveniva. Per molti Aleppo non esiste più, è stata distrutta, e invece è una città che sta risorgendo che sopravvive, cerca di rialzarsi e ricostruirsi. Quello che in questi anni mi ha ferito di più è stata la sorta di censura subita chiedendomi di non rilasciare interviste sulla Siria, di non parlare della mia città perché rappresentavo un canale televisivo e non volevano essere schierati, ma per me era impossibile non parlare, difendere, la mia città. Anche oggi quando parlo c’è una sorta di emozione. E’ vero sono un giornalista, ma non posso non essere schierato perché è il luogo dove sono nato e cresciuto e non posso trattarlo in modo freddo, asettico. In tanti anni ho visto parlare della Siria senza conoscerla od aver mai incontrato un siriano, gente che parla della Siria in qualità di esperti e per me l’hanno conosciuta solo attraverso Google Maps.
Le differenze tra le varie nazioni del mondo arabo.
La confusione regna totale anche nell’opinione pubblica perché vengono diffuse informazioni contrastanti, contraddittorie non so se in buona fede o mala, ma il risultato è questo, una mancanza di serietà nel raccontare le cose. Se andiamo a trattare di cucina, musica, design se sbagliamo possiamo andare a correggere, ma se parliamo di cose sulle quali si basa il futuro di intere popolazioni o del mondo non possiamo raccontare una parte della verità o dire proprie opinioni spacciandole per realtà poiché stiamo giocando con il futuro di persone, popolazioni, paesi interi. Già parlare di mondo arabo crea confusione perché non è un blocco unico, ogni paese ha le sue realtà e le sue caratteristiche specifiche. Basta guardare anche linguisticamente ogni nazione ha il proprio dialetto, addirittura nelle sotto zone troviamo altri dialetti. La confusione totale si deve al fatto che parlando in positivo o negativo si tende a semplificare, ma questo non è corretto perché la realtà è complessa, va spiegata, capita, conosciuta. Il mondo arabo accoglie anche etnie diverse, con provenienza differente. Spesso dico che il medio Oriente assomiglia più all’Europa del Sud che ai Paesi del Golfo o persino al Nord Africa. Questo non viene spesso compreso. Il Mondo Arabo è frammentato, diviso. I conflitti oggi sono la causa di questi divisioni a livello etnico, linguistico e religioso. Ci sono più frammentazioni all’interno dell’Islam, ad esempio, che tra le Chiese Orientali che in Medio Oriente sono tantissime. C’è confusione tra Paesi Islamici e Paesi Arabi e, se mi si lascia il gioco di parole, ma descrive bene la realtà dei fatti, non tutti i Paesi Arabi sono Paesi Islamici e non tutti i Paesi Islamici sono Paesi Arabi. Ci sono tanti Paesi islamici che non sono arabi e Paesi Arabi che non sono islamici perché hanno all’interno altre religioni come la stessa Siria oppure il Libano, la Giordania o l’Egitto.
Cambiamo decisamente argomento. Parliamo di una cosa che unisce davvero tutti i popoli. La musica. La realtà del mondo arabo, la sua importanza, le sue caratteristiche.
Una delle cose importanti che sono riuscito a fare in questo periodo è stato parlare della musica araba all’interno di una trasmissione RAI dove ogni dieci giorni presentavo un cantante della scena pop araba ed è stata un’esperienza molto molto interessante perché era una delle prime volte che si ascoltava musica del mondo arabo e forse nemmeno gli stessi autori avevano realizzato l’ampiezza del messaggio trasmesso dato che in quel momento si associava il mondo arabo al terrorismo e noi parlavamo di musica che va al di là dei confini, dei popoli ed assomiglia molto alla musica sarda, siciliana o napoletana anche per i ritmi. Anche in radio ho ideato una trasmissione sui gruppi rock giovani del mondo arabo e sembrava di parlare di due realtà differenti, mentre esistono e vivono all’interno della realtà araba. Il mondo arabo vive e si nutre di musica, è un mondo vitale che malgrado i mali che subisce e le contraddizioni, in attesa di uscire da un tunnel, dal travaglio che vive, la gente ha voglia di musica, l’ascolta. I canali più seguiti in televisione sono quelli musicali e c’è un forte consumo di musica all’interno del mercato musicale arabo che è vasto, costellato di tantissimi paesi. Il messaggio non era solo conoscere l’altro, ma ascoltarlo Abbiamo un’espressione che è “tarab” e significa estasi e viene associata alla musica. C’è un’estasi nella musica quando viene ascoltata tanto che alcuni generi musicali arabi vengono proprio definiti con questo termine. Forse dobbiamo ascoltare la musica araba e darle lo spazio che necessita.
Un sogno nel cassetto.
Vorrei fare un programma per un canale italiano facendo un viaggio nel mondo arabo raccontando sia la musica araba sia le similitudini tra questo mondo, tra il Medio Oriente e il Sude dell’Europa, riscoprendone le realtà.
Intervista di:Luca Ramacciotti