Nessuna tomba, edizioni Cinque Marzo di Nicola Landi
Definire il libro una serie di undici racconti è limitativo e limitante. 11 storie popolate di persone di cui scopriamo un percorso della loro vita fino alla brusca fermata finale. Uno dei personaggi è ricorrente e chiude, completa il cerchio, unendo queste storie. Il litorale versiliese e le zone limitrofe fanno da sfondo a questa umanità amareggiata da una società in declino, persone già morte in vita che cercano una luce in fondo al tunnel. Un taxista, un musicista, un imprenditore, il proprietario di un negozio di dischi e la sua particolare clientela, un calciatore, un punk (la cui fine della storia è forse quella meno dichiarata), una giovane ragazza, un funerale laico, un’omosessuale sposato, un bambino che nei temi descrive i litigi dei genitori, il becchino.
Una scrittura rapida, incisiva che rende immediata l’immagine, l’emozione, la sensazione che viene descritta. Non si scivola mai nella banalità, nel pietismo, nella facile soluzione pur affrontando temi come il cancro, l’emarginazione o il fallimento personale.
Tra citazioni musicali disparate per generi, autori e cronologia (ogni racconto è aperto da una citazione musicale), cinemtografiche e letterarie (senza mai appesantire la narrazione) viene fuori la preparazione l’interesse culturale a 360° dello scrittore.
Sorprende tutto ciò data la giovanissima età del Landi (classe 1990) i cui frammenti biografici si stemperano in varie parti di racconti (lui stesso è stato gestore di un negozio di dischi).
Un’analisi della società fatta con occhio sapiente, consapevole e lucido che porta a leggere i racconti come se fossero di genere giallo tanto è la curiosità e la tensione narrativa all’interno di essi. Se già al secondo racconto si inizia a intuire che ognuna di quelle storie non è destinata al “lieto fine” poco importa perché inevitabilmente seguiremo le vicende di ognuno di questi esseri perduti sperando che prima o poi in realtà si arrivi ad un liete fine. E forse in realtà un lieto fine si ha, a seconda dei punti di vista, proprio al termine dell’ultimo racconto.
Articolo di: Luca Ramacciotti