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Animali in città Legambiente presenta l’indagine sulla gestione degli animali d’affezione

Animali in città “Urge strategia nazionale per tutelare il benessere degli animali in città e ridurre la spesa pubblica”

Animali in città Legambiente presenta l’indagine sulla gestione da parte di comuni e Asl degli animali d’affezione 245 milioni di spesa pubblica un quadro fortemente disomogeneo ottimo solo per Terni, Peschiera Borromeo (MI) e Formigine (MO) tra i Comuni e per Napoli 1 Centro tra le aziende sanitarie locali

245 milioni di spesa pubblica nel 2015. A tanto ammonta l’esborso dichiarato dalle amministrazioni comunali (144 milioni) e dalle aziende sanitarie locali (101 milioni) per la gestione degli animali (d’affezione e non) nelle nostre città. Sicuramente troppo rispetto ai risultati raggiunti, se si considera che solo il 12% dei comuni e il 43% delle aziende sanitarie locali che hanno risposto al questionario inviato da Legambiente per stilare il suo rapporto Animali in città ottengono la sufficienza. Troppo anche perché buona parte dei costi (l’80% per i Comuni) è assorbita dai canili rifugio, strutture indispensabili secondo il modello attuale, ma fallimentari rispetto al benessere animale e alla prevenzione del randagismo.

Grafica Divina

 

Animali in città valuta i servizi che le amministrazioni comunali e le aziende sanitarie locali dichiarano di offrire ai cittadini che hanno animali d’affezione e, in generale, per la migliore convivenza in città con animali padronali e selvatici. In altre parole, cerca di mettere in luce se e come gli enti preposti a regolamentare, gestire e controllare si siano adeguati al cambiamento culturale che negli ultimi 20 anni ha visto quadruplicare i cani e i gatti nelle case degli italiani.

È un lavoro complesso, che incrocia numerosi parametri e indicatori e restituisce una situazione sul territorio fortemente disomogenea. Anche perché le competenze in materia sono demandate a regioni e comuni e, al netto della legge per la tutela di cani e gatti (la 281 del 1991), non esiste una legge nazionale che regolamenti in modo unitario la convivenza tra uomini e animali negli 8.000 comuni italiani.

 

L’indagine di Legambiente, quest’anno alla sesta edizione, nasce dalla convinzione che alcune delle principali sfide che interessano la complessa e plurale relazione che abbiamo con gli animali si giochino nelle aree urbane, dove la convivenza, sempre più stretta, con gli animali ha bisogno di essere pensata e governata in modo nuovo. Per il benessere di uomini e animali. Accompagnano l’analisi anche le risposte dei cittadini a un sondaggio d’opinione sulla percezione della situazione nella propria città. Animali in città ha il patrocinio di ANCI – Associazione nazionale comuni italiani, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ENCI – Ente nazionale della cinofilia italiana, ANMVI – Associazione nazionale medici veterinari italiani, FNOVI – Federazione nazionale ordine medici veterinari italiani.

 

I risultati dell’indagine sono stati presentati questa mattina a Milano presso la sede dell’Enci. Sono intervenuti, tra gli altri, Antonino Morabito, responsabile Benessere animale di Legambiente, Dino Muto, presidente ENCI, Carla Bernasconi, vicepresidente nazionale FNOVI e Francesco Orifici, ANMVI Lombardia. Ad illustrare alcune esperienze territoriali, Carolina Toia, Consigliere regionale Componente “VI Commissione permanente – Ambiente e protezione civile” della Regione Lombardia, Federico Nannurelli, Dipartimento Lavori Pubblici – Gestione del Territorio del Comune di Terni, Marco D’Onofrio, consigliere comunale con delega alle Politiche per i diritti e la salute degli animali di Peschiera Borromeo (MI), Vincenzo Caputo e Marina Pompameo, ASL Napoli 1 Centro.

 

Al questionario inviato da Legambiente a tutte le amministrazioni comunali italiane e a tutte le aziende sanitarie locali (27 domande per i comuni, 20 per le Asl, raccolta dati online da aprile a ottobre 2016, su dati consuntivi del 2015) hanno fornito risposte complete 1.107 comuni e 80 Asl, per le quali è stata condotta l’analisi. Rappresentano rispettivamente il 13,8% delle 8.018 amministrazioni comunali italiane (e sono responsabili per i servizi di 17.994.107 cittadini) e il 54,4% delle 147 aziende sanitarie locali (responsabile dei servizi per 4.983 tra comuni e/o circoscrizioni e 37.309.574 cittadini). La capitale non ha fornito risposta.

 

Il 39,3% delle amministrazioni comunali ha dichiarato di aver attivato l’assessorato e/o l’ufficio dedicato al settore. Il 98,7% delle Aziende sanitarie locali ha risposto di avere almeno il canile sanitario e/o l’ufficio di igiene urbana veterinaria (in tre casi anche l’ospedale veterinario). In queste strutture le amministrazioni comunali dichiarano di impegnare complessivamente 705 persone (in media 0,6 unità a città) e le aziende sanitarie locali 594 persone (media 7,4 unità per azienda).

Teoricamente, dunque, più di un terzo dei comuni e la quasi totalità delle aziende sanitarie locali dovrebbe essere in grado di fornire risposte adeguate, ma non è così. Solo 3 città (0,3% del campione) – Terni, Peschiera Borromeo (MI) e Formigine (MO) – totalizzano i punti necessari a raggiungere una performance ottima. Ventidue città (il 2% del campione) ottengono una performance buona, 132 città (l’11,9% del campione) una performance sufficiente.

Sono 35 le aziende sanitarie che raggiungono una performance sufficiente (il 43,75% delle 80 che hanno risposto), 13 le Asl con una performance buona (16,25% del campione) e una sola – Napoli 1 Centro – con una performance ottima.

 

“Urge una strategia pubblica che sappia ridisegnare, nazionalmente, la gestione degli animali in città, per tutelare davvero il loro benessere e ridurre al minimo gli elementi di conflittualità – ha dichiarato Antonino Morabito, responsabile Benessere animale di Legambiente -. Occorre fornire al paese gli strumenti per gestire al meglio la convivenza sempre più stretta in ambito urbano tra i nostri animali e noi. Meglio di quanto sia stato fatto finora, perché di fatto la situazione è drammaticamente disomogenea e carente su molti fronti, nonostante l’ingente spesa pubblica e il lavoro messo in campo dagli enti più virtuosi. Occorre, poi, essere in grado di controllare l’applicazione di norme e regolamenti, perché anche la regola migliore senza un adeguato e regolare controllo perde la sua efficacia. Oltre a recuperare il ritardo accumulato con cani e gatti – ha aggiunto Muroni – il tema del controllo demografico va affrontato anche per le altre specie ‘da compagnia’. Perché anche in questi casi si ripresenta l’assenza di una strategia pubblica preventiva che disegni scenari credibili per i prossimi decenni e assuma scelte che riducano tanto le sofferenze animali quanto le ricadute negative su altri aspetti sociali ed economici”.

 

L’anagrafe canina (l’unica anagrafe obbligatoria ad oggi per gli animali in città) è lo strumento principale per conoscere le presenze dei cani padronali sul territorio. È di competenza delle Aziende sanitarie locali, fatta eccezione per le regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dove l’obbligo di tenerla ricade sui Comuni. La media nazionale è di un cane registrato ogni 7,19 cittadini. Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Emilia Romagna e Veneto risultano le regioni più virtuose in quanto a registrazioni (con un cane ogni 4 abitanti circa). In fondo alla tabella, Puglia (un cane registrato ogni 10,86 abitanti), Sicilia (12,2) e Calabria (17,91).

Tra le città capoluogo che hanno risposto al questionario, in negativo ci sono Catanzaro (1 cane ogni 463,5 residenti) e Lecce (1 ogni 218,5), in positivo Macerata (1 ogni 2,7) e Arezzo (1 ogni 4,1). Tra le aziende sanitarie, quelle che dichiarano di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti all’anagrafe canina nel proprio territorio sono il 96,2% per una media di un cane ogni 6,98 cittadini.

 

La spesa, prevalentemente riferita alla “gestione” della popolazione canina nei contesti urbani, sostenuta dalle amministrazioni comunali e dalle regioni (tramite i servizi veterinari delle aziende sanitarie), al netto dei contenziosi (ad esempio incidenti stradali o danni all’allevamento causati da cani vaganti) e dei fondi statali, è stimabile in 245.695.481,00 euro, pari a 4,09 volte la somma impegnata in Italia per tutti i 23 Parchi nazionali italiani (56.758.382,31 euro, riparto 2015) più le 14 Riserve Naturali dello Stato (3.221.708,93 euro, riparto 2015) oppure a 70,2 volte la somma impegnata in Italia per tutte le 27 Aree marine protette (3.500.000,00 euro, riparto anno 2015).

 

I comuni dichiarano di spendere l’82,9% del bilancio destinato al settore per la gestione dei canili, circa 119.694.345,00 di euro della spesa stimata per il 2015. Dichiarano di gestire queste strutture in proprio nell’12,63% dei casi, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico nel 32,08% dei casi e tramite associazioni in convenzione nel 55,29% dei casi. Solo un quinto dei comuni tuttavia dichiara di sapere quante siano le strutture dedicate agli animali d’affezione. Dai dati forniti risultano 108 canili sanitari, 48 gattili sanitari, 173 canili rifugio, 75 oasi feline, 16.300 o 14.907 colonie feline (in due domande del medesimo questionario le risposte ricevute dalle amministrazioni comunali variano incomprensibilmente), 1.246 aree urbane per cani, 244 pensioni per cani, 131 allevamenti di cani, 143 campi di educazione e addestramento cani.

 

Il 100% dei contesti urbani ha gatti liberi più o meno “autorganizzati” in colonie. La corretta gestione delle colonie feline è uno degli elementi che facilita il buon rapporto con gli animali in città o che, al contrario, può ingenerare frequenti conflitti. Solo il 22,22% dei comuni dichiara di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio e da questi monitoraggi risulterebbero 14.907 colonie, con oltre 156.217 gatti e 42.810 cittadini impegnati. Rispetto al numero dei cittadini residenti, le amministrazioni comunali che risultano più amanti dei gatti (in colonie feline) sono: Aymavilles (AO) con 1 gatto ogni 4 cittadini, Scarlino (GR) con 1 gatto ogni 10 cittadini, Arezzo con 1 gatto ogni 12 cittadini, Montecalvo in Foglia (PU) con 1 gatto ogni 13 cittadini, Sanremo (IM) con 1 gatto ogni 15 cittadini. Solo il 70% delle Aziende sanitarie dichiara di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio e da questi monitoraggi risultano 23.083 colonie per 277.071 gatti.

 

Il randagismo rappresenta l’elemento principale di sofferenza e conflittualità per gli animali e il costo economico più significativo a carico della collettività. Quanti tra i cani vaganti che vengono catturati rimangono a soffrire nei canili rifugio e quanti, invece, trovano un padrone o sono reimmessi sul territorio come cani liberi controllati? In media, secondo le amministrazioni comunali e le Asl, su 4 cani catturati, 3 hanno trovato nel 2015 una felice soluzione. Ma l’indagine restituisce situazioni locali molto diverse. Ai capi opposti della classifica, la Asl Nuoro dichiara una soluzione positiva ogni 18 cani catturati, mentre la Asl Foggia riporta di aver trovato soluzione a più di 5 cani a fronte di un cane catturato. Secondo le risposte fornite dai comuni, le performance peggiori nel ricollocamento dei cani sono state ottenute in Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata e Campania, come conferma anche l’incrocio dei dati con quelli sull’anagrafe canina regionale.

 

L’48,87% dei comuni dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città, mentre l’accesso ai locali pubblici e negli uffici è regolamentato in poco più di un comune su 9 (nell’11,38% dei casi). I comuni costieri che hanno regolamentato l’accesso alle spiagge sono ancora il 6%. Pochi, 5,24%, anche i comuni che hanno adottato un regolamento per facilitare cremazione, inumazione e tumulazione dei nostri amici a quattro zampe. Arrivo e sosta di spettacoli con animali sono regolamentati nel 9,03% dei comuni. Botti e fuochi d’artificio nell’11,56%. Poco più di un comune su 15 ha adottato (6,59% dei casi) ha adottato un regolamento contro l’uso di esche e bocconi avvelenati, che si sta prepotentemente affacciando dalla campagna in città.

 

Anche rispetto agli spazi aperti dedicati agli animali d’affezione (le cosiddette “aree per cani”), i dati restituiscono una realtà assai differenziata. Stando ai comuni che hanno risposto positivamente (16,17%) risultano 1.246 aree, in media uno spazio dedicato ogni 8.789 cittadini residenti, distribuito ogni 10,5 chilometri quadrati. In positivo, Segrate (MI) dove risulta un’area per cani ogni 1.335 cittadini e ogni 0,70 kmq. Molto bene anche Milano con un’area dedicata ogni 3.527 cittadini e una distribuzione spaziale ogni 0,52 kmq. In negativo, Napoli dove risulta un’area ogni 246.363 cittadini e una distribuzione spaziale ogni 29,76 kmq e Messina (120.799 cittadini e ogni 106,88 kmq).

 

Infine, diversi segnali indicano che stanno crescendo rapidamente di numero altre specie animali, purtroppo non solo domestiche – roditori, rettili, uccelli, invertebrati – alle quali stiamo assegnando, indipendentemente dalle loro esigenze etologiche e spaziali, la funzione di animali da compagnia. In molti casi, queste specie sono costrette a vivere, loro malgrado, in contesti artificiali, dove le criticità emergono in pochissimo tempo, producendo enormi sofferenze animali e costi sociali ed economici crescenti. È urgente intervenire subito per regolamentare il fenomeno.

 

Quest’anno, accompagna il rapporto anche un sondaggio d’opinione, condotto online dal 25 ottobre al 23 novembre 2016, che misura il grado di soddisfazione dei cittadini sui servizi offerti dalle amministrazioni comunali e dalle aziende sanitarie in relazione agli animali in città.  Mille e ventuno i questionari completi su cui è stata condotta l’analisi, sulle 5 mila risposte pervenute. Sono importanti le differenze tra le regioni, con un indice di gradimento decrescente da nord a sud. In sintesi, circa la metà del campione ritiene insufficiente o mediocre il livello dell’offerta sui vari fronti presi in considerazione. La nota più dolente è l’azione di controllo e vigilanza delle Polizia municipale su maltrattamenti animali o mancata raccolta degli escrementi, ritenuta insufficiente o mediocre da più di otto cittadini su dieci. Il giudizio migliore quello che gli italiani attribuiscono all’impegno personale: poco più di un cittadino su dieci ritiene insufficiente o mediocre il proprio impegno in tema di animali. Cinque cittadini su dieci ritengono, però, insufficiente o mediocre l’interesse verso gli animali dei loro concittadini e sei cittadini su dieci ritengono insufficiente o mediocre l’impegno del proprio sindaco in tema di tutela degli animali.

Sette cittadini su dieci hanno una percezione insufficiente o mediocre del numero, della pulizia e della fruibilità delle aree verdi. Oltre cinque cittadini su dieci hanno una percezione insufficiente o mediocre dell’offerta di locali pubblici in cui è possibile accedere con il proprio cane. Quasi cinque cittadini su dieci ritiene insufficiente o mediocre il servizio offerto dalle aziende sanitarie locali su cani o gatti vaganti. Poco più di quattro cittadini su dieci ritiene insufficiente o mediocre il servizio ricevuto dalle aziende sanitarie locali per i propri amici a quattro zampe. Poco più di sei cittadini su dieci ritiene insufficiente o mediocre il servizio offerto dalle amministrazioni comunali su cani o gatti vaganti. Poco meno di sei cittadini su dieci ritiene insufficiente o mediocre il servizio ricevuto dalle amministrazioni comunali per i propri amici a quattro zampe.

Composizione campione sondaggio: 717 donne e 304 uomini, così distinti per classi di età: fino a 17 anni 3 persone; da 18 a 34 anni 286 persone; da 35 a 44 anni 223 persone; da 45 a 54 anni 239 persone; da 55 a 65 anni 210 persone; infine oltre i 65 anni 60 persone. Il campione è risultato inoltre distinto nelle seguenti aree geografiche: Nord-Ovest 291 persone; Nord-Est 120 persone; Centro 298 persone; Sud 263 persone; Isole 49 persone.

 

https://legambienteanimalhelp.it/animalincitta/

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