Alle sette e quarantuno del 23 febbraio 2015 le sirene cessano il frastuono che per qualche minuto ha assordato Roma; ora la Città Eterna resta immobile, immersa in un silenzio innaturale. È cominciato il black out programmato per 24 ore e annunciato alla popolazione con un preavviso brevissimo, un provvedimento d’urgenza reso necessario dall’avaria di una delle quattro grandi centrali elettriche colpita da un fulmine. Da 72 ore una violenta ondata di maltempo flagella la città con vento e nubifragi, la piena del Tevere comincia a preoccupare sul serio e la pericolosa combinazione con la sospensione dell’energia elettrica, e di conseguenza di internet e di tutte le comunicazioni, benché indispensabile per provvedere alle riparazioni necessarie per evitare il disastro totale, spaventa moltissimo la polizia. Di fatto, per 24 ore la città sarà allo sbando, in balia di orde di delinquenti di ogni specie impossibili da controllare e – cosa non meno inquietante – degli istinti più primordiali, dal terrore folle alla voglia di vendetta, anche banale tra vicini. Il buio, insieme alla consapevolezza delle oggettive difficoltà delle forze dell’ordine, romperà gli indugi e scioglierà le inibizioni. Nel “formicaio”, l’unità di crisi della polizia situata in un bunker nei pressi del ministero degli Interni, l’attività è stata frenetica nelle ore precedenti il black out, ma adesso è ben chiaro che è stato tutto vano e che niente è controllabile là fuori. Ma perché il capo della polizia ha convocato anche Sandra Vega, ex fotorilevatrice della Scientifica, ora, per sua scelta, passata ai passaporti? Lei non ha più intenzione di farsi coinvolgere in indagini simili a quelle di cui si occupava in passato, ma quando le viene mostrato un orribile filmato di sevizie contenuto in un cellulare ritrovato da un tassista la sua sicurezza vacilla: il particolare che le ricorda Marcus, il suo Marcus, le fa cambiare idea. Cosa c’entra con quelle torture indicibili l’ultimo penitenziere, colui che ha incrociato la sua strada diverse volte in passato, l’uomo con il quale nonostante la distanza ha un legame fortissimo? Eppure tra loro c’è stato soltanto un bacio… Marcus, l’uomo che in quel momento si sta svegliando in un luogo freddo e umido sottoterra, completamente nudo, con le mani legate, destinato a morire di inedia. Intanto il black out ha riportato alla memoria di alcuni tra coloro che si stanno occupando di un altro pericolo gravissimo che Roma sta per affrontare proprio in questo momento una antica profezia. Quella legata alla misteriosa bolla emanata da Leone X nel 1521 nove giorni prima di morire, nella quale impone che “mai mai mai” Roma debba rimanere al buio. Ingiunzione rispettata da secoli e bolla di fatto mai ritirata. Cosa sta succedendo veramente di così terribile nella Capitale?
Metti una vecchia profezia, un mistero storico di tipo filologico- teologico, un morbo misterioso, una antica setta eretica e blasfema, tenebre inquietanti e una pioggia ininterrotta, e ottieni una trama intrigante che ti costringe a non lasciare la storia che stai leggendo fino a che non arrivi alla conclusione. Questo è il nuovo romanzo di Donato Carrisi, il migliore scrittore italiano di thriller in circolazione, il terzo libro dedicato alla coppia Sandra e Marcus dopo Il tribunale delle anime e Il cacciatore del buio. Stavolta la storia che coinvolge la tormentata poliziotta dal passato traumatico e l’ultimo esponente della Santa Penitenzieria Apostolica, nota appunto come Tribunale delle anime, il primo tribunale fondato dalla Curia romana nel XIII secolo, si tinge di sfumature dark, più che mai al limite del gotico. La trama risulta particolarmente articolata – tanto da dare l’impressione che ci sia un po’ troppa carne al fuoco – e a tratti, a dire il vero, appena inverosimile ma assolutamente coinvolgente in ogni caso. Nonostante non sia originalissima l’idea della temporanea e pericolosa sospensione dello stato di diritto, l’intuizione di adattarla ad una Roma mai così misteriosa e spaventosa, preda del caos, delle ombre e del Male, appare assai efficace. Scrive Carrisi nella nota finale che l’idea del romanzo è nata all’indomani dell’episodio della devastazione della fontana della Barcaccia ad opera degli hooligans olandesi; ancora scosso l’autore dice di aver domandato ad un amico studioso in quale modo Roma potrebbe essere distrutta in poche ore e si è sentito rispondere che basterebbe una pioggia incessante di due giorni che mandi in tilt una centrale elettrica. E davvero la sensazione di angoscia che questa situazione, adattata al romanzo, crea nel lettore è notevole, e fa pensare con un certo turbamento a come si sentiremmo nella reale impossibilità di comunicare, abituati come siamo a raggiungere in breve chiunque in qualunque luogo. In questa atmosfera apocalittica la storia del penitenziere, che stavolta è costretto a cercare le anomalie che rivelano il Male lì dove mai avrebbe immaginato, trascina il lettore tra inaspettati colpi di scena e misteri inanellati gli uni agli altri. Mai il Male è stato così oscuramente affascinante come in questo romanzo, forse imperfetto (perché Carrisi ha deciso la parentesi di Sandra in uno strano locale nel quale si consuma sesso occasionale con sconosciuti? La sensazione è che sia una forzatura fuori luogo), ma imperdibile, soprattutto per chi segue fedelmente questo scrittore. Eppure, come fin dall’inizio di questa mini saga, il fascino maggiore lo esercita, con i suoi oscuri misteri inviolabili, il vero Tribunale delle anime che ancora oggi si occupa di peccati innominabili e fatti oscuri, e vanta un archivio di confessioni segretissime come fosse, di fatto, il più antico archivio criminale esistente. Ha davvero ragione Carrisi quando nei ringraziamenti, su tutti, ricorda la Santa Penitenzieria Apostolica che fin dall’inizio ha accettato di aprirgli la sua Cancelleria.
Il maestro delle ombre
Donato Carrisi
Romanzo thriller
Longanesi
2016
Articolo di: Alessandra Farinola