Lisa Giorè ha appena pubblicato il suo album d’esordio “Le vie dell’insonnia”, un disco dall’identità eclettica. Una radice pop-cantautorale sfiora in ogni brano rock ed elettronica, swing e folk. Lisa fino al 2014 faceva parte della band “La fabbrica di polvere” con Debora Porciello, Leonardo Montalbano, Nicolò Grascelli. Ecco cosa ci ha raccontato sul suo nuovo progetto discografico.
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Quali sono gli ingredienti per scegliere un singolo?\r\nTi rispondo raccontandoti quali sono stati quelli che hanno portato a scegliere “Scarse prospettive” come primo singolo estratto dall’album: inizialmente avevamo programmato di far uscire un altro brano, ma una volta terminata la postproduzione, ci siamo accorti che “Scarse prospettive” aveva delle caratteristiche che saremmo stati pazzi ad ignorare: non era certo il brano più rappresentativo dell’album, ma era indubbiamente quello più orecchiabile, con quel riff di chitarra che si appiccica in testa, quel sound apparentemente allegro e scanzonato, l’argomento passepartout “storia d’amore allo sfascio” di facile comprensione, il sapore ironico con cui poter giocare anche nel video che inevitabilmente lo avrebbe accompagnato, insomma era perfetto nel suo genere e potenzialmente adatto a passare in radio. La scelta è stata ragionata, d’altronde come emergente ho bisogno di risultare appetibile per le radio e ricordata dagli ascoltatori nel più breve tempo possibile, quindi credo che sia stata la miglior scelta da fare in quel momento.
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Cosa non deve mai mancare in un brano che ascolti e in uno che scrivi?\r\nPer quanto riguarda i brani che ascolto non ci sono elementi standard la cui mancanza mi porti a non apprezzarli, ascolto davvero di tutto: nella mia collezione di dischi convivono in pace tra loro i Backstreet Boys e gli Iron Maiden, gli Aqua ed i Dream Theater, i Matia Bazar e i System of a Down, ognuno ha qualcosa che mi piace, la musica è talmente varia e composta da così tanti elementi che troverei piuttosto ottuso fossilizzarsi su un unico genere. Posso dirti però quale è un elemento che, soprattutto nelle canzoni italiane, mi crea quasi sempre un forte senso di fastidio: i testi finto-profondi di certi autori convinti di fare poesia raffinata, ma che in realtà non fanno altro che lunghi elenchi di frasi banali ed immagini scontate ed abusate. Non a caso, per finire di rispondere alla domanda, nei brani che scrivo io l’elemento che non deve mai mancare è un testo ben fatto, quantomeno secondo i miei canoni.
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A quali modelli musicali guardi?\r\nLa figura per me più importante musicalmente parlando è stata Alice, che ho iniziato ad ascoltare da bambina e che non ho mai smesso di ascoltare. Di lei amo la varietà della musica, l’attenzione verso le parole, la capacità di fondere la sua arte con quella di altri artisti, siano essi musicisti, scrittori, poeti o filosofi. E un altro aspetto ammirevole è quello di non aver ceduto la sua arte e la sua persona alle logiche del mercato discografico che volevano farla diventare una pop-star, ha deciso di fare ciò che voleva proprio all’apice della sua carriera, consapevole del fatto che questo si sarebbe tradotto in una drastica perdita di visibilità.
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Quali suggestioni contiene il tuo ultimo lavoro discografico?\r\nPioggia in tutte le sue declinazioni, nebbia, freddo, foglie che cadono. In questo disco ci sono l’autunno e l’inverno che stanno intorno a noi per metà dell’anno e dentro di noi per periodi anche molto più lunghi.
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Come si racconta il presente?\r\nCi sono tanti modi per farlo, dipende dalla propria sensibilità e dalla funzione del racconto stesso. Si può essere razionali, realistici e brutali, oppure visionari, surreali e metafisici. Lo si può fare in un’ottica intimistica o addirittura egocentrica, come invece si può raccontare tutto da un punto di vista sociale e magari in modo distaccato ed asettico. E comunque il presente praticamente non esiste, diventa passato nell’istante stesso in cui lo viviamo.
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Cosa vorresti per la tua musica?\r\nUn pubblico sensibile ed attento alle parole, alle sfumature, ai significati nascosti, alle chiavi di lettura multiple.
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Intervista di: Lucrezia Monti
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