Dall’autore di Arab Jazz, caso letterario internazionale, un illuminante memoir sul tema dell’identità e dell’appartenenza, che è insieme saggio, racconto, testimonianza e radiografia della complessità del mondo.\r\nL’autore sarà ospite del Salone del Libro di Torino, domenica 15 maggio.\r\n\r\n \r\n\r\nNato da padre mauritano, diplomatico e musulmano, e da madre francese, assistente sociale, professoressa, atea e femminista, per tutti Karim Miské è sempre stato «quel tipo bizzarro, con la faccia da arabo e i modi da bianco».\r\nRimbalzato senza tregua tra un’identità e un’altra, sin da bambino cerca una categoria alla quale appartenere, finendo per non accettarne nessuna. Il suo specchio e gli altri gli riveleranno sempre l’immagine di un bastardo, un emarginato, un intruso. Perduto tra mondi diversi – arabo, bianco, cristiano, ateo, musulmano, nero, comunista – e tra svariati paesi – la Francia, la Mauritania, e anche l’Albania di Enver Hoxha –, Miské è «il granello di sabbia nell’ingranaggio dell’identità», perennemente in lotta con il riflesso più difficile da evitare, lo sguardo degli altri. E se all’inizio c’era la vergogna, ora c’è la rabbia, ma anche la solitudine. E l’eterna domanda: chi sono io?\r\nIn cerca di risposte, l’autore racconta di un percorso atipico, di una ferita ancora viva, di toccanti ricordi d’infanzia e di come, col tempo, è riuscito a costruirsi una nave che lo aiuta ad attraversare la vita: la letteratura, unico antidoto e unico punto fermo in questa brillante riflessione su come costruiamo la nostra identità culturale e il nostro senso di appartenenza.\r\nAppartenersi rifiuta completamente la relegazione in qualunque categoria. È insieme saggio, racconto, testimonianza, autobiografia, radiografia della complessità del mondo, ma anche l’espressione di una collera salvatrice e piena di umorismo.\r\nRacconto di un percorso atipico, di una ferita ancora viva, di ricordi d’infanzia, Appartenersi racconta una storia universale, nutrita dalle letture della Arendt, di Sartre, Balzac, Orwell, dalla musica di Johnny Rotten, Patti Smith, Janis Joplin, Jimi Hendrix. Da tutti coloro che hanno raccontato uno spaccato di realtà, dissimulata e murata nell’ipocrisia e nella menzogna di tutte le società.\r\n
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