Pietro Vaghi, trentatré anni, ha una laurea e un dottorato in Filosofia. Copywriter in un’agenzia di comunicazione, si occupa anche di educazione e coaching per adolescenti. Questo è il suo primo romanzo.\r\n\r\nNoi l’abbiamo incontrato ed ecco cosa ci ha raccontato.\r\n\r\n \r\n\r\nLa separazione fa parte della quotidianità e spesso accantonata come qualcosa che essendo normale ha meno peso… che ne pensi?\r\n È questo il punto di partenza del romanzo. Ci stiamo abituando ma spesso ci dimentichiamo che nel cuore di un figlio, la separazione dei genitori ha l’effetto di un terremoto. La storia di Stefano inizia da qui per raccontare però la forza di un ragazzo che non solo affronta il suo dolore, ma cerca di scoprire, proprio tra le pieghe di questa sofferenza, il senso e la possibilità di amare nonostante tutto.\r\n\r\n \r\n\r\nMancando non solo in famiglia, ma sempre più spesso anche nel tessuto sociale i punti di riferimento, come si può attraversare l’adolescenza indenni?\r\n È vero, oggi mancano punti di riferimento forti e il romanzo ritrae questo panorama che conosciamo tutti molto bene. Allo stesso tempo, racconta la storia di un protagonista sedicenne che nel pieno di una sofferenza che sembra schiacciarlo, decide di cercare il modo per migliorare le cose. Non importano tanto i modi o le motivazioni che lo muovono e che cambiano nel corso della storia. Una delle cose che più mi ha colpito mentre il personaggio di Stefano cresceva pagina dopo pagina è proprio questa ricerca del meglio, la scelta di non arrendersi, la voglia di cambiare il suo mondo. Ed è proprio così che un po’ per volta Stefano riesce anche a trovare piccoli punti di appoggio, per quanto frammentari, in tutti gli altri personaggi che lo circondano. Persino tra gli adulti, persino tra quelli che lo fanno soffrire.\r\n\r\n \r\n\r\nCosa pensi degli adolescenti oggi?\r\n Penso che siano più forti delle generazioni precedenti, perché affrontano un contesto più difficile. Non solo perché di fatto crescono in un mondo che sembra promettere solo crisi, affettive ed economiche, ma anche perché le narrazioni televisive, giornalistiche e cinematografiche non fanno che amplificare questo quadro.\r\n\r\nSono convinto che gli adolescenti di oggi siano migliori delle storie che spesso gli cuciamo addosso. Si tratta solo di dar loro l’occasione di dimostrarlo e sapranno come stupirci. Per fare un esempio che mi è molto vicino, basta pensare a quello che è successo negli ultimi anni con gli angeli del fango. Credo sia molto difficile trovare anche solo un liceale genovese che non sia sceso in strada a spalare fango dopo le alluvioni.\r\n\r\nÈ questo il lato dell’adolescenza che ho cercato di mettere in luce con la storia di Stefano, perché credo sia anche il più autentico. Per questo credo che il futuro non sia così negativo come lo dipingiamo.\r\n\r\n \r\n\r\nCosa è confluito della tua esperienza in questo tuo primo libro?\r\nLa storia familiare di Stefano è molto diversa dalla mia. Ma molti incontri, tante storie di famiglie conosciute negli anni e alcuni vissuti personali sono entrati nella storia. Penso che sia inevitabile trasmettere una parte di sé nelle storie, ma una delle meraviglie della scrittura e vedere poi come i tuoi personaggi prendono il largo verso direzioni che non ti aspetti o che addirittura a volte non vorresti.\r\n\r\n \r\n\r\nCome hai costruito i protagonisti del tuo libro?\r\nHo lavorato molto sulle relazioni: tra Stefano e i suoi genitori, tra Stefano e Elisa, tra Stefano e Paolo. È da qui che sono usciti anche gli altri personaggi. Le sorelle e la famiglia di Elisa, Max che mi fa una simpatia incredibile, Giulio cui sono particolarmente affezionato e tutti gli altri. Più scrivevo più mi rendevo conto che ogni personaggio poteva e doveva completare in qualche modo gli altri. È stata un’esperienza incredibile disegnare questo piccolo mondo di relazioni e vederlo muoversi da solo dopo la stesura dei primi capitoli. Ed è stato un regalo anche sul piano personale scoprire l’identità di ognuno, affezionarsi, soffrire e ridere con loro. Può sembrare strana l’idea di arrivare a voler bene ai personaggi che escono dalle nostre storie, ma penso sia proprio questo il motivo per cui poi anche i lettori si innamorano dei protagonisti.\r\n\r\n \r\n\r\nCosa significa essere adolescenti oggi?\r\nEssere adolescenti è sempre stato una sfida. Oggi forse è davvero più difficile per la debolezza delle relazioni familiari e sociali in cui i ragazzi crescono, ma la sostanza è la stessa. Il senso di questi anni di passaggio tra infanzia e maturità è scoprire la propria identità, diventare protagonisti di una storia che va scritta per tentativi. E oggi, forse, i ragazzi oltre che protagonisti devono essere veri e propri eroi. Senza costume rosso, ma con tutto il coraggio che serve per affrontare le sfide familiari e sociali della nostra epoca. È per questo che hanno bisogno di aiuto più che mai di sguardi che li aiutino a scoprire il loro lato migliore.\r\n\r\n \r\n\r\nCosa ti proponi con questo libro?\r\nVolevo raccontare la storia di un ragazzo e del coraggio con cui affronta la crisi e il crollo del suo mondo perché è quello che succede, in un modo o nell’altro, a tutti gli adolescenti. Quello che non mi aspettavo è il modo in cui Stefano mi è sfuggito di mano: la tenacia, il suo non arrendersi mai, la generosità con cui fa di tutto per la sua famiglia e per le persone che ama. Penso sia questo il suo segreto e penso sia anche il potenziale di ogni adolescente. Bisogna soltanto trovare i modi per farli venire fuori.\r\n\r\nIntervista di: Matilde Alfieri\r\n\r\n \r\n\r\n