Carmen Pellegrino ha scritto saggi di storia e racconti. Da qualche anno si occupa di luoghi morti rimorti e scampati, borghi, case, stazioni, teatri, luna park abbandonati. Anche di uomini e donne che la storia non ricorda. Nel tempo libero partecipa a funerali di sconosciuti. Questo è il suo primo romanzo.
Così leggiamo sulla terza di copertina di Cade la terra, romanzo di Carme Pellegrino che l’ha portata in finale al Premio Campiello. Il suo un libro intriso di una poeticità fuori dal comune. Per questo ed altri mille motivi l’abbiamo voluta conoscere meglio ed ecco cosa ci ha raccontato…
Che luogo occupa e dovrebbe occupare la memoria?
Per me è il luogo della comunione fra i vivi e i morti, il fondamento di ogni possibile futuro.
In un mondo così veloce e digitale fatto di pixel e byte cosa resterà del presente che stiamo vivendo?
Molto rumore, e detriti sostituiti presto da altri detriti C’è poi questo bisogno indiscusso, che è di molti di noi, di guardare indietro in cerca di una qualche spiegazione, oppure di un ancoraggio.
Oggi più che mai assistiamo ad un vuoto e ad un abbandono esistenziale come colmarlo?
È il vuoto d’avvenire che ci attende se nemmeno sappiamo da dove proveniamo. Un recupero della memoria, anche a brani, potrebbe essere un primo passo.Da dove hai attinto per ‘costruire’ Alento?
In parte alla storia (e alla morfologia) di Roscigno Vecchia, un borgo cilentano abbandonato progressivamente dal principio del ‘900
Cosa hai imparato da Estella, Marcello, Custoda, Giacinto, Maccabeo e gli altri? E cosa hai lasciato loro di te?
Credo che scrivere sia sempre un po’ fare autobiografia dell’ombra. Qualcosa di me avrò lasciato in tutti loro, ma qualcosa che appartiene alle loro vite desolate mi è rimasto nel cuore.
Cosa hai lasciato, se lo hai fatto, fuori dal libro?
Le storie a lieto fine, ma ci sto lavorando!
Cosa dell’assenza ti riempie?
L’abituarsi al silenzio, l’attesa, il guardare le cose come se potessero mettersi a parlare, di ciò che le ha lambite e persino di te.