Paolo Subioli è scrittore e ricercatore spirituale, nonchè ideatore e autore di Zen in the city. Un sito e un libro che ci insegnano l’arte di fermarsi in un mondo che corre.\r\n\r\nNoi l’abbiamo incontrato, ecco cosa ci siamo detti.\r\n\r\n \r\n\r\nPer lei veramente volere è potere?\r\n\r\nTutti sappiamo che con la forza di volontà si riescono a ottenere molte cose, ma non credo che questo sia il punto. L’insegnamento n. 1 dello Zen è anzi che nella vita non c’è nulla da ottenere; capirlo per me è stato fondamentale. A mio parere, piuttosto, dovremo periodicamente chiederci qual è l’aspirazione fondamentale della nostra vita, il desiderio di fondo che sta alla base delle nostre azioni. Quell’aspirazione, quel desiderio, devono essere sani, mai in contrasto con le aspirazioni e i desideri degli altri, di tutti gli altri, compresi gli animali. E un altro insegnamento molto utile a proposito – in questo caso derivante dal buddhismo indiano – è che la realtà è fondamentalmente creata dalla nostra mente. Dunque la nostra felicità non dipende dagli altri, ma da noi stessi, In questo senso sì, si potrebbe dire che volere è potere.\r\n\r\nTutta la velocità che abbiamo intorno e i ritmi a cui siamo sottoposti sono reali o percepiti?\r\n\r\nNon so, è una domanda che andrebbe posta a un fisico o a un filosofo. Una cosa però mi pare chiara: i ritmi sempre più intensi tendono a saturare ogni minuto della breve vita che abbiamo a disposizione. Veniamo trascinati dal flusso e non ci rendiamo conto che non abbiamo più il controllo della nostra vita. La sfida più difficile oggi è quello di non mettersi in disparte – rifiutando ad esempio i dispositivi digitali e i social media – e accettare invece di far parte di una comunità umana che ragiona prevalentemente su base collettiva, ma mantenendo sempre una chiara consapevolezza di ciò che sta succedendo per trovare la giusta misura n tutto.\r\n\r\nIn che modo la tecnologia può aiutarci a fare un passo verso noi stessi?\r\n\r\nOggi la tecnologia tende a fare proprio il contrario: ci allontana da noi stessi e dalle persone che abbiamo vicino, perché ci proietta di continuo in un’altra dimensione spazio-temporale. Inoltre ci propone sempre e ovunque qualcosa da fare. Per tornare verso noi stessi è invece indispensabile fermarsi, fare silenzio, tornare al contatto col corpo e con le sensazioni del corpo. Alcuni software per computer o per smartphone sono stati progettati per aiutarci in tale direzione. Quelli ritengo siano gli unici esempi di tecnologia che svolge un ruolo positivo in tal senso. C’è però un altro aspetto molto interessante di internet: la sua struttura a rete, che connette in ogni istante le persone di tutto il mondo. La mitologia buddhista raffigura l’universo come un’unica grande rete – la rete di Indra – costituita da tante gemme, ciascuna delle quali riflette tutte le altre. Perché la nostra realtà è proprio quella di essere strettamente interconnessi tra di noi e con tutto ciò che c’è nell’universo. Internet può aiutarci a svelare meglio questa realtà. Per il momento è una potenzialità.\r\n\r\nIn che direzione ci sta spingendo il cambiamento e a che cosa dovremmo invece rimanere legati?\r\n\r\nIl cambiamento in atto ci spinge per l’appunto sempre più lontano da una dimensione autentica di noi stessi e di ciò che ha valore per un essere umano: la consapevolezza di sé, le relazioni con gli altri, il contatto con gli elementi naturali. La cosa a cui dovremmo rimanere legati è in primo luogo il rapporto con il nostro corpo. Farlo è molto semplice: basta respirare consapevolmente, ogni tanto. Il respiro è il ponte che permette di rimettere in collegamento la mente con il corpo. Ristabilire il contatto col corpo ci consente di capire di cosa abbiamo veramente bisogno.\r\n\r\nQuali aspetti della vita migliorano rapidamente se dedichiamo del tempo alla meditazione?\r\n\r\nMigliora proprio tutto, perché ci rendiamo presto conto che il 99 per cento della sofferenza che affligge la nostra vita ha origine nella nostra mente. Poniamo mi ammali. Provo dolore fisico. Se comincio a pensare “proprio a me doveva capitare!” oppure “cosa sarà di me adesso?” aggiungo al dolore fisico, che magri è sopportabile, una sofferenza non necessaria. Ma questo accade di continuo, in ogni circostanza della vita. Con la meditazione imparo piano piano a vedere le cose per quello che sono. E infatti, col tempo, i miei bisogni si semplificano notevolmente. Posso fare a meno di ciò che prima mi sembrava irrinunciabile, senza viverlo affatto come un sacrificio. Inoltre imparo – sempre piano piano – a non reagire meccanicamente a tutti gli input che ricevo dagli altri e dall’ambiente che mi circonda.\r\n\r\nQuali obbiettivi ti sei posto con Zen in the city? E in quale direzione sta andando il tuo lavoro?\r\n\r\nInizialmente ho sperimentato molto applicando lo Zen alla mia vita. Vivo in una grande, caotica e conflittuale città; lavoro molto; passo tantissimo tempo al computer e al tempo stesso ho una relazione sentimentale a cui tengo e dei figli da mantenere. Non è facile conciliare tutto ciò col desiderio di essere felici. Lo Zen è ideale per questo, perché propone una pratica – nell’ambito della tradizione buddhista – non pensata per i monaci, ma per le persone comuni, e senza aggiungere contenuti religiosi. La mia passione per internet mi ha portato presto a condividere online le mie pratiche e così è nato il sito Zen in the City, che è diventato un punto di riferimento per moltissime persone. L’idea del libro è nata dopo, per dare al pubblico uno strumento più pratico nella vita di tutti i giorni. Il web per sua natura predilige le ultime novità, col libro invece si può avere un quadro più sintetico, chiaro e ben organizzato di ciò che ha maggior importanza. Ora sto lavorando a una app, sempre su questi contenuti, il cui rilascio è programmato per ottobre, in italiano e in inglese.\r\n\r\nPer saperne di piu: https://zeninthecity.org\r\n\r\n \r\n\r\nIntervista di: Cinzia Ciarmatori