Paolo Fresu – tromba, flicorno, effetti\r\nRichard Galliano – fisarmonica\r\nJan Lundgren – pianoforte\r\n\r\nTeatro Verdi\r\nVia Ghibellina, 99\r\n50122 Firenze\r\nApproda per la prima volta al Teatro Verdi di Firenze un progetto dalla ricchissima varietà di espressioni musicali. Il trombettista Paolo Fresu, il fisarmonicista Richard Galliano e il pianista Jan Lundgren daranno vita sabato 9 maggio a Mare Nostrum, un concerto – già sfociato in un album e con altri due dedicati di prossima pubblicazione – che accomuna sul palco tre stili e mondi geografici differenti che si incontrano per dare vita a nuove ed intriganti sonorità.\r\nIl titolo del concept, “Mare Nostrum”, nasce infatti dal desiderio di accomunare in una unica cornice musicale le atmosfere dei Mari che si affacciano ai Paesi di provenienza dei tre musicisti – Mar Mediterraneo, Oceano Atlantico e Mare del Nord. L’inusuale line-up vede così interagire Sardegna, Francia e Svezia in un’esperienza aggregativa davvero inusuale e coraggiosa, proiettata verso una continua ricerca e crescita creativo-comunicativa tra strumenti, tecniche e sensibilità artistiche.\r\nNel repertorio prescelto – che spazia dalla canzone francese di Charles Trenet a brani tradizionali svedesi, dal tango di Astor Piazzolla al barocco italiano di Monteverdi, fino all’espressionismo di Maurice Ravel e a standard brasiliani di Tom Jobim e Vinicius De Moraes – sono presenti anche numerosi temi originali, composti da ognuno per occasioni particolari, e altri, sino ad oggi mai eseguiti in Italia, che faranno parte della prossima avventura discografica del trio prevista nel 2016.\r\nUna contaminazione a molteplici livelli che culmina in una affascinante esperienza sonora grazie all’abilità di questi incredibili strumentisti, nel nome di un jazz contemporaneo coinvolgente e carico di emozioni melodicamente intense.\r\nInfoline e prenotazioni:\r\nhttps://www.teatroverdionline.it/biglietteria.html\r\n\r\nI musicisti\r\n\r\nPaolo Fresu , sardo di nascita, è un indomabile poeta del suono. Provare a descrivere il suo enorme lavoro nel dettaglio si rivela impresa senza fine. Ogni tentativo di spiegare la sua forza, le sue modalità espressive, le innumerevoli collaborazioni per le quali è divenuto famoso, porta invariabilmente a schiaccianti asserzioni. Il lavoro dell’artista, profondamente radicato nella vita culturale della nativa Sardegna, i tanti premi internazionali, le incalcolabili registrazioni a suo nome o come ospite di altri, il suo amore per i piccoli obiettivi ma anche per quelli più grandi come Parigi (!) – rappresentano le affascinanti sfaccettature di questo famoso artista. Fresu è un convinto assertore della teoria secondo la quale il futuro del jazz passi attraverso un’apertura alle altre culture musicali. Questa nuovissima e valida collaborazione con Galliano e Lundgren offre ampiamente prova della curiosità illimitata dell’artista, ancora evidente dopo 25 anni di carriera.\r\nL’originalità è la più grande caratteristica del virtuoso della fisarmonica Richard Galliano . Da subito ha realizzato che il carattere di un artista può formarsi soltanto attraverso il riconoscimento e l’assimilazione delle proprie radici, così da permettergli di aspirare ed ascendere al più alto livello del proprio status di musicista. Molto è stato scritto degli incontri e dell’amicizia di Galliano con Astor Piazzolla. Ma ridurre la sua carriera soltanto definendolo il suo erede sarebbe limitante. Come pochi altri Galliano ha saputo fondere diversi linguaggi musicali in un unico idioma, assai personale, totalmente europeo ma vicino al jazz quanto alla musica di origine mediterranea. E’ stato abile ad elevare uno strumento come la fisarmonica ed il suo fratello più piccolo, il bandoneon, dagli abissi della musica popolare alle policromie dell’orchestra sinfonica di impronta classica, ed ha aiutato lo strumento a guadagnare uno status più alto ed a raggiungere uno splendore inaspettato. Il fisarmonicista giapponese della cantante Bjork una volta ha affermato: Richard Galliano ha spinto la fisarmonica in una nuova direzione: oggi noi sappiamo che esiste un periodo “prima” ed uno “dopo” Galliano.\r\nIl pianista svedese Jan Lundgren è stato invece abile ad entrare con determinazione nella categoria degli eccellenti ed innovativi precursori scandinavi: pianisti come Gunnar Svensson, Jan Johansson ed il più recente Bobo Stenson. La sua articolazione è decisa e definita, il suo fraseggio impeccabile, il suo senso del tempo ed il suo tocco del più alto calibro. Le sue esecuzioni fluide sono esaltanti e tuttavia rilassanti, percorrono diversi ambienti sonori grazie alle improvvisazioni contrastanti, e tengono viva l’attenzione di chi ascolta, ma allo stesso tempo lo lasciano respirare liberamente. Lundgren non cerca il colpo ad effetto, non si perde in virtuosismi, insiste invece sulle profondità e sui significati – in breve è uno strumentista completo. La sua gamma musicale incorpora le influenze contemporanee di musica classica, la canzone tradizionale svedese così come l’esteso vocabolario del jazz. All’inizio della sua carriera ha suonato con grandi nomi come Johnny Griffin, Benny Golson o Herb Geller, ma attualmente è sempre più concentrato sulle proprie radici, come si può chiaramente percepire nei brani da lui composti, dalle strutture armoniche e ritmiche complesse. Lo stile è diventato scarno ed essenziale, ma a guadagnarne è stata la maturità personale.\r\n\r\n \r\n\r\nFonte: Elisabetta Castiglioni
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