Cosa possiamo fare, come possiamo prepararci\r\n\r\n \r\n\r\n«Tutto ciò che riduce la paura della morte aiuta gli uomini».\r\n\r\nTutto quello che ognuno di noi vorrebbe sapere sulla morte e su cosa la medicina può fare – e può fare molto – per affrontarla ed evitare il dolore\r\n\r\n \r\n\r\nQuello sul fine-vita è un dibattito che sta infuriando in Italia, particolarmente dopo il caso di Eluana Englaro, nel quale Gian Domenico Borasio ha preso parte attiva. Si sono espressi religiosi, filosofi, bioeticisti, letterati; ma sono state davvero poche le voci dei medici, gli unici che possono dirci cosa accade davvero, fisicamente, quando si muore. Sapendolo, molte opinioni infondate forse cambierebbero. La morte è il tabù della nostra epoca, viene nascosta, allontanata a forza dai nostri pensieri, eppure tutti ci pensiamo (molto) e tutti siamo costretti a confrontarci con lei, nel momento in cui tocca una persona che ci è vicina o, ineluttabilmente, quando infine toccherà a noi.\r\n\r\nÈ la paura, non la morte, il sottotesto inespresso di molti dibattiti sul fine-vita; èlei che aleggia durante i colloqui medico-paziente e che molto spesso si finge di non vedere; èlei il principale ostacolo alla comunicazione medica; ed èancora lei la principale causa di decisioni sbagliate e di morti inutilmente dolorose. Tante persone, anche molto colte e brillanti (anzi, soprattutto loro), al cospetto della morte si comportano in maniera inspiegabilmente irrazionale. Questo libro è tanto più importante in quanto insegna come conviene comportarci di fronte alla fine. L’obiettivo principale di Saper morire èallontanare un po’ la paura della morte dalle persone, specialmente la paura di una morte dolorosa. La paura distorce la percezione, ostacola l’informazione e annulla il dialogo. Tre premesse che sono invece fondamentali per prepararsi debitamente al proprio fine-vita. E le persone che abbiamo modo di assistere ci insegnano che prepararsi alla morte èil modo migliore per prepararsi alla vita.\r\n\r\n \r\n\r\n«Eluana Englaro, giovane donna nata nella cittadina di Lecco, fu vittima nel 1992, all’età di 21 anni, di un incidente automobilistico a seguito del quale riportò un grave danno cerebrale con conseguente coma vigile. Beppino Englaro, trascorsi molti anni dalla disgrazia, una volta accertato che sua figlia non aveva alcuna possibilità di tornare a condurre una vita nella quale fosse anche solo approssimativamente in grado di comunicare, cercò di farne valere la volontà – inequivocabilmente ricostruita sulla base di precedenti dichiarazioni della ragazza e di testimonianze di terzi – in sede giudiziaria: una vita del genere lei non l’avrebbe mai voluta. Il Vaticano descrisse ripetutamente la richiesta del signor Englaro di lasciare che la figlia – conformemente alla di lei volontà – morisse di morte naturale in seguito all’interruzione della nutrizione e idratazione artificiale come un “omicidio crudele e spietato”… Trasferita presso una residenza sanitaria assistenziale di Udine e ivi sottoposta a cure palliative, Eluana si spense serenamente il 9 febbraio 2009. Giorni dopo Beppino Englaro fu definito, in un editoriale del quotidiano cattolico “Avvenire” (organo della Conferenza Episcopale Italiana), come “boia” della sua stessa figlia».\r\n\r\n \r\n\r\nDa un’intervista all’autore su «L’Unità»:\r\n\r\n«Una volta, la gente anziana che moriva di vecchiaia, mangiava di meno, beveva meno, si affievoliva e si spegneva in pace.\r\n\r\nOggi sappiamo perché: una lieve disidratazione ha effetti analgesici e aumenta la produzione di endorfine.\r\n\r\nLe cure palliative possono aiutarci a riscoprire la morte naturale.\r\n\r\nCon una buona medicina palliativa ci potrà essere un minor numero di pazienti che desiderano morire prima del tempo, ma ci sarà sempre qualcuno che si augura la morte. La società deve porsi questo problema. Non è vero che quando si guarda la morte in faccia si cambia idea sull’accanimento terapeutico. Prima però dovremmo garantire a tutti che alla fine della loro vita potranno accedere a delle buone cure palliative».\r\n\r\n \r\n\r\nGian Domenico Borasio (Novara, 1962) dirige la cattedra di Medicina palliativa dell’Università di Losanna. È stato per vent’anni a capo del gruppo di ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (sla) del Dipartimento di Neurologia dell’Università di Monaco di Baviera. Tra i fondatori del Centro interdisciplinare di medicina palliativa di Monaco, il Borasio è autore di oltre 250 articoli specialistici e 12 testi di medicina. Italiano di nascita, vive tra Germania e Svizzera da oltre trent’anni. Ha redatto il protocollo per interrompere l’idratazione e l’alimentazione di Eluana Englaro ed è stato presidente del comitato scientifico dell’Associazione «Per Eluana». Il Ministero della Giustizia tedesco lo ha nominato membro della commissione che stabilisce i principi per una legge sul testamento biologico. Gian Domenico Borasio è cattolico praticante e membro del consiglio scientifico dell’Accademia Cattolica della Baviera.