Sotto quali spinte è nata Terre di Confine?
Il progetto Terre di Confine è iniziato nel 2005, come rivista telematica: un gruppo di appassionati di fantastico, utenti della mailing list Fantasy Story, ha deciso di scrivere articoli sulle proprie passioni letterarie (fantasy, fantascienza, horror) e sulle tematiche non fiction a esse collegate. Nel 2010 si è costituita l’associazione culturale no profit Terre di Confine, la cui finalità statutaria è “lo studio, la promozione e la diffusione della cultura, della scienza e dell’arte – quest’ultima con particolare riferimento ai generi letterari Fantascienza e Fantastico e all’Animazione Giapponese – intese sotto ogni loro forma espressiva”. Come spiega il presidente dell’associazione Massimo De Faveri nella postfazione all’antologia Storie di Confine, TdC tratta “non solo letteratura, quindi, ma anche cinema e televisione, fumetti, scienza e tecnologia, giochi e divertimento, musica, storia, mitologia, mistero…” Nell’ambito di tutto questo, è nata,\nel 2011, l’idea di creare un’antologia di racconti, che abbiamo intitolato Storie di Confine.
Quale criterio avete scelto per la selezione degli autori e delle storie?
Sempre nell’ottica di “abbattere i confini” abbiamo pensato a una soluzione mista: autori editi, su invito, ed esordienti. Per questi ultimi è stato organizzato un concorso, al quale hanno partecipato circa 130 scrittori, con tema “il confine”. Noi curatori ci siamo occupati di una prima scrematura scegliendo una cinquantina di “pubblicabili”, tra i quali sono stati selezionati, sempre da noi, dieci “meritevoli”. A questo punto abbiamo formato una giuria invitando diversi noti autori di genere, che hanno stilato la classifica finale e\r\nscelto il vincitore: Carlo Vicenzi con il racconto Ogun. In totale sono arrivati alla pubblicazione 55 racconti.
Diversi racconti sono sposati a un’immagine, che rapporto hanno tra loro?
Quando noi curatori abbiamo iniziato la selezione ci è venuto voglia di realizzare uno dei desideri più frequenti degli autori fantasy: corredare la storia con un’ interpretazione visiva. Avremmo voluto un’immagine per tutti, ma l’idea era impraticabile, quindi abbiamo deciso di premiare i dieci “meritevoli” e ringraziare gli autori noti che hanno regalato le loro opere. Per questo motivo, abbiamo contattato degli illustratori, con lo stesso criterio adottato per gli autori: professionisti famosi e disegnatori esordienti ma con una buona esperienza, che hanno letto il racconto assegnato e lo hanno interpretato graficamente in base alla loro sensibilità artistica. Il risultato è stato per noi un mix affascinante. A questo punto, vorrei ringraziare (oltre agli scrittori) anche tutti gli illustratori, che hanno lavorato con entusiasmo e spesso con poco tempo a disposizione. Da non dimenticare poi l’illustrazione “sposata” all’antologia nel suo complesso: quella di copertina, disegnata per noi da Diramazioni.
Spesso erroneamente la narrativa breve è considerata di serie B, quali sono secondo te possibilità e limiti di questo genere?
E’ per lo più in Italia che la narrativa breve è considerata di serie B: in altri paesi, le antologie hanno successo e gli autori spesso pubblicano i loro racconti su riviste prestigiose, con un buon successo di pubblico. Nel nostro paese, secondo me, il limite è principalmente culturale: il racconto viene erroneamente considerato “facile” rispetto al romanzo, affrontato con leggerezza dagli scrittori (non tutti),\r\npoco proposto dagli editori e quindi poco conosciuto, nelle sue migliori espressioni, dai lettori. Come un\r\nserpente che si morde la coda. Anche le possibilità dipendono strettamente da questo stato di cose. Credo\r\nche la soluzione ragionevole, come sempre, sia di puntare alla qualità: se scrivi (o se selezioni) anche un semplice racconto di una pagina, devi fare in modo che sia roba buona ed esserne convinto tu per primo.
Solo in questo modo puoi sperare che un editore decida di rischiare su di te e che, soprattutto, la gente ti legga. Cosa molto più decisiva, quest’ultima, del traguardo della pubblicazione.
Cos’è per te la frontiera?
Istintivamente qualcosa che, dall’alto, mi dice: “questo sei, questo rimarrai e solo questo potrai fare”. E quindi da abbattere. Tuttavia, il concetto è articolato, cosa che abbiamo voluto esprimere con l’antologia Storie di Confine. Da un punto di vista più personale, esistono confini che non devono essere superati. In generale, considero la frontiera un limite, con accezione negativa: a me non piace tutto ciò che divide, per razza, per ideologia, per religione, per convenienza, per paura, per egoismo, per manie di grandezza e quant’altro. Se avessi scritto un racconto per questa antologia, (cosa che un curatore ovviamente non può fare) sarebbe\r\nstato un fantasy sul crollo del muro di Berlino o sui profughi a Lampedusa, per fare un paio di esempi. La fantasy, almeno un certo tipo, è particolarmente adatta a trattare il sociale e stimolare le coscienze.
Alla vendita di questo libro è legata un’iniziativa benefica. Vuoi parlarcene?
L’iniziativa di donare il ricavato delle vendite a Medici Senza Frontiere è strettamente legata alla nascita stessa dell’antologia. Daniele Picciuti, Stefano Andrea Noventa, Francesco Coppola e io siamo scrittori di genere. E il genere è quello fantastico: fantasy, fantascienza, horror e simili. Nel 2011, come tutti, siamo rimasti scioccati dagli eventi tragici concentrati in quel periodo: catastrofi naturali e meno naturali, dove tanta gente aveva bisogno di aiuto e altra cercava di fornirlo. Ci siamo chiesti come poter aiutare anche noi, con i nostri mezzi: l’unica possibilità era mettere insieme del denaro da inviare a un’associazione umanitaria, utilizzando la nostra passione di scrivere. E così abbiamo fatto. L’antologia è stata pubblicata a gennaio 2013, ha avuto due ristampe e qualche cifra l’abbiamo realizzata. Tutti i partecipanti hanno lavorato e contribuito gratis, l’editore (Wild Boar) toglierà dal ricavato solo il costo di stampa. Nell’anno nuovo, tireremo le somme definitive. Il percorso è stato difficile ma anche un’esperienza veramente formativa: aiutare anche una singola persona (speriamo molte!) sarà la nostra soddisfazione.
Intervista: Elena Torre