Racconta Sandro Racconta. E finalmente ha accettato, un’amicizia lunga una vita intera, 11 spettacoli scritti in tandem dal 1970 al 2003 con l’ultimo disco uscito postumo dopo che Gaber se n’era andato a capodanno. Dieci anni ci sono voluti perché Luporini superasse il pudore che lo ha sempre tenuto dietro le quinte col quale ha vissuto anche il dolore per la perdita, e accettasse di parlare di Giorgio, dell’amico, ripercorrendo e in qualche modo illustrando cronologicamente le opere. Scritto come un lungo monologo in cui il Lupo si rivolge ad uno studente di filosofia che vorrebbe fare una tesi su Giorgio Gaber e il Teatro Canzone, intreccia riflessioni sul presente alla genesi degli spettacoli seguendo il filo temporale e raccontando anche quello che era il sentire dei due autori sui vari pezzi. Pezzi di teatro e canzoni sul cui significato sono stati fatti dibattiti discussioni e per mia personale esperienza posso aggiungere liti furiose. E questo nonostante fosse nato tutto come un gioco, il concretizzare delle passioni che si sono unite in un matrimonio – e uso questa parola non a caso – cresciuto e destinato a dare frutti. La fame di Gaber per tutto, che lo spingeva a frequentare l’ambiente degli artisti intellettuali di cui faceva parte Luporini già affermato pittore, è stata l’occasione per dare inizio a questa amicizia mai finita e mai scalfita che tanto ha dato.\r\nVoluto da Dalia Gaberscik, che con una felice intuizione ha coinvolto il marito, nipote del coautore, sorprendentemente bravo – occupandosi di tutt’altro nella vita – nel raccogliere i racconti di Sandro, per dare una risposta a chi nonostante i 10 anni passati dalla scomparsa continua ad amare imprescindibilmente il teatro di Gaber e Gaber stesso, e per dare una base di partenza a chi troppo giovane per avere vissuto il teatro vi si avvicina ora; ma non solo, è anche l’occasione perfetta per chiarire a chi se li fosse posti, dei dubbi su cosa intendessero, quale fosse la loro posizione in un pezzo o in un altro. E certamente per i molti che in questi anni hanno praticato la dietrologia non mancheranno le sorprese. Luporini con il distacco dell’artista che ad opera compiuta la lascia a disposizione di tutti, ci dice con quali intenti o meglio da quali riflessioni sono partiti per scrivere gli spettacoli, prendendo atto – qualche volta con un certo divertimento – che spesso a lui e Gaber sono state attribuite intenzioni che non c’erano, opere a cui sono stati dati significati che loro non avevano minimamente pensato. Per chi abbia seguito il signor G. un modo piacevole per rifare il percorso, per sentirne un po’ meno la mancanza e per scoprire piacevoli aneddoti su una persona che senza dubbio ha fatto parte della storia del teatro italiano. Una bella lettura anche per chi di Gaber si ricorda solo le canzoni degli anni ’60 per chi si è innamorato con Non arrossire e divertito con Il Cerutti Gino.\r\n\r\nArticolo di Carla Colledan