“Da parte di chi oggi si candida a governare il Paese ci aspettiamo un impegno forte e chiaro a portare nelle aule parlamentari provvedimenti legislativi che introducano nel nostro ordinamento la tutela del suolo – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza a commento dei dati divulgati oggi dall’ISPRA sul consumo di suolo – a partire dal ‘ddl Salvasuoli’, proposto dal governo in autunno e approvato anche da regioni e enti locali in sede di conferenza unificata, nonché dalla nostra proposta di legge sulla bellezza che introduce misure di tutela del territorio, di rilancio delle città e di lotta all’abusivismo edilizio”.\r\n\r\nI dati sul consumo di suolo in Italia e in Europa divulgati oggi dall’ISPRA confermano il quadro di conoscenze su una materia che fino a pochi anni fa, prima che Legambiente lo denunciasse come grave emergenza ambientale, non era nemmeno considerata un problema. Il consumo di suolo è entrato anche nel vocabolario della politica, ma finora alle parole non hanno fatto seguito fatti concreti. E le analisi scientifiche su area vasta devono ora fare spazio a rilievi su una scala più adeguata a incidere sulle cause del degrado, che avviene a livello di decisioni urbanistiche prese da migliaia di comuni che non rinunciano ad utilizzare un bene comune qual è il suolo come generatore di rendite private e di entrate improprie attraverso l’uso perverso delle entrate da oneri.\r\nA ciò si aggiunge il fatto che continua a mancare in Italia, come in gran parte degli altri Paesi europei, una legislazione che tuteli il suolo, riconoscendone il carattere di bene comune, come tale risorsa fondamentale per il benessere dell’intera comunità nazionale.\r\n”L’Italia e l’Europa dal dopoguerra a oggi hanno consumato suolo svuotando le città di residenze e servizi per spargerli nella campagna – aggiunge Damiano Di Simine, responsabile per Legambiente del Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo, costituito da Legambiente con INU e Politecnico di Milano – un paradosso, reso possibile dall’accesso generalizzato all’auto di proprietà, che però oggi si rivela con tutti i limiti e i costi ambientali, energetici ed economici dello sprawl insediativo e della congestione da traffico. Per fermare il consumo di suolo dobbiamo tornare ad investire sulle città, anziché assecondare, come si è fatto per decenni, la rendita speculativa delle espansioni urbane. E’ questo il nuovo e positivo paradosso contemporaneo: per fermare il consumo di suolo dobbiamo riscoprire la nostra passione per la bellezza delle città come luogo di vita, oltre che di relazione, di lavoro e di produzione culturale. Ma ciò non sarà possibile fino a che non disporremo di norme che scoraggino efficacemente le speculazioni su terreni liberi”.\r\n\r\nLa lotta al consumo di suolo non è una battaglia per la conservazione fine a se stessa, ma si regge su pilastri che hanno molto a che fare con le prospettive post-crisi di un Paese come l’Italia, che deve far coesistere una altissima densità di popolazione con il mantenimento delle sue risorse più strategiche: il suolo agricolo da cui dipende la produzione agroalimentare, le foreste da cui dipendono innumerevoli prestazioni ambientali e di sicurezza idrogeologica, il paesaggio come potente fattore di attrattività, la bellezza delle sue città e dei suoi borghi, che dipende molto dalla capacità di sviluppare politiche urbane e investimenti in edilizia e servizi che prevengano la dispersione insediativa. E quest’ultimo è l’aspetto più complesso e stimolante.\r\n\r\nFonte: Legambiente