\r\n\r\nDa poco nelle librerie ‘O casta Musica’ di Fabio Zuffanti ‘un volume che affronta e prenda di mira quelli che, a suo parere, sono vizi, storture e brutture del mondo musicale italiano.’ Abbiamo voluto approfondire facendo qualche domanda all’autore. Ecco cosa ci siamo detti.\r\n\r\nDa ‘La casta musicale’ a ‘O casta musica’ il passo è stato breve?\r\n\r\nLa lettera “La casta musicale” col senno di poi è stata solo un antipasto di quello che sarebbe venuto ma a dire la verità all’epoca non pensavo di allargare la cosa realizzando addirittura un libro. Un po’ l’accoglienza, un po’ il rendermi conto che le cose che avevo da dire non si esaurivano con quel primo scritto, un bel giorno ho preso la decisione; dovevo buttare su carta tutte le mie idee, impressioni e critiche su quella che è la percezione dell’arte musicale in Italia. Ma sopratutto dovevo esprimermi! Si può stare tutta la vita a rimuginare e a tenersi dentro le cose ma a mio avviso è meglio – una volta raggiunta la consapevolezza che quello che si dice lo si dice con cognizione di causa e passione – tirare fuori e parlare di ciò che non ci piace. Che sia la musica o qualunque altra cosa. Tenere tutto dentro non serve a nulla e solo in questo modo si potranno iniziare a costruire le fondamenta per un cambiamento.\r\n\r\nEsiste veramente un’egemonia che l’Italia musicale subisce?\r\n\r\nL’egemonia esiste eccome ed è un egemonia di generi piuttosto che di singoli cantanti. Se sei un musicista, hai dimostrato nel tempo di avere talento, sei seguito da un pubblico fedele ma per combinazione non proponi semplice musica pop le tue strade sono chiuse e sei destinato a rimanere in eterno nella tanto discussa nicchia. Nicchia che può anche essere comoda ma che non ti lascia spazio di crescita perché sei destinato rimanerci per sempre senza nessuna possibilità di fare “carriera”. Conosco ottimi musicisti e compositori ai quali è toccato in sorte il non essere interessati a comporre canzoni da tre minuti col ritornello accattivante ma che magari ti tirano fuori composizioni da dieci minuti di una bellezza e libertà che ascoltate con attenzione farebbero solo che bene ad un popolo bue come quello italiano. “L’uomo della strada” invece pensa di dovere ascoltare per sempre “solo grandi successi” e voci tremende di DJ che alla fine di musica ne mandano poca, intenti come sono a riempire le giornate delle persone con discorsi inutili, brutti e superficiali. Nella vita chiaramente ci vuole anche questo, ci mancherebbe, ma non solo questo.\r\n\r\nCerto, per chi cerca qualcosa di diverso i canali ci sono; c’è internet in primis, ci sono tante webradio e emittenti nazionali o private dove puoi trovare tutto quello che desideri. Ma la mia domanda è: perché io devo fare lo sforzo di andarmi a cercare qualcosa mentre se vuoi ascoltare pop è già tutto lì e mi viene propinato con un’insistenza fastidiosa e senza via di scampo? Questo vuole dire impedire alle persone di sviluppare uno spirito critico e avere la voglia di andarsi a cercare qualcosa di diverso. Inoltre è un guadagno enorme da tutti i punti di vista per chi è riuscito a entrare nelle ristretta cerchia degli inamovibili da trent’anni a questa parte a discapito di tutti gli altri che stano giù a morire di fare. Tutto questo è assolutamente negativo, per la gente che vorrebbe anche cose diverse senza a tutti i costi doversele andare a cercare e per l’80% dei musicisti italiani che hanno 1 mente i “grandi” hanno 1000000000. Non c’è via di scampo.\r\n\r\nAnche alcuni importanti cantanti fanno parte di questa ‘casta ostacolante’?\r\n\r\nLa colpa delle cose che citavo sopra non è dei cantanti importanti. Essi fanno il loro mestiere, hanno avuto la fortuna di vincere un terno al lotto che li ha portati dritti nell’Olimpo e da lì nessuno li farà mai scendere. La colpa delle brutture che ci circondano è dei media, dell’industria, del mercato. Di quattro furboni che hanno avuto l’oculatezza, una trentina di anni fa, di entrare nei giri giusti e imporre i loro gusti fatti di musica sempre e solo intesa come intrattenimento (spesso becero). Ma la musica non è solo questo e non è giusto che tutto quello che esce dal seminato sia recluso in ghetti che devi cercarti col lanternino. Parliamoci chiaro poi, il mercato è allo sbando e i dischi comunque non si vendono. Ma cosa aspettiamo a tirar via dagli organi di potere mediatico queste persone che di arte non sanno nulla? Un rifiorire del mercato a mio avviso potrà avvenire solo se si ha il coraggio di tentare nuove strade, di investire sul nuovo, di proporre anche qualcosa di diverso. Se non si rischia non potrà mai esserci evoluzione. E invece no! Centinaia di migliaia di euro investiti in “artisti” da quattro soldi usciti da un talent che durano lo spazio di un attimo per poi sparire.\r\n\r\nSo di fare discorsi controcorrente ma io osservo la realtà di tutti giorni, sono in contatto con musicisti e ascoltatori e vedo come girano le cose. Alle fine i dischi li comprano i 40/50/60enni, e comprano musica da ascoltare, non singoli mordi-e-fuggi. Finché penseremo che i giovani o le casalinghe (con tutto il rispetto) sono il mercato di riferimento tutto andrà a ramengo e si produrrà sempre musica con il minimo contenuto artistico, perché sennò poi il pubblico “non capisce”, tralasciando una fetta di mercato enorme che può rendere ancora possibile una rinascita.\r\n\r\nTornando al discorso dei cantanti famosi, quello che io rimprovero loro alla fine è solo una cosa: essersi adagiati tutti su modelli che perdurano da anni. Mai un disco diverso, mai un poco di coraggio, mai il tentativo di proporre cose leggermente diverse al proprio pubblico. Eppure i soldi li hanno fatti, come fanno a convivere con le loro coscienze di artisti e non avere mai voglia di tentare nuove strade? Quanti album ha fatto Ligabue tutti uguali uno all’altro? E Ramazzotti? E la Pausini? Ma cavolo, la lezione di gente come Dalla, Battisti, De Gregori, Battiato, Branduardi dove è finita? Avete paura di rischiare perché poi le radio non vi passano? Allora non siete artisti, siete solo dei mercanti sempre più avidi di danaro.\r\n\r\nAl tuo libro hanno partecipato anche personaggi del mondo musicale, in quale veste?\r\n\r\nNella seconda parte del libro ho intervistato diversi addetti ai lavori tra giornalisti (Stefano Isidoro Bianchi), DJ (Mox Cristadoro), scrittori (Tommaso Labranca), musicisti (Eugenio Finardi e gianCarlo Onorato) e responsabili di etichette indipendenti (Matthias Scheller e Massimo Gasperini), che potessero comunicarmi le loro idee sulle questioni che analizzo nella prima parte del lavoro. Mi sembrava gusto non offrire solo una visione delle cose ma cercare di sviscerare il problema a trecentosessanta gradi con l’aiuto di diversi punti di vista. Certo, mi sarebbe piaciuto molto intervistare anche personaggi che avrebbero avuto molto da dire come Morgan, Franco Battiato o gli stessi Ligabue, Vasco Rossi o Caterina Caselli. Purtroppo però da parte di tutti questi nessuna risposta è mai arrivata. Forse sono stato ingenuo a scrivere loro una semplice email di invito (ma con Eugenio Finardi, ad esempio, è bastata) e sarei dovuto passare da una selva di manager, uffici stampa e segretari. Cosa che non avevo nessuna voglia di fare, ho cercato un confronto con persone non con dei.\r\nC’è una speranza? ci sono dei canali per i giovani talenti?\r\n\r\nCanali ce ne sono molti ma, a parte i talent che se sei fortunato ti offrono quel quarto d’ora di popolarità, nessuno realmente serio e costruttivo. Anche la stessa scena indie italiana, nella quale ci sono diversi artisti di gran talento (e altri, spesso i più pompati, di infima qualità) non ha ancora trovato il modo di fare emergere realmente i suoi rappresentanti, figuriamoci poi situazioni anche più piccole.\r\n\r\nAlla fine parlando con chiunque nel mesi successivi all’uscita del mio libro la risposta è sempre la stessa: autopromuovetevi e usate internet come rampa di lancio. In realtà le cose non sono così semplici e queste cose a volte si dicono più per sviare il discorso piuttosto che per affrontarlo seriamente. Internet offre enormi possibilità promozionali a chiunque ma proprio il fatto di offrirle a chiunque fa in modo che situazioni interessanti siano disperse in un oceano nel quale si fa molto fatica a distinguerle. Non parlo del mio caso perché per fortuna ho cominciato a fare musica in tempi in cui internet era ancora ai suoi albori e quindi ho potuto “venire a galla” tramite i tradizionali metodi (recensioni, presenza sulla stampa, vendite dei dischi, concerti…) ma per un giovane che si appresti a fare musica oggi le cose sono molto complicate e secondo me ci vuole veramente una grandissima dose di talento “telematico” (oltre che musicale) per riuscire a sfruttare internet nel modo giusto. Purtroppo e per fortuna però al momento la rete è l’unico e ultimo baluardo di libertà perché gli esordienti i network non li passano, in tv manco a parlarne e quindi bisogna inventarsi il modo di proporre la propria arte al meglio, in attesa di tempi più positivi.\r\nè cambiato qualcosa dopo l’uscita del tuo primo libro?\r\n\r\nIl libro è uscito lo scorso settembre e in questi pochi mesi chiaramente nulla è cambiato nell’industria musicale ma sono cambiate alcune cose a livello di dibattito sulla fruizione della musica. Dopo l’uscita del libro sono stato invitato in diverse situazioni a presentarlo, ho addirittura tenuto alcune lezioni all’università, mi sono scontrato con critici e benpensanti dell’ambiente, ricevuto tantissimi elogi, alcune critiche e molte recensioni sono state pubblicate. Il risultato di tutto questo è appunto un grande dibattito che sta nascendo in rete e non sul futuro della musica nel nostro paese. Tutte cose che non mi sembravano così normali prima del mio libro. Come dico tra le pagine, l’incontro/scontro, il dibattito e la discussione sono fattori che possono portare al cambiamento. Quindi che il dibattito cresca, si sviluppi e insieme si possano trovare delle strade risolutive, se ancora siamo in tempo.\r\n\r\nIntervista di: Elena Torre\r\n\r\n’O casta musica’ di Fabio Zuffanti\r\n
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Collana “I Liberini”
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Formato 11,5 X 16,7
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Pagine 170 b/n
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Prezzo 12 Euro