“Una sentenza esemplare che restituisce giustizia a migliaia di persone e famiglie che hanno sopportato e sopportano ancora un vero calvario. Ci sono voluti più di trent’anni di lotta per affermare che l’amianto uccide e finalmente, da oggi, questo non potrà più essere messo in dubbio. Il caso italiano sia ora d’esempio e faccia giurisprudenza nel mondo, soprattutto nei Paesi dove l’amianto continua ad essere estratto e lavorato e continua silenziosamente a mietere vittime”.\r\n\r\nCosì il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, commenta la sentenza del processo Eternit emessa oggi a Torino che condanna il manager dell’industria Schmidheiny e il barone De Cartier a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione di cautele.\r\n\r\nAnche Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, costituitasi parte civile al processo e presente alla lettura della sentenza insieme a centinaia di persone tra cui moltissimi francesi, esprime soddisfazione per il verdetto di primo grado:\r\n\r\n“Fin dall’inizio ci siamo schierati dalla parte dei familiari delle vittime – ha dichiarato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – in molti casi amici, come Luisa Minazzi, storica esponente di Legambiente e simbolo della battaglia per la giustizia condotta dalle vittime dello stabilimento Eternit a Casale Monferrato. Questa sentenza è sicuramente un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto”.\r\n\r\nNella nota Legambiente ricorda che tra le aziende protagoniste di queste lavorazioni pericolose per la salute umana non c’è solo l’Eternit ma anche la Fibronit a Bari e Broni (PV) o la Sacelit in provincia di Messina e che anche di queste l’Italia dovrà occuparsi.\r\n\r\nUn’eredità pesante quella della produzione d’amianto nel nostro Paese, che va da un milione di metri quadrati delle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Al) ai 45milioni di m3 di pietrisco di scarto contaminato presso la miniera di Balangero (To), passando per i 90mila m3 di fibra, in varie forme, contenuto nello stabilimento produttivo di cemento amianto nella città di Bari, fino ad arrivare ai 40mila big bags contenenti rifiuti d’amianto prodotti fino ad oggi con la bonifica di Bagnoli a Napoli. C’è poi l’amianto domestico, sparso nelle case, scuole o edifici pubblici. Su questo non ci sono ancora dati certi ma le ultime stime del Cnr e dell’Ispesl parlano di oltre 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, ma i numeri totali potrebbero essere molto maggiori.\r\n\r\n“Le bonifiche – ha concluso Cogliati Dezza – in molti casi o non sono partite proprio o sono ancora nella fase di messa in sicurezza. Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo liberarci dall’amianto quanto prima e evitare che la strage possa continuare per troppo tempo nel futuro”.\r\n\r\nPurtroppo i dati sanitari dell’Inail ci dicono che nel nostro Paese gli effetti dell’esposizione all’amianto sono destinati a crescere fino al 2020 e le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni.\r\nFonte: Legambiente