La Politica Agricola Comune impegna il 40% circa del bilancio comunitario, influenzando direttamente le politiche alimentari dei 27 Paesi membri dell’Unione e il futuro della loro agricoltura. Nel 2014 entrerà in vigore la nuova PAC, sulla base dei pronunciamenti di Commissione, Consiglio e Parlamento europei, come previsto dal nuovo Trattato di Lisbona. Le nuove linee guida (2013/2020) sono oggetto di riflessioni politiche e di dibattito pubblico. L’attuale sistema del settore agricolo e dell’industria alimentare in Europa è, infatti, ancora lontano dalla sostenibilità da molti punti di vista, sociali, economici, ambientali ed etici.\r\n\r\nIn occasione del convegno internazionale La PAC ci riguarda organizzato da AIAB, Legambiente, Slow Food e Partito Verde Europeo, ne hanno discusso oggi a Milano il vice presidente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale al Parlamento Europeo José Bové, il presidente internazionale di Slow Food Carlo Petrini, la co-presidente del Partito Verde Europeo Monica Frassoni, il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza e il presidente di AIAB Andrea Ferrante.\r\n\r\n“Il processo di riforma della PAC non sta funzionando, non avanza e le proposte di riforma ad oggi sul tavolo sono assolutamente insufficienti – ha spiegato José Bové, vice presidente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale al Parlamento Europeo -. Mentre la Politica Agricola Comune va riformata in modo profondo ed è importante che a questo fine ci sia una diffusa mobilitazione sociale. Il nostro impegno al Parlamento Europeo sarà di lavorare affinché la PAC post 2013 sostenga finalmente anche i piccoli produttori e promuova regole semplificate, capaci di stimolare e garantire la produzione e la vendita anche a livello locale di cibo di qualità”.\r\n\r\nLa PAC è l’unica politica sulla quale c’è stato un effettivo passaggio di sovranità dagli Sati membri all’Unione e per questo viene decisa esclusivamente a livello europeo. Determina quello che mangiamo, il nostro paesaggio, chi deve continuare a produrre e la qualità della vita delle aree rurali che sono la maggior parte delle superfici dell’Europa a 27. Tutti i cittadini, influenzando i Parlamentari europei, devono avere voce in capitolo sulle decisioni che si prenderanno. Spetta a loro essere i veri protagonisti di questa riforma, che deve diventare un grande momento di scelta dell’Europa del futuro.\r\n\r\n“Il cibo non è solo un merce e la riforma della Pac deve essere l’occasione per affermare questo principio fondamentale – ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. L’attuale modello agricolo non garantisce appieno l’obiettivo della sicurezza e della sovranità alimentare. Occorre un sistema capace sia di garantire cibo a prezzi e quantità non influenzabili dalla speculazione, sia di immettere sul mercato alimenti sani per i consumatori, prodotti nel rispetto dell’ambiente, del lavoro, del benessere animale. In questi anni, soprattutto in Italia, si sono moltiplicate le esperienze virtuose di agricoltori che hanno puntato sulla qualità, sui prodotti tipici e sul biologico per difendere il proprio lavoro nella globalizzazione. Oggi l’agricoltura rappresenta un fattore fondamentale di modernizzazione e innovazione, sia sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici che nell’arrestare il massacrante consumo di suolo, provocato dall’urbanizzazione selvaggia e dalla moltiplicazione di infrastrutture inutili ”.\r\n\r\n“L’UE spende 55 miliardi di euro all’anno, di cui 6 destinati all’Italia, per sovvenzionare un modello di agricoltura insostenibile, di cui beneficiano pochissimi agricoltori: l’80% delle risorse vanno al 20% delle aziende – ha denunciato Andrea Ferrante, presidente nazionale AIAB-. Tanto per fare qualche esempio il più grande beneficiario nostrano è un’industria di produzione di zucchero che riceve da sola oltre 24 milioni di euro di contributi l’anno, mentre in Austria è il signor Porsche. E mentre un ristretto numero di privilegiati si mette in tasca una quota tanto alta dei sussidi europei, i piccoli coltivatori faticano e chiude un’azienda ogni tre minuti. Non è questa la PAC di cui i cittadini europei hanno bisogno. Anziché premiare la rendita fondiaria, la PAC che vogliamo per il futuro deve premiare il lavoro e i sistemi produttivi sostenibili ed estensivi, bio in primis, tutelare la biodiversità delle colture, sostenere i piccoli coltivatori, garantire la sicurezza alimentare, promuovere l’accesso alla terra e la rinascita delle zone rurali”.\r\n\r\nDa decenni diminuiscono i redditi in agricoltura e il fenomeno della caduta dei livelli occupazionali e dell’invecchiamento dei lavoratori sembra inarrestabile. Secondo i dati Eurostat 2010, nel 2009 il reddito agricolo per unità di lavoro annuo nell’UE è calato dell’11,6% rispetto all’anno precedente. Per l’Italia, la contrazione è stata pari al 20,7%.\r\n\r\nAl contrario dei pochi privilegiati dalla PAC, la grande maggioranza degli agricoltori riceve aiuti molto contenuti. Il 58,3% delle aziende italiane riceve mediamente 394 euro all’anno di sussidi e un altro 26,8% ne riceve poco più di 2 mila.\r\n\r\nDi fatto, la politica agricola promossa finora dall’Europa ha favorito il modello agro-industriale, portando alla perdita di fertilità dei suoli e alla concentrazione fondiaria. È un sistema agricolo che non riduce nel suo complesso (e in alcuni casi aumenta) l’uso di combustibili fossili, di concimi e di antiparassitari e persiste nel ciclo lungo di produzione (trasporto a lunga distanza di prodotti alimentari e di mangimi). Si perpetuano enormi sprechi di cibo, non si rispettano a sufficienza gli standard di benessere degli animali, continua la perdita di fertilità dei suoli e della biodiversità, si sperperano le risorse idriche e gli ecosistemi. Si continuano a perdere posti di lavoro. Le cronache, inoltre, sempre più spesso parlano di derivati animali (carne, latte, formaggi, mozzarelle, salumi) infarciti di diossina, ormoni, nitrati, coloranti, di cereali trattati con veleni, e a intervalli regolari di epidemie come la mucca pazza e i virus influenzali, mentre i prodotti geneticamente modificati sono sempre in agguato. Un rosario infinito di scandali alimentari che conferma, purtroppo, l’insostenibilità del modello attuale.\r\n\r\n“E’ necessario che la nuova PAC avvii una radicale trasformazione del sistema – ha dichiarato Monica Frassoni, co-presidente del Partito Verde Europeo – Serve una politica che renda il settore agricolo europeo, e italiano, capace di nuova occupazione e delinei un nuovo modello produttivo del cibo e di governo del territorio, capace di garantire la sicurezza e la sovranità alimentare europea, ovvero il diritto di tutti noi di scegliere come vogliamo alimentarci, operando comunque nel rispetto dell’ambiente, della biodiversità e del benessere degli animali”.\r\n\r\nLa Politica Agricola Comune deve essere giusta ed equa, non premiare la rendita fondiaria, ma consentire a produttori grandi e piccoli di continuare a esercitare l’insostituibile contributo garantito fino ad oggi in termini di produzione, presidio territoriale, difesa della biodiversità. Gli aiuti devono essere proporzionali al numero delle persone impiegate, tenere in considerazione anche le colture e il metodo di produzione, premiare le aziende che adottano sistemi produttivi sostenibili ed estensivi. L’accesso alla terra va garantito anche ai giovani. Servono provvedimenti capaci di arginare le speculazioni finanziarie sul cibo e di promuovere i mercati locali ma anche, imprescindibilmente, di mettere fine alle pratiche di dumping che danneggiano i contadini del Sud del mondo.\r\n\r\nIl budget della PAC deve rimanere inalterato, ma va speso bene.\r\n\r\nIn sintesi, la nuova politica dovrebbe prevedere:\r\n\r\nun quadro strategico a livello europeo per la Politica Agricola Comune, alimentare e rurale, completamente armonizzato con i Fondi regionale, di coesione, sociale e della pesca; che gli Stati membri e le Regioni definiscano programmi nazionali/regionali che riflettano gli orientamenti strategici europei con la complementarità tra i diversi programmi operativi; che partenariati sub-regionali preparino e attuino strategie di sviluppo territoriale con la facoltà di accedere a tutte le misure pertinenti per tutti i cinque fondi europei ed in particolare tutte le misure all’interno del Fondo rurale da noi proposto;\r\n\r\nche vi sia un coinvolgimento attivo delle comunità rurali e delle loro organizzazioni rappresentative nella definizione ed attuazione di programmi di sviluppo a livello locale e sub-regionale.\r\n\r\nL’ufficio stampa Legambiente