Home Da conoscere Due chiacchiere con… Giorgia Monti, campaigner Greenpeace

Due chiacchiere con… Giorgia Monti, campaigner Greenpeace

Ecco qua un importante confronto con Giorgia Monti, campaigner di Greenpeace sul progetto relativo al Santuario dei Cetacei, progettto che ci riguarda molto da vicino e che purtroppo non sta andando come dovrebbe…

Cosa non sta funzionando nell’accordo tra Italia, Francia e Monaco per la gestione del Santuario dei Cetacei?

Grafica Divina

Greenpeace è tra i promotori del Santuario, ma ha criticato l’Accordo del 1999 perché non ha sancito nessuna vera misura di tutela. Oggi il Santuario resta una scatola vuota, priva delle più elementari misure di protezione. Tutto ciò che è valido fuori dal Santuario è possibile anche al suo interno e, mentre il degrado aumenta, i Paesi firmatari dell’accordo sembrano essersi dimenticati di un parco che purtroppo esiste solo sulla carta. Per far funzionare un’area protetta ci vuole un preciso piano di gestione che stabilisca regole precise, controlli e piani di monitoraggio. Un piano di gestione è stato sviluppato nel 2004, ma poi non è mai stato messo in pratica. Un altro problema è che non vi è nessuno incaricato della gestione del Santuario. Il segretario del Santuario – per altro una semplice figura amministrativa – si è dimesso alla fine del 2009 e ancora oggi non è stato nominato uno nuovo. Quello di cui l’area ha bisogno è un vero e proprio comitato di gestione.

Quali sono le principali cause di morte delle balenottere e degli altri cetacei?

Le principali minacce dell’area vanno dal traffico marittimo, in continuo aumento, all’inquinamento sia acustico che chimico, alla pesca, spesso condotta con reti derivanti illegali, alle attività di whale watching non regolamentate, che possono causare notevole stress agli animali. Le cause di morte più frequenti sono legate al crescente degrado dell’area: è comune il ritrovamento di animali spiaggiati con alti livelli di contaminanti, tra cui sostanze organoclorurate, idrocarburi o metalli pesanti. Tali sostanze diminuiscono notevolmente il sistema immune di questi animali, facilitando il sopraggiungere di diverse infezioni e malattie. Ma ancora i cetacei possono essere uccisi dalla collisione con navi che sfrecciano a velocità elevate nel Santuario ( durante il nostro tour nell’area nel 2009 abbiamo incrociato navi veloci che andavano a ben 38 nodi!), o essere disturbati da forti rumori generati sia da attività costiere che dal traffico marittimo, o addirittura arrivare a spiaggiare a causa di sonar utilizzati in esercitazioni militari.

È possibile fermare questo sterminio? Se sì, come?

È possibile tutelare l’area e far sì che sia un “vero” Santuario, dove balenottere e delfini possono trovare le condizioni ideali per vivere. Per far ciò ci vuole un impegno preciso dei governi di Italia, Francia e Monaco che sviluppi un adeguato piano di gestione, e stabilisca misure di tutela che mitighino le principali minacce dell’area. Urgente è la prevenzione di ogni forma di inquinamento, un sistema di controllo del traffico navale – nello specifico destinato alle petroliere e altre imbarcazioni che trasportano carichi pericolosi, la regolamentazione della velocità delle imbarcazioni, l’adozione di un codice di condotta obbligatoria per le attività di whale watching, il divieto di costruire pericolosi siti industriali nell’area del Santuario. E se il ministero dell’Ambiente continua a non fare nulla, è ora che siano gli attori locali ad intervenire. Greenpeace ha chiesto alle Regioni che si affacciano sull’area un impegno concreto per salvare il Santuario.

Il progetto Greenpeace prevede una riserva marina per il Santuario dei Cetacei che si estende a tutto il mediterraneo. Quali i punti di forza di tale progetto?

Greenpeace promuove la creazione di una rete di 32 riserve marine d’altura per tutelare habitat chiave del Mediterraneo, strumento fondamentale per garantire un futuro a questo prezioso ecosistema marino. Le riserve marine, intese come aree in cui non possono essere effettuati né il prelievo di risorse (viventi e non viventi) né l’immissione di sostanze pericolose (no take/no dump) sono uno strumento gestionale riconosciuto e sempre più applicato, che porta benefici all’interno e all’esterno dei limiti delle riserve. Il Santuario dei Cetacei, se fatto funzionare nel modo corretto, potrebbe essere un precedente importante per la creazione di questa rete. I paesi del Mediterraneo hanno preso impegni precisi per la tutela del Mare Nostrum ma oggi meno dell’1% della sua superficie è davvero protetta: che cosa aspettiamo?

Come è nata la vostra partecipazione al Carnevale  di Viareggio per attirare l’attenzione sui problemi ambientali del Santuario dei Cetacei?

Greenpeace è stata invitata dal costruttore Carlo Lombardi a partecipare all’allestimento del carro “La mattanza”. L’idea del costruttore era denunciare come l’uomo poco a poco stia distruggendo i nostri mari: dall’inquinamento alle trivelle petrolifere a una pesca eccessiva e ben poco selettiva. E se la situazione è davvero critica, e c’è urgente bisogno di fare qualcosa, ecco che dietro al carro spuntano gli attivisti di Greenpeace, i guerrieri dell’arcobaleno, da sempre impegnati in difesa del mare. Visto che il corso si affaccia su un’area di mare protetta, il Santuario dei Cetacei, che purtroppo poche persone conoscono, ci è sembrato un’opportunità importante per denunciare il degrado dell’area e chiederne la reale tutela.

Quali rischi sta correndo la costa toscana con i rigassificatori offshore della OLT?

Nonostante il Santuario dei Cetacei sia un’area protetta, invece di diminuire le minacce aumentano. Si è infatti autorizzato proprio fuori le coste tra Pisa e Livorno la costruzione di un impianto per la rigassificazione di gas liquido, un vero e proprio sito industriale considerato pericoloso secondo la direttiva Seveso. Questo impianto, il primo di questo genere, non solo non garantisce la sicurezza dei lavoratori, ma avrà un impatto ambientale enorme sull’ecosistema dell’area. Nessuno ha mai dimostrato come queste operazioni altamente pericolose adesso siano sicure, ma soprattutto non è mai stato valutato l’impatto che avrà lo scarico a mare di ben 3.6 tonnellate l’anno di ipoclorito di sodio. E pensare che questo porterà alla formazione di composti organo-clorurati tossici, mutageni e non facilmente biodegradabili. Tanto meno si è valutato l’impatto che il rumore prodotto dall’impianto avrà sui cetacei dell’area, nonostante l’inquinamento acustico sia considerato una delle principali minacce per questi animali, che qui dovrebbero essere protetti.

Cosa può fare una persona normale per partecipare ai vostri progetti?

È importante prima di tutto informarsi e seguire le nostre campagne, diffondendo il più possibile le informazioni. Inoltre come cittadini dobbiamo pretendere che le istituzioni tutelino quello che è un patrimonio comune, nella salvaguardia non solo dell’ambiente ma di tutte quelle attività umane come la pesca o il turismo che da un mare “sano” dipendono. In particolar modo è importante sollecitare i governi delle regioni che si affacciano sul Santuario (Sardegna, Liguria e Toscana) a intervenire per salvaguardare un’area di cui sono strettamente responsabili.

Sul sito di Greenpeace https://www.greenpeace.org/italy/it/ alla sezione “Cosa puoi fare tu”, è anche possibile diventare cyber attivista. Così facendo, gli utenti avranno l’opportunità di partecipare attivamente alle nostre azioni mosse sul web. Per la campagna Mare, in prima persona possiamo contribuire alla pulizia del mare, riducendo l’uso di plastica e riciclando il più possibile, o fare attenzione ai prodotti ittici che compriamo assicurandoci che non provengano da una pesca illegale o svolta con metodi non selettivi, che causano la distruzione dell’ecosistema marino. Per aiutare Greenpeace e sostenere il suo lavoro si può poi diventare sostenitore dell’associazione.

In tanti anni di attività quali risultati importanti avete raggiunto?

Per il Santuario una vittoria importante è giunta l’anno scorso, quando i ministri dell’Ambiente di Francia e Italia hanno accolto il nostro appello per proteggere le Bocche di Bonifacio, area chiave del Santuario, impegnandosi a limitare il passaggio di carichi pericolosi. In seguito alle pressioni esercitate sulle regioni Toscana e Liguria si sono impegnate a tutelare il Santuario, staremo a vedere se alle parole seguiranno i fatti.

Intervista di: Elena Torre

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.