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I leoni di marmo: l’ascesa della criminalità organizzata

C’era una volta, e c’e ancora oggi, la camorra. Giuseppe Misso, napoletano classe ’47, a 14 anni e un giorno, conosce il carcere per la prima volta. Ci tornerà anni dopo, imputato per l’attentato dinamitardo passato alla storia come la strage di Natale. In carcere lo scugnizzo del Rione sanitaÌ legge i grandi testi letterari e filosofici, arrivando cosiÌ negli anni alla scrittura. Ne I leoni di marmo, in uscita il 4 marzo per Milieu Edizioni, Misso racconta – in un libro che si fa testimonianza di un’epoca – l’ascesa della criminalità organizzata.

I leoni di marmo: l’ascesa della criminalità organizzata

Nel 1979, il rapinatore Michele Massa esce dal carcere e trova una Napoli molto diversa da quella che aveva lasciato. Il conflitto tra la Nuova Camorra Organizzata – un’organizzazione su cui ancora oggi, alla morte del suo fondatore e capo Raffaele Cutolo molti misteri sono ancora sommersi – e i suoi oppositori fa della cittaÌ una terra di frontiera. Il protagonista, fedele a un’etica dell’onore che non trova più spazio in questo nuovo mondo, decide per una terza via: per difendere un amico, lancia la sfida ai nuovi padroni della citta.

Grafica Divina

Il ritorno a casa da il via a un racconto in cui il romanzo di formazione del criminale si intreccia alla storia della citta e della criminalità organizzata. I ricordi d’infanzia, tra richiami delle madri e barboni cantastorie, lasciano il passo alle corse in macchina e ai primi colpi, fino all’esperienza del carcere. L’amicizia di una vita con il compagno di scorribande fa da filo conduttore nel labirinto della memoria, sullo sfondo di una citta viva e complessa che diventa un vero e proprio personaggio.

Quella de I leoni di marmo è la storia di un paese nascosto, raccontata a partire da un punto di vista controverso che mette in luce le ambiguità delle versioni ufficiali del bene e del male. La voce letteraria eppure innocente dell’autore rievoca l’immaginario di C’era una volta in America, in un memoir di culto che ha attirato l’attenzione di registi e produttori cinematografici e che, oggi, è un testo chiave per comprendere fino in fondo la malavita napoletana.

«Fu l’inizio delle “grandi manovre”, i giochi sporchi prendevano forma. Gli anziani, i vecchi saggi ti racco- mandano di fare attenzione a questo o a quello; a volte peroÌ si dimenticano di dirti che una storia va vissuta fino in fondo per poterla capire» – GIUSEPPE MISSO

GIUSEPPE MISSO nasce nel 1947 a Napoli. A 14 anni e un giorno, conosce il carcere per la prima volta. Ritenuto la mente di quella che eÌ stata riconosciuta la rapina del secolo al Banco dei Pegni di Napoli, nel 1985 viene imputato per la strage del treno “rapido 904”. Condannato all’ergastolo in primo grado, verrà assolto in appello “per non aver commesso il fatto”. Durante il periodo di detenzione, in parte trascorso in isolamento, nel silenzio del carcere lo scugnizzo del Rione sanitaÌ riflette, s’interroga, legge i grandi testi letterari e filosofici. Arrivando alla scrittura.

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