Home Da ascoltare “Pop, Rock, Jazz… e non solo” Max De Aloe Quartet

“Pop, Rock, Jazz… e non solo” Max De Aloe Quartet

Max De Aloe Quartet
Just For One Day – The Music Around David Bowie
(Barnum For Art)

Max De Aloe Quartet omaggia David Bowie

Cinque anni dopo la scomparsa di David Bowie, l’ottimo armonicista italiano Max De Aloe lo omaggia: con un album di suoi classici vecchi e nuovi rivisitati in quartetto jazz, nato in pieno choc da pandemia e perciò decisamente segnato da un’impostazione viscerale, istintiva, che però ci pare abbia impedito a De Aloe di sviluppare meglio certi stimoli rivoluzionari tipici -soprattutto- dell’ultimo Duca Bianco. Perché il limite di “Just For One Day”, peraltro caratterizzato come sempre dall’inventiva luminosa di Max De Aloe, sembra proprio quello di non aver osato confrontarsi sino in fondo con la lezione del Bowie del disco d’addio, album in cui l’artista scomponeva la forma-canzone virando verso un jazz quasi free.

Grafica Divina

E sì che l’esperanto musicale d’avanguardia adombrato da Bowie nella sua opera finale pareva perfetto, per dei jazzisti. Invece, sarà stata l’ansia di tornare a incidere post-Covid (che De Aloe ha avuto e superato), sarà stato per troppo rispetto o per una pulizia sonora talvolta al limite dell’anodino, comunque sia non solo “Just For One Day” non vira quanto potrebbe verso orizzonti nuovi, ma per certi versi fa dire che da uno del calibro di De Aloe -e dei suoi tre sodali- ci si aspettava un poco di più.

Un album stimolante, non solo scintillante; un disco magari devastante, non soltanto di classe ed eleganza; un lavoro che insomma fosse in linea con l’eredità ruvida e borderline del Bowie dell’ultim’ora, e non solo legato a quello del glam e della sperimentazione raffinata. Anche perché, appunto, “quel” Bowie già andava di suo, ben dentro il jazz…

Comunque. Comunque, siamo di fronte all’ennesimo bel disco del virtuosismo pulito, elegante, passionale dell’armonica di Max De Aloe, ben appoggiato dalla delicatezza coltissima di Roberto Olzer al piano e dalla solidità tesa di Nicola Stranieri alla batteria e Marco Mistrangelo al contrabbasso.
E comunque, quando il combo osa, guarda un po’: decolla. E ciò accade proprio in due pezzi dell’ultimissimo Bowie, “Lazarus” e “Dollar Days”: andando però… al contrario di quanto ci si aspettasse! Il che può essere pure un pregio, peraltro. Nel senso che anziché condurre i brani sulla scia urticante e free del Bowie che li incise, ne rivela la qualità melodica, che ampia e sviluppa con classe ottenendo lo scopo -non banale- di far apprezzare meglio passaggi d’un disco che all’epoca fu poco capito: proprio per la sua ruvida difficoltà d’ascolto. Qui invece si coglie bene la vitalità, pur terrigna ma non necessariamente disperata, di “Lazarus”, e s’apprezza l’appetibilità quasi da entertainment di lusso di “Dollar Days”.

Convince molto, poi, anche “Space Oddity”, resa da De Aloe con delicatissimo spleen appoggiato dal gruppo su una ritmica non invasiva e un pianoforte dalle eco classiche: e questo è un Bowie doc che arriva all’anima nonché un De Aloe che osa, mostrando quanti squarci si possano aprire nelle partiture d’un genio. Funziona anche “Heroes”, che -anche qui, guarda un po’- esplode proprio scomponendo e ricomponendo jazzisticamente la canzone originale: col pianoforte sul proscenio e gli altri strumenti a colorare, magnificamente, un viaggio “diverso”, forse quello atteso dalla promessa dell’incontro De Aloe-jazz-Bowie, comunque magnificamente in bilico fra omaggio carezzevole e rottura fisica della forma-canzone.

Sono invece meno convincenti, ma non per qualità bensì per quanto esposto sopra, gli altri classici di Bowie ripresi dal quartetto. “Life On Mars” che si fa addio melanconico d’estetica quasi blues, ma da tanto è levigato scivola un po’ troppo verso Jacques Loussier o Richard Clayderman; “This Is Not America” che espone spunti ma non li sviluppa, dunque in bella sostanza promette e non mantiene (per un’apprezzabile -ma non lodevole- scelta d’equilibrio o perché si doveva meditarci su di più, non incidere all’impronta? Chissà); “Ziggy Stardust” che procede fra valorizzazioni della linea di canto e scivoloni banalizzanti come sopra; e l’alternate take di “Heroes”, che si pone sulla falsariga delle pagine succitate, è disarmante, almeno tanto quanto la versione scelta come “ufficiale”, invece, esalta.

In scaletta ci sono poi, in omaggio a Bowie, anche diversi inediti di Max De Aloe. I quali completano un viaggio comunque godibilissimo, e a tratti notevole, donandogli ulteriori tinte emotive. Non parliamo qui tanto della title-track, che comunque omaggia struggendo ed evitando il sentimentalismo, o di “Deep Blue”, che rimanda a certe atmosfere cameristiche o a certo jazz di classe, sì, ma lontano dall’estetica bowiana.

Ci riferiamo invece all’alternate take della medesima “Deep Blue” per sola armonica, che guadagna in spiritualità tra sovrapposizioni e riverberi, a “52” che riprende sfumature melodiche bowiane e le elabora fra guizzi e struggimenti, a una “Passengers” davvero molto bella, esplicitamente blueseggiante, sviluppata con classe tramite piccoli soli alternati.

Perché in fondo la classe di Max De Aloe e la qualità del suo quartetto valgono sempre la pena d’essere ascoltate. E anche se stavolta forse troppa fretta non ha giovato alle potenzialità insite nell’idea dell’artista d’omaggiare Bowie, ci si potrà agevolmente consolare -acquistando il CD fisico- scaricando tramite il codice in esso contenuto una valanga di roba magnifica: soundcheck del gruppo, suoi live interi, spartiti, documenti. Come regalo inatteso in coda a un disco, comunque, da considerare di buon livello.

Articolo di: Andrea Pedrinelli

Da Ascoltare/guardare: “Heroes”
https://www.youtube.com/watch?v=_7g9a_juXgg&list=OLAK5uy_nvFR7jLaMbS5vpyJzmML18up8URAqLrXU

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Critico musicale e teatrale, è giornalista dal 1991 e attualmente collabora con Avvenire, Musica Jazz, Scarp de’ tenis, Vinile. Crea format tv e d’incontro-spettacolo, conduce serate culturali, a livello editoriale ha scritto importanti saggi fra cui quelli su Enzo Jannacci, Giorgio Gaber (di cui è il massimo studioso esistente), Claudio Baglioni, Ron, Renato Zero, Vasco Rossi, Susanna Parigi. Ha collaborato con i Pooh, Ezio Bosso, Roberto Cacciapaglia e di recente ha edito anche Canzoni da leggere, da una sua rubrica di prima pagina su Avvenire dedicata alla storia della canzone.

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