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Ospite di Dasapere Patrizia Debicke van der Noot

Patrizia Debicke van der Noot: romanzi, gialli, thriller, gialli storici e d’avventura, racconti ed e-book. Collaborazioni editoriali: Mentelocale, Milanonera, Contorni di Noir, Writers Magazine Italia, The Blog Around The Corner, Libro Guerriero. Fa parte dello staff del Nebbia Gialla. Gialli storici: L’oro dei Medici, La gemma del cardinale, L’uomo dagli occhi glauchi, La Sentinella del Papa, L’Eredità Medicea, La congiura di San Domenico (seconda avventura della Sentinella del papa). Maggio 2018 riedizione L’oro dei Medici con TEA www.patriziadebicke.com.

Tornano in libreria i suoi Medici… quale aspetto della loro storia l’ha sorpresa maggiormente?
Il loro ritorno sul palcoscenico della storia. C’era stata grande ascesa, culminata in due generazioni con Lorenzo, poi la caduta. Poco ammaestrati dal recente burrascoso passato della loro città avevano fatto troppo conto su Firenze e sui fiorentini, che come avrebbe potuto dire Dante invece “han sempre l’uggia de’ lor signori”. Non basteranno due papi Medici a rimetterli davvero in sella. E invece ci vorrà il caratteraccio di Cosimo, sissignori la vera storia narra che avesse un gran caratteraccio, figlio di Giovanni dalle Bande Nere (anche lui una lenza non da poco) e nipote, ma guarda un po’, di Caterina Sforza per sapersi imporre, riuscire a mediare, sfondare e finalmente farsi nominare prima duca e poi granduca, riconquistando alla famiglia tutta la Toscana.

Grafica Divina

Come ha scelto la prospettiva per raccontarli?
Proprio partendo da Cosimo I per raccontare la seconda parte della grande storia dei Medici, quella più internazionale e cosmopolita, che comincia con la presa del potere da parte sua. Quando i Medici con la forza dei loro eserciti e il potere della banca arrivano a trattare da pari con i grandi regnanti dell’epoca. Con Cosimo I, i Medici entrano definitivamente e alla grande sul palcoscenico europeo. La Firenze di Cosimo il vecchio e Lorenzo mirava al dominio economico, politico e intellettuale dell’Italia di allora. Da Cosimo I, i Medici provano a guardare più lontano. Stipulano alleanze, muovono eserciti, governano, creano grande benessere ma purtroppo la loro grande parabola avrà breve durata. Francesco I, il primogenito, il secondo granduca non sarà all’altezza del padre, suo fratello, l’ex cardinale Ferdinando I, invece sì e risolleverà economicamente e politicamente le sorti dello stato, ma suo figlio e i suoi successori dilapideranno il grande patrimonio che lui e Cosimo I avevano costruito. Il protagonista del mio libro, Don Giovanni de’ Medici, figlio legittimato di Cosimo e fratellastro degli altri due, ebbe peso politico e fu un valido puntello per Ferdinando. Un personaggio minore della famiglia, ma non troppo, di cui si sa molto che mi ha permesso di introdurre intrighi e avventure usando la grande storia come palcoscenico. La scelta poi di farlo marinaio, mi ha regalato in più il divertimento di inserire nel romanzo anche una travolgente battaglia navale.

Di cosa ancora oggi siamo loro debitori?
Di un immane patrimonio artistico fiorentino e non, si pensi a Villa Medici a Roma e a Villa Madama, sede del senato, che Margherita d’Austria ereditò dal marito. Alessandro de’ Medici. A Firenze poi, dovunque si guardi, si sente e di vede la loro influenza dalla cupola del Duomo ai palazzi, da San Lorenzo a Palazzo Vecchio e le loro tante splendide ville. Senza contare lo stupore dell’opulenza di Palazzo Pitti , comprato da Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I. Che tuttora ospita l’ immensa collezione privata della famiglia: quadri, statue, oggetti, gioielli e argenti che l’ultima dei Medici, Annamaria, ha lasciato in eredità non ai Lorena che le succedevano, ma alla città di Firenze.

Se avesse potuto cambiare qualcosa della loro storia, quando sarebbe intervenuta?
Non si possono cambiare le malattie che allora non erano curabili nè le usanze e un etica che ai loro tempi funzionavano così. Magari vorrei fermare la mano assassina che stava per colpire Giuliano o far sì che Lorenzo de’ Medici non chiamasse a Firenze il Savonarola.

Qual è l’aspetto che secondo lei conquista di più di questa famiglia?
Il loro continuo, generoso e sconfinato amore per l’arte, per il bello, la cultura che si è rinnovato a ogni generazione. Il loro eccezionale mecenatismo che li portò sempre a circondarsi di artisti di ogni genere.

In che direzione ha rivolto la sua attenzione?
Se ho capito fino a fondo la domanda, immagino che intendesse come mi sono mossa e cosa ho privilegiato per ricostruire la mia storia? Non si finisce mai di imparare e non si sa mai abbastanza su un’epoca anche se sembra che il cinquecento sia il mio pane. L’ambientazione è essenziale, come i costumi: gli abiti, i gioielli, i cibi, le diverse abitudini, e poi i personaggi che devono muoversi liberamente in modo sempre spontaneo e credibile. Una delle cose che mi ha intrigato di più, mentre scrivevo L’oro dei Medici, è stata la rappresentazione della Dafne, una opera purtroppo perduta, della quale si sa tutto o quasi: trama, scenari e costumi, ma della quale si è perso lo spartito. L’altra è stata far rivivere la “Livornina”, il liberalissimo e geniale provvedimento di Ferdinando I riservato a chi sceglieva di vivere e commerciare nel principale porto toscano del Tirreno e che faceva di Livorno una città aperta, un porto franco dove era possibile trovarsi fianco a fianco con fuorusciti e fuorilegge, ma che conglomerava in sé diverse idee e culture, lasciando ampia libertà di culto.

Per finire grazie per questa bella chiacchierata e mi auguro che L’oro dei Medici cominci ad allungare l’orizzonte “storico temporale” privilegiato finora per i Medici, quella grandissima famiglia italiano che continua a regalare fama e conoscenza del suo paese al mondo intero.

 

Intervista di: Elena Torre

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